Dettagli Recensione
Voglio restare un essere umano
Fa veramente impressione l’abisso che c’è tra il valore odierno di alcune opere d’arte e quello dell’epoca in cui erano state realizzate, dal momento che moltissimi artisti vissero in estrema povertà e ai margini della vita civile, come nel caso di Van Gogh.
“Ti dico, ho scelto con piena coscienza la vita del cane; resterò un cane, sarò povero, sarò pittore, voglio restare un essere umano–andando in mezzo alla natura”.
E ancora:
“Sto diventando come un cane, sento che il futuro mi renderà ancora più brutto e rozzo e prevedo che ’la povertà sicura’ sarà il mio destino, però, però sarò pittore”.
La lucidità, la determinazione e la consapevolezza con cui vennero scritte queste parole al giovane fratello Theo, fanno pensare ad un uomo passionale, dotato di grande sensibilità. Vincent Van Gogh: Nemo propheta in patria, ma anche Nemo propheta ai suoi tempi, con l’Impressionismo dilagante e di moda, che oscurava qualsiasi altra stella del firmamento artistico della seconda metà dell’Ottocento.
Ho trovato questo libro molto interessante e consiglio di leggere il saggio introduttivo di Karl Jaspers alla fine delle 97 lettere, a conferma e ad approfondimento di quanto si è letto. In questo scritto troverete anche il profilo psicologico, la malattia di Van Gogh, la sua psicosi che si accentua in età matura dopo ripetute delusioni d’amore e lavorative. Uno spirito di per sè già solitario, che non sopporta la convenzioni, al punto di minare “la pace dei suoi genitori” accogliendo presso di sé una donna, derelitta, incinta di un malfattore, e poi gli stenti, le delusioni continue, la frustrazione di non riuscire a provvedere da solo neppure ai bisogni materiali primari: i sintomi di psicosi in germe in gioventù esplodono poi, inevitabilmente.
Le continue richieste di denaro al giovane fratello che si occupa di commercio di quadri non gli fanno onore e certamente dobbiamo essere grati a Theo Van Gogh se Vincent ha potuto seguire la sua volontà di dedicarsi alla pittura, lontano dalla città, in mezzo a gente umile e lavoratrice, oggetto , insieme alla natura, dei suoi lavori che oggi hanno valore inestimabile. Theo ha mantenuto il fratello “stracco”, così Vincent si definisce spietatamente- fino agli ultimi suoi giorni.
Le lettere però non sono solamente una pressante richiesta di denaro, di carte Ingres e materiali per dipingere, ma contengono i pensieri più intimi, le confessioni, i resoconti delle sue giornate e delle sue avventure.
Interessanti le disquisizioni sulla sua idea dei vari colori, “sono pazzo di quei due colori, carminio e cobalto” su come accordarli tra loro. Preziose le indicazioni che fornisce al fratello Theo su come ha realizzato i suoi quadri più famosi, i suoi acquerelli, i suoi disegni.
Prima che la psicosi degenerasse, Vincent è un giovane da ammirare: sensibile, altruista, determinato. Suscita la simpatia del lettore, che fa ‘il tifo’ per lui.
Una volta che la sua “follia” è conclamata, le lettere continuano a mostrare un uomo lucido e consapevole dei suoi limiti e delle sue sofferenze fisiche fino alla morte.
“Queste lettere costituiscono nell’insieme il documento di una concezione del mondo, di un altissimo pensiero etico, espressione di una sincerità assoluta, di una fede profonda, di una carità infinita, di una generosa umanità (...) . È questa una delle testimonianze più commoventi della nostra epoca. Questo ethos esiste indipendentemente dalla psicosi, anzi, in essa si consolida” (Jaspers)
Consigliato anche per la bella traduzione, nonostante molte parole o intere frasi in francese non siano state tradotte
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