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Pulp Dickens
Ho iniziato la lettura nella convinzione che il romanzo fosse autobiografico. Ma la storia sembra troppo feroce e cruda per essere vera; se fosse vera, è davvero meglio diventare albero come nel romanzo La vegetariana piuttosto che appartenere alla razza umana. In ogni caso la valutazione del libro è legata all'autenticità della storia. Se vera, quindi se è una testimonianza il punteggio sul contenuto salirebbe a 5 . Se la storia non è vera, d'altra parte, non capisco dove sia diretto tutto questo fiume di violenza e bestialità disumana che permea ogni pagina dalla prima all'ultima facendo pensare alla camera a gas come a una sorte di benevola forma di eutanasia per cui bisognerebbe ringraziare.
Il titolo dà perfettamente l'idea del romanzo. In Polonia era un divertimento per gli abitanti del villaggio catturare un uccello, dipingere le sue piume e poi lasciarlo libero. Lo stormo lo faceva a pezzi. In questo romanzo l'ebreo, il narratore (un bambino di 7 anni all'inizio del romanzo e di 11 alla fine) hanno la stessa funzione di quell'uccello. Ma se l'uccello-uomo non muore per la violenza degli attacchi dei suoi simili non gli resta che adeguarsi e imparare la violenza fino a passare all'uso della violenza come difesa (uso quasi involontario e comunque necessario) alla violenza come forma di potere. Il romanzo è inquietante. C'è una escalation di depravazione, di torture che il bambino deve subire e di violenze a cui assiste. C'è anche una descrizione dettagliata di come una persona possa arrivare a vendere l'anima al diavolo e cosa possa sperare di ricavarne. L'arrivo dei calmucchi al villaggio e l'orgia di violenza che ne segue è quasi insopportabile. Il finale è pseudo-Dickensiano. Ma ormai dopo tutto quello che è successo non dà al lettore nessun sollievo ma la sensazione di desolazione per la lepre che spontaneamente va verso la gabbia.