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L’altra sono io
Dieci anni. Una domenica d’estate. Una conversazione origliata per caso tra la propria madre e una conoscente occasionale. È così che Annie Ernaux scopre che, prima di lei, è esistita un’altra figlia, Ginette, morta di difterite a soli sei anni, amatissima e sempre rimpianta.
"«Era più buona di quella lì». Quella lì sono io.”
Poche parole, non destinate alle proprie orecchie, ma che, una volta ascoltate, producono uno squarcio straziante nel proprio scenario familiare. Perché l’infantile ricerca di approvazione e amore da parte dei genitori, da quel momento, si traduce per Annie in una competizione. Ma è impossibile confrontarsi con un ricordo idealizzato, con quella bambina santificata dal dolore e privata di un futuro. È una lotta persa in partenza.
Eppure non si può più ignorare la verità di quell’impronunciabile segreto. Chi è la figlia e chi l’altra? Prima, Annie era l’unica, la sola, libera di sbagliare, di essere scontrosa, ribelle, diversa. Ma ora deve fare i conti con la sensazione di essere l’altra, nata per sostituire, viva nello spazio di un’assenza, destinata a rincorrere un modello irraggiungibile. Quelle parole si traducono così in una fiamma muta capace di propagarsi su una vita intera.
"Non sono buona come lei, sono esclusa. Dunque non sarò nell'amore, ma nella solitudine e nell'intelligenza".
Questo breve romanzo è una lettera che l’autrice scrive, ormai anziana, proprio a Ginette. Non ci sono più genitori con cui provare a fare quello che allora sarebbe stato impensabile, parlare apertamente. Anche la vita ormai è trascorsa. La scrittura diventa quindi l’unico modo per provare a curare quella ferita mai rimarginata, dando finalmente un volto a quell’ombra, sconosciuta e silenziosa, che ha fatto da sfondo invisibile alla propria esistenza.
“È forse dallo scrivere che sei rinata, da quello scendere a ogni libro dentro ciò che non conoscevo in anticipo, come qui, ora, dove ho l’impressione di scostare dei veli che si moltiplicano senza sosta lungo un corridoio infinito?”
Con una penna limpida e asciutta, Annie Ernaux ci accompagna in un viaggio autobiografico attraverso frammenti di ricordi, fotografie, interrogativi. Ricostruisce le dinamiche familiari che hanno caratterizzato la propria infanzia, riempiendone lacune e silenzi, per comporre quello spazio intricato e complesso in cui si è costituita la propria identità di donna e scrittrice. Nonostante una scrittura sintetica ed essenziale, che tiene sempre a freno le note emotive, e una certa severità di tono, vagamente respingente, il dramma esistenziale evocato arriva comunque con forza al lettore. Un romanzo intimo, doloroso, vero.
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La sensazione che ho avuto, è che, nonostante l'argomento sia molto coinvolgente, questa lettura non sia davvero riuscita a toccare le corde del cuore. Ho percepito come una sorta di barriera. Forse per lo stile, così asciutto. O forse per quel tono, severo e rigoroso, con cui la Ernaux scruta il suo passato, un tono a tratti più da indagine che da esperienza intima. Non so se sono riuscita a spiegare la sensazione che cercavo di esprimere con "respingente". Certo, è una mia impressione personale.
Quando lo leggerai, mi farà davvero piacere poter confrontare le nostre opinioni.
Grazie ancora.
Ciao, Manuela
Buona lettura, e grazie ancora per l'interessante confronto.
Elena
Non conosco l'autrice, ma ho prenotato questo testo in libreria : dovrei ritirarlo oggi !
Mai come con questo libro, sono davvero curiosa di confrontarmi. Mi chiedo infatti se sia io a non avere gli strumenti per apprezzare completamente questo testo. Aspetto la tua opinione!
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