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Tormento ed estasi
La maternità vista e vissuta grazie agli occhi critici di Rachel Cusk, una scrittrice addentratasi nel complesso e indigesto universo della genitorialita’ per ritornare cambiata e diversa.
Non si tratta di un saggio ne’ di un manuale d’ uso, non si danno consigli alle future mamme, è un racconto scritto nell’ immediatezza della propria esperienza, generato da un iniziale senso di vuoto ( il proprio se’ allontanato e deposto ), da due unità inconciliabili ( mamma e figlia ) che finiscono con il fondersi, è un incontro-scontro che pareva orribile, detestabile, diverso, una guerra in atto che assapora la crescita di una relazione e l’ insostituibilità di una presenza .
È una lettera indirizzata alle donne, nella speranza che trovino una qualche compagnia, include riflessioni sui romanzi letti che danno voce al tema trattato, è una rivisitazione di se’ e del proprio mondo, nella difficile accezione madre-figlia.
Emily, scrittrice e donna di cultura, pervasa da un egocentrismo che vede nella maternità una sorta di steccato escludente, progetta una fuga da una prigione di concretezza, tra notti insonni e giorni sottratti ai desideri, trascinata in un mondo manualistico di semplici e ripetuti gesti, un’ insopportabile e insormontabile contrapposizione tra la propria creatività e l’ altrui bisogno di vicinanza.
Dopo la gravidanza sarà la sua personale esperienza culturale e letteraria a cambiare profondamente, rendendola più umana nella propria pulsione produttiva e creativa.
L’ inquietante miscela di fatti e sentimenti, implicita nella maternità, un insopportabile affollamento della propria intimità, darà vita a una coppia, l’ inizio accostava la gravidanza alla menzogna, un luogo popolato da moralisti e maniaci del controllo.
C’è una fredda esperienza del parto e un irresistibile desiderio di possesso fisico a incarnare un senso di vuoto, una stasi per scoprire quello che si possiede.
C’è una frattura tra la madre e il se’ per comprendere cosa sia realmente una madre.
Occorre esserci, tralasciando il resto, un amore genitoriale che è replica, verifica, indagine dell’ amore di se’, rivisitazione della propria vulnerabilità e impotenza.
Il tempo porterà un legame paritario, una coscienza rivale che ha generato un senso del dovere, l’ oggetto principale delle proprie cure, quel corpicino luminoso che giostra tra le rovine del proprio corpo.
Nel momento in cui si sente allontanata dal pensiero e dal mondo l’autrice rileggerà una poesia di Coleridge, “ Gelo a mezzanotte “, una poesia sullo stare immobili, su come i figli fungano da ancora per il corpo e per la mente, ricordando un passato di affetti perduti e solitudini lontane in attesa che entri qualcuno da amare. È lì, in quella stanza, nella statica vicinanza padre-figlio, che la propria vita trova riparo ignara di qualsiasi separazione subita.
Ed e’ li’ che questo amore genera un luogo nuovo, la reclusione si fa libertà, la bruttezza bellezza, la genitorialita’ e’ redentiva, trasformativa, creativa, infrangendo e ampliando i propri limiti.
Ecco allora che
...” le madri sono i paesi da cui veniamo “... e ...” la transazione avvenuta ha fatto di me una madre “....
Un racconto intimo ( nei sentimenti ) e corale ( nella raffigurazione dell’esperienza ), un viaggio curativo e rigenerante, un’ esplosione vivida che genera un nuovo senso laddove prevalevano rabbia e risentimento, delusione e rassegnazione.
Gli occhi dello scrittore faticano ad abbandonare certezze e privilegi acquisiti, tendono al narcisismo, criticano e scrutano l’ ignaro piccolo mondo che li sovrasta, ma sanno anche dubitare, leggere e donarsi a un’ altra storia, specchiarsi nell’altro, così uguali e diversi, figli di una stessa madre, in una neo dimensione arricchita dalla condivisione e dalla gioia di un rinnovato entusiasmo.