Dettagli Recensione
Mike e Hank
«Un fratello e una sorella hanno sposato una sorella e un fratello.
La coppia più anziana non ha figli e quindi quella più giovane glie li presta.
Le due famiglie abitano a Laurel Canyon, a poche centinaia di metri l’una dall’altra.
E le nonne abitano nello stesso appartamento ai piedi della collina.»
La prima impressione che si innesca nella lettura de “I formidabili Frank” è quella di trovarsi di fronte a una Zia Mame, con le sue dovute differenze, degli anni d’oro dell’America del Novecento e non in chiave romanzata quanto scritturata per quella che potrebbe tranquillamente essere una sceneggiatura di una serie televisiva o cinematografica. Ruolo centrale è detenuto dalla zia Hank, una donna dalla personalità irriverente, stravagante e eclettica che è una presenza assidua, costante, presente nell’esistenza di tutto il nucleo familiare ma in particolar modo di Michael, detto Mike, il quale viene sballottato tra mercatini di antiquariato, teatri, formule educative a base di distinzioni tra ciò che è giusto e ciò che giusto non è e chi più ne ha più ne metta. E poco importa che sia il figlio maggiore di Merona e Marty Frank perché fittiziamente egli è stato adottato dal Hank e lo zio Irving. Non viene mai celato il fatto che quest’ultima abbia cercato di plasmarlo ad immagine e somiglianza del figlio che avrebbe sempre voluto avere ma che non ha avuto. Tuttavia, come spesso accade, se in giovane età tutte queste attenzioni sono ben viste e accolte dal rampollo che si esalta per i giri con la donna e per i regali che riceve, crescendo la sua presenza diventa qualcosa di diverso, è percepita come un qualcosa di asfissiante, opprimente, che sfocia nel dispotismo, in un tentativo di manipolazione e di controllo. Perché sentendolo quasi come una sua “proprietà”, un qualcosa che le è stato negato ma che le appartiene di diritto per la suddetta simbolica affettiva adozione, ne è gelosa e cerca di mantenere quello che inizia a avvertire come un rapporto sempre più precario con una persistente generosità che in realtà nasconde un “do ut des”. Un “do ut des” che non perdona. Perché se ti opponi finisci in una lista nera con risvolti e conseguenze rovinose e feroci. Non stupisce, dunque, che il processo di emancipazione di Mike sia estremamente complesso e passi da episodi di bullismo scolastico, sensi di colpa, insicurezze, paranoie, instabilità, litigate.
A questa trama solida si aggiunge uno stile ricercato, dinamico, non eccessivamente prolisso, con i caratteri di un copione non fittizio ma di fatti autobiografici, eppure talvolta fine a se stesso. Devo confessare infatti che, per quanto la storia susciti interesse e non risparmi per i risvolti che assume e che fa propri, ho faticato nella lettura dell’opera sin dal suo principio. Non solo. Nonostante l’abbia conclusa da oltre un mese, soltanto adesso mi decido a recensirla e ancora non sono convinta sul grado della piacevolezza e del contenuto.
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