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Filosofia, fisica e metafisica
«La forza d’inerzia, questa è la potenza del larvale. Quando un popolo rifiuta un progresso facile da raggiungere, quando un veicolo, spinto da dieci uomini, rimane inchiodato sul posto, quando un bambino si abbruttisce davanti al televisore per ore, quando un’idea di cui è stata dimostrata l’inutilità continua a nuocere, allora si scopre, con stupore, lo spaventoso potere dell’immobile. Era questo il potere del tubo.»
Un tubo, il Dio tubo a voler essere precisi. Uno scritto che concentra la sua attenzione nei primi tre anni di vita di Amélie Nothomb e che narra di questo suo passato in cui altro non era che un oggetto immobile, apatico, vuoto e insensibile proprio come quel tubo di cui al titolo. Poi, come se un qualcosa avesse preso campo, ecco che la molla della parola prende il sopravvento portandoci ad attraversare un viaggio in cui non c’è più soltanto il nulla dell’oggetto inanimato quanto anche il pensiero che prende forma e si articola. Anche rimarcando l’idioma nipponico che da sempre la caratterizza e l’accompagna nei meandri della sua vita.
Ma quanto c’è di vero e quanto di inventato in questo scritto? E soprattutto, cosa vuole davvero dirci Amélie? Certo è che da una prima interpretazione potrebbe pensarsi che ella abbia voluto destinarci soltanto di un titolo autobiografico che, come con “Stupore e tremori”, è un dono che fa ai suoi lettori, ma “Metafisica dei tubi”, non è soltanto questo, è filosofia pura. Filosofia mixata a metafisica e a fisica, è riflessione sottesa e analisi che si insinua nella mente del lettore alternando prima uno stato di confusione che lo disorienta facendogli perdere l’orientamento e di poi facendolo girare su se stesso per poi nuovamente ancora ritrovare le coordinate e riuscire a orientarsi nell’articolato disegno architettato.
Altra grande peculiarità dell’opera è lo stile narrativo che dimostra la grande capacità narrativa dell’autrice: chi legge è catapultato completamente nella mente di una bambina di tre anni. Al tempo ci regala un percorso a trecentosessantacinque gradi nella filosofia morale ed etica.
E tanto altro potrebbe dirsi sul titolo ma volontariamente mi fermo perché il modo migliore per scoprirlo, farlo proprio e carpirne ogni sfumatura è leggerlo. Un viaggio che arricchisce e incuriosisce.
«Diventano sempre più stupidi, il che li conferma nella convinzione di essere brillanti – e sì, perché non c’è niente di meglio della stupidità per credersi intelligenti.»
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