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Vergogna sociale
Nel 1952 Annie Ernaux ha 12 anni...ed assiste a quella che sarà per lei una scena indelebile, indicibile, che le "farà prendere sciagura" e che segnerà la fine della sua infanzia, nonché la presa di coscienza del suo status sociale.
In un pomeriggio domenicale di metà Giugno, suo padre, in preda ad un attacco di rabbia violenta, tenta di uccidere sua madre.
"Non è successo niente" le diranno poi...
Ma lei non riesce a dimenticare, non riesce a raccontare, non riesce neanche a scrivere (fino alla stesura di questo libro nel 1995) quello che ha visto.
Dal quel momento in poi sentirà su di sé il peso della vergogna, intesa proprio come "vergogna sociale", come un marchio che le entra sottopelle e che la relegherà per sempre al di fuori del ceto borghese a cui lei tanto aspirava.
Inizierà proprio in quel momento il lento rifiuto delle sue umili origini, che la porterà a "tradire" la sua essenza, i suoi genitori, la loro cultura, il loro essere così ben radicati in quel "qui da noi", con la loro latrina in cortile, la volgarità di suo padre, la camicia da notte macchiata d'urina di sua madre, come a sottolineare una precisa linea di demarcazione tra ciò che sono e ciò che non saranno mai.
La vergogna di vivere secondo regole bigotte e perbeniste, dove "nulla si pensa e tutto si compie" come è giusto che sia, rispettando i tempi prestabiliti per ogni cosa: fare la comunione, fare la permanente, avere il ciclo, le calze da donna, bere vino, fumare una sigaretta, lavorare, frequentare qualcuno, sposarsi, avere figli, vestirsi di nero, smettere di lavorare, morire.
Essere persone a modo.
Pregare.
Sapersi comportare.
Pregare.
Essere come tutti.
Pregare.
Non credersi chissà chi.
Pregare.
Ma soprattutto, fondamentale, porsi sempre la domanda "cosa penseranno di noi"?...ed agire di conseguenza.
In un ambiente così chiuso, regolato e giudicato sulla base di certi codici, non c'era assolutamente spazio per la scena di quella domenica di Giugno.
Annie sente di non poter più appartenere alla categoria delle persone perbene,
i suoi occhi hanno visto ciò che non dovevano vedere...
Come sempre, nel suo stile unico, lucido e preciso, la Ernaux cerca di scrivere, senza vergogna, un libro sulla vergogna...unico punto di congiunzione tra la donna che scrive queste pagine e la dodicenne che le ha vissute...e senza il quale, forse, non sarebbe mai nato in lei il desiderio di ribellarsi al suo ambiente, il desiderio di essere migliore, il desiderio di scrivere.
Ancora una volta la Ernaux ci dona una parte di sé, una parte importante, la scintilla che ha acceso la fiamma della sua personalissima rivoluzione e che l'ha resa la donna che è adesso, una scrittrice di grande talento che fa ancora i conti col suo passato.
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Commenti
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"L'ALTRA FIGLIA" secondo me è ancora più bello di questo!
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Sono sorpreso dalle tantissime stelline, perché l'unico libro che ho letto dell'autrice ("L'altra figlia") mi ha lasciato assai tiepido (si fa per dire, considerata la gelida scrittura di quel testo).