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Storia proibita di una geisha
 
Storia proibita di una geisha 2019-06-21 21:43:20 archeomari
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4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
archeomari Opinione inserita da archeomari    21 Giugno, 2019
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La storia vera di una donna orgogliosamente libera

Chi avrebbe mai pensato che questo libro, letto per pura curiosità mi sarebbe poi piaciuto così tanto, al punto di andare a cercare sul web vestiti, acconciature, rituali, danze di maiko e geiko? Ho anche cercato foto di MINEKO IWASAKI, all’anagrafe Masako Tanaka, autrice di questo bellissimo documento/testimonianza di un mondo che a noi occidentali ci è giunto frainteso e lontano.
L’opera di potrebbe essere considerata più un’autobiografia che un romanzo vero e proprio. Quello è stato scritto infatti da Arthur Golden, “Memorie di una geisha”, ispirato alla storia della nostra Mineko: sappiamo che tra i due ci fu una controversia, in quanto, secondo la Iwasaki , tra gli altri travisamenti, Golden non sarebbe stato fedele allo spirito ed alla figura della vera geisha, facendola passare per una sorta di prostituta sacra o di alto borgo.
Prima di leggere questo libro, credevo anche io che la geisha fosse in realtà una prostituta connessa alla ritualità. Essendo il cervello l’organo più difficile da far funzionare, ho accettato passivamente questo come un dato di fatto, nonostante mi lasciasse parecchio perplessa. Riti per la prostituzione?
Non saprei, non regge.
E invece, leggendo ho scoperto subito che queste convinzioni erano palesemente sbagliate. Però, insieme a questo, ho appreso anche che esisteva un rituale per la prostituzione, ma non aveva nulla a che fare con le geiko. Tali attività interessavano le oiran o le tayu. Tutt’altra storia.

Innanzitutto il termine geisha significa “artista”, unisce le parole “arte” e “persona” e le migliori geishe provengono dalle scuole di Kyoto, dove il loro nome è “geiko”.
Nel testo si usa infatti il termine geiko oppure maiko, cioè l’apprendista geiko.

Lo statuto delle okiya, diciamo “le case famiglia, alloggi” delle geishe mi ha fatto pensare allo società femminili matriarcali, dove la figura femminile principale , la madre, in questo caso madre adottiva, passa il proprio cognome alle “figlie” adottate che studiano danza, suonano strumenti musicali e decide chi sarà la propria erede, la propria atotori. Nelle okiya i maschi, a meno che non siano vestitori che aiutano a indossare il complicato kimono, non sono ammessi: di loro si può fare a meno nella economia e nella gestione della casa. Addirittura, è ammesso che una geiko adulta, se innamorata e ricambiata da un uomo (anche se sposato, ma ben visto dalla famiglia adottiva) può avere al di fuori dell’okiya relazioni amorose allo scopo di avere figli -che si spera siano femmine-.
In occidente quando abbiamo avuto le società matriarcali? Ah sì, ... nel neolitico.
Diciamo che noi in Occidente siamo partiti subito bene, ma ci siamo persi per strada. È difficile ricordare società matriarcali in epoca antica, medievale neppure per idea...stop.

Ho imparato facilmente i termini giapponesi legati a questo mondo, non solo perché ricorrono spesso, ma perché l’autrice, che è stata la più grande e famosa geiko degli ultimi cento anni, li utilizza e li traduce al lettore. Alla fine del libro c’è un dizionario che aiuta a “ripassare “ il lessico appreso.

Veniamo alla storia che vi rivelo in parte, per non togliervi il gusto di leggerla.
La piccola Masako Tanaka, cioè Mineko prima dell’adozione, è una bambina particolarmente sensibile e legata al papà che le ha trasmesso i valori più importanti, tra cui la resistenza al sacrificio ed alla fatica, il rispetto e la devozione per la famiglia:

”hokori o motsu”, “sorreggiti con il tuo orgoglio”. Vivi con dignità, quali che siano le circostanze.”

Quando era particolarmente agitata o impaurita si chiudeva in un armadio e talvolta ne usciva dopo parecchio tempo. Una bambina riflessiva, solitaria, graziosa, davvero particolare. Venne subito notata da Madame Oima, la proprietaria dell’ okiya Iwasaki, la migliore casa di geiko del Giappone . Oima, dopo tante insistenze, riuscì a convincere papà Tanaka a cedergliela in adozione perché ne facesse un’artista.
A partire dai 5 anni Masako/Mineko comincia a studiare danza, ad apprendere le sofisticate arti della cerimonia del tè. Lo spirito di sacrificio pervade la sua vita sin dalla tenera età:
“Non mi era permesso azzuffarmi con gli altri bambini o correre in giro. La gente mi diceva di continuo di stare attenta a non farmi male e di evitare di rompermi qualcosa, soprattutto una gamba o una mano, perché questo avrebbe pregiudicato per sempre la mia bellezza e la mia possibilità di danzare”.

Imparerà il valore di ogni singolo kimono, una vera opera d’arte, fatta con stoffe lussuose e stampe ricercate, colori sgargianti, costosissimi, diversi per ogni occasione. La geiko è una intrattenitrice di lusso, deve mettere a proprio agio gli ospiti, tenere alto il tenore di una conversazione, saper suonare i vari strumenti musicali tipici ed esibirsi nelle sofisticate e delicate danze giapponesi.
Interessanti le pagine dedicate alla descrizione del trucco/parrucco/vestizione che sono andata opportunamente a consultare su YouTube.

Una geiko “vestita di tutto punto si avvicina molto all’ideale di bellezza femminile giapponese. Ha l’aspetto classico di una principessa Heian, come se fosse balzata fuori da una pergamena dell’XI secolo. Il suo viso è un ovale perfetto. La sua pelle è bianca e priva di difetti, i capelli neri come l’ala di un corvo. Le sopracciglia sono mezze lune, la bocca un delicato bocciolo di rosa. Il collo è lungo e sensuale, la figura gentilmente arrotondata”.

La geiko ha un tariffario esorbitante, pochi minuti di lavoro costano ai suoi clienti migliaia di dollari. Dollari, non yen. Nel libro si parla proprio di dollari. Una volta esibita in pubblico Mineko Iwasaki diventa una celebrità internazionale: incontrerà il principe Carlo, la regina Elisabetta, Aldo Gucci...lascio a voi i curiosi aneddoti su questi personaggi.
Ci sono tentativi di violenza fisica, dispetti ed invidie...c’è una storia d’amore travolgente...verrà fuori una donna forte, orgogliosa della propria libertà, una vera eroina che non vuole essere seconda a nessuno. Né nel campo professionale e né in quello sentimentale. La sua ingenuità però mi ha fatto tanta tenerezza in alcune pagine. È una storia commovente e toccante, oltre che interessante perché getta luce su dinamiche sociali e familiari a noi sconosciute. Ultima testimonianza di un mondo sempre più lontano.
È la storia vera di una donna che ha conosciuto la fama e l’amore, ma ha conservato la propria dignità ed indipendenza , il proprio orgoglio da samurai.


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Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Consigliato a chi ama avvicinarsi a culture diverse dalla propria con umiltà e rispetto.
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Commenti

4 risultati - visualizzati 1 - 4
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Marianna, penso proprio che in Occidente ci sia un fondamentale fraintendimento sulla figura della geisha.
La letteratura giapponese spesso usa la geisha come personaggio raffinato ed emblematico, basti pensare ad autori come Kawabata.
Buono a sapersi, grazie!
In risposta ad un precedente commento
archeomari
24 Giugno, 2019
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Ciao Emilio, scusa il ritardo della risposta. Assolutamente sì, se ci è quasi sconosciuto il Vicino Oriente con la sua millenaria cultura, figuriamoci Cina e Giappone! Dobbiamo conoscere bene le culture diverse dalla nostra. Kawabata mi manca...ahia!
In risposta ad un precedente commento
archeomari
24 Giugno, 2019
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Ma prego, Laura. Ti consiglio di cominciare proprio da questo se proprio lo desideri, poiché il romanzo di Golden travisa parecchio, anche se ad alcuni (io non l’ho letto) è sembrato più appassionante.
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