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Bernard il fratello, Bartleby lo scrivano.
L’ultimo libro di Daniel Pennac vuole essere soprattutto un commovente ricordo dell’amatissimo fratello Bernard, più anziano di 5 anni, deceduto dopo un intervento chirurgico mal riuscito. Nel fratello Pennac vede una straordinaria somiglianza con Bartleby, impiegato in uno studio notarile newyorkese e personaggio protagonista del racconto di Herman Melville (“Bartleby lo scrivano”), considerato con il suo ossessionante e pacato “Preferisco di no” (“I would prefer not to”) una sorta di emblema o addirittura di eroe della resistenza passiva di fronte ad ordini banali od utilitaristici. Siamo nella Wall Street dell’Ottocento, e l’idea di Melville apparve quanto mai originale, tanto da indurre la critica a ritenerlo un precursore dell’esistenzialismo e della letteratura dell’assurdo. La vicinanza caratteriale tra Bernard e l’umile scrivano/copista Bartleby induce Pennac a mettere in scena, recitando la parte del notaio, il racconto di Melville, alternando capitoli in cui l’autore legge parti salienti del racconto a capitoli in cui analizza le reazioni degli spettatori e soprattutto ricorda lucidamente, con affetto ed ironia, episodi della vita del fratello, le sue reazioni, il suo modo di affrontare le realtà della vita, la sua rassegnazione di fronte all’inutilità di reazioni fuorvianti. Traspare dal libro di Pennac la profonda stima per il fratello, l’ammirazione per la sua singolarità, per la serenità e la pacatezza dei giudizi, per il suo affetto incondizionato. Accostandolo allo straordinario personaggio di Melville, Pennac coglie in entrambi un’affinità che li rende unici, estranei alle condizionanti vicissitudini di tutti i giorni, quasi imploranti, pur in umiltà e silenzio, di lasciarli vivere come vorrebbero, timorosi di alterare una loro conquistata entropia. E Pennac sottolinea come il mondo sia stato crudele con entrambi: il fratello morto in ospedale a seguito di un banale intervento eseguito da un giovane maldestro chirurgo, Bartleby lo scrivano rinchiuso in carcere per occupazione indebita dello studio notarile e ritrovato morto in un angolo di un cortile per rifiuto sistematico del cibo. Pennac è stato sempre uno dei miei autori preferiti, ma questa volta trovo veramente straordinaria la sua abilità nel raccontarci le storie parallele di Bernard e Bartleby: l’affetto sincero e tenero maturato negli anni per il fratello maggiore e la simpatia per il personaggio di Melville non lo esimono alla fine del libro di chiedersi CHI fossero in definitiva i due, quali personalità avessero e quali motivazioni misteriose li spingessero a comportamenti così poco comuni. Una domanda senza risposte, o forse sì: basterebbe leggere attentamente gli ultimi tre capitoli del libro.
“Ah! Bartleby! Ah, umanità!”.