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"Non sono uscita dalla mia notte"
Annie Ernaux è, per me, una voce che riesce, senza urlare e senza sensazionalismi, a fare del proprio privato qualcosa di universale, qualcosa che, pur nascendo per un'esigenza personale, diventa dono per tutti gli altri.
Lei apre le porte della sua vita, ti fa entrare in un ambiente intimo pervaso dal dolore, ma è un dolore così lucido e sussurrato, un dolore così consapevole che all'inizio non ne avverti neanche la presenza, all'ultima pagina invece sei steso, schiacciato dalle sue parole, poche, mai superflue, ma dal peso specifico considerevole.
Qualche giorno dopo la morte di sua madre, la Ernaux scrive su un foglio:
"Mia madre è morta lunedì 7 Aprile nella casa di riposo dell'ospedale, dove l'avevo portata due anni fa".
Questo diventerà l'incipit del libro, la cui stesura durerà 10 mesi e con cui la scrittrice cercherà di ricostruire la figura materna, dalla sua infanzia in una famiglia contadina e dignitosamente povera fino alla malattia che si porterà via la donna battagliera e irruenta che è sempre stata.
Parlare della propria madre è difficile, perché le madri sono figure al di fuori della storia e al di là del tempo: ci sono sempre state.
Sono la nostra proiezione nel futuro, ma anche la nostra àncora del passato.
Luogo in cui specchiarci e da cui fuggire.
Luogo a cui tornare. Sempre.
La Ernaux cerca, in queste pagine, di dare voce alla donna reale, quella che è esistita al di fuori di lei, al di là della sua condizione di figlia, ma non ce la fa...c'è un qualcosa che fa resistenza, che impone a tutte le immagini ed ai ricordi di esistere in quanto pervasi dall'amore e dalla distorsione che ne deriva.
Se nel libro "L'altra figlia", dedicato alla sorella morta e mai conosciuta, la Ernaux scrive per poterla resuscitare e (forse) uccidere nuovamente per liberarsi del suo fantasma, qui sembra scrivere per rimettere al mondo la donna che l'ha partorita, per donarle una seconda vita nel tempo e nei luoghi che lei non vedrà mai più.
Le pagine dedicate alla malattia sono emozionanti, affilate e struggenti: ogni parola sembra portare via una piccola parte di sua madre, nutrirsi delle sue progressive incapacità, rendere indistinto il mondo circostante divenuto ormai incomprensibile, e trasformarla in una bambina desiderosa di baci e cioccolato.
Una bambina, che non crescerà mai.
Una bambina che non uscirà più dalla sua notte...
"NON ASCOLTERO' PIÙ LA SUA VOCE.
ERA LEI, LE SUE PAROLE, LE SUE MANI, I SUOI GESTI, LA SUA MANIERA DI RIDERE E CAMMINARE, A UNIRE LA DONNA CHE SONO ALLA BAMBINA CHE SONO STATA.
HO PERSO L'ULTIMO LEGAME CON IL MONDO DA CUI PROVENGO."
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Commenti
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Un uscire fuori da se stessa per donarsi al lettore.
Ogni volta, in ogni suo libro, entriamo nella sua vita, in un suo privatissimo dolore...che lei non ci urla mai in faccia.
A me piace questo suo modo di porsi...e mi commuove pure.
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Dell'autrice ho letto solamente "L'altra figlia", libro che ho trovato ben scritto con un linguaggio essenziale, ma molto freddo. quest'opera mi pare sia migliore.