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Tormento ed estasi
Karl Ove si e' trasferito in Svezia, a Stoccolma, lasciando lutti ed affetti famigliari, tra cui la moglie Tonje, si e' di nuovo innamorato, questa volta di una affascinante quanto misteriosa e caratteriale poetessa, Linda, dalla quale avra' tre figli, oltre ad un intenso quanto burrascoso rapporto di coppia. Nel frattempo, vive alla giornata, in un' altra terra, alle prese con i fantasmi del passato, con la propria creativita' sbiadita, la quotidianita' di padre, nuove conoscenze ed amicizie, si pensi alla figura di Geir, intellettuale norvegese con la passione della boxe.
Dopo " La morte del padre ", il secondo volume dell' autobiografico " La mia battaglia " e' un percorso a ritroso che tratteggia un nuovo capitolo del monologo interiore del protagonista.
Questa volta il tema dominante e' l' amore, nel primo volume era la morte.
E' un amore tormentato, che vive di attimi, sensazioni, instabilità', urlato e silente, inizialmente ancora intessuto dall' elaborazione del lutto, anche se il totale cambiamento di vita ne auspicava la rinascita.
Ci troviamo a Stoccolma prima ed a Malmoe poi, dalla Norvegia rurale e paesana alla Svezia urbana e classista, dallo spirito goliardico ed esuberante alla freddezza algida ed introspettiva.
Carl Ove passeggia, si ferma, osserva la vita altrui, si interroga sulla propria e su quell' essere cittadino del mondo e nel mondo, marito e padre, scrittore ed intellettuale, in una indagine antropologica, psico-sociale ed introspettiva.
Permane quell' inquetudine di fondo e si ha l' impressione di un duplice percorso, interiore ed esteriore, il proprio se' e la sua rappresentazione nel mondo. E' sempre presente un tormento quasi atavico e dai tratti molto scandinavi, quel velo melanconico che accompagna gesti e movimenti, anche nei momenti di gioia, rallentandoli, fissandoli nel presente, insieme ad un passato che ritorna ancora sospeso e non del tutto metabolizzato.
Nella prima parte il protagonista e' scisso tra il se' pensante, creativo, e l' altro se' spettatore della propria ed altrui vita e i due aspetti sembrano antitetici ed inconciliabili.
Poi, con il ritorno nell' amata terra natia, nel rivivere un passato doloroso ancora vibrante, si compie la definitiva elaborazione del lutto, il superamento di un dolore sfiancante per dare inizio ad una vita ex novo.
Allora ritorna lo spirito creativo che scorre nel fiume dell' esistenza, diventa quotidianita', creativita' e non inquietudine e separazione. Inizia il racconto autobiografico, e l' amore prende forma con la tenerezza del quotidiano, in semplici gesti ripetuti, sempre quelli, nel vivere con la piena cognizione di essere e sentirsi padre.
E' stupefacente la ricchezza e la fluidita' narrativa tra le pagine che attraversano quel fiume di parole che scorre inesorabile, trascina e raccoglie inglobando ogni elemento esperito.
Knausgard si conferma un grande narratore, di oggetti, immagini, sensazioni, odori, sapori, dialoghi, persone, descrivendoli con immediatezza e realismo quasi fossero tocchi pittorici ma estremamente vivi.
A volte, come nel primo volume, permane un eccesso di teoria estetica, un auto-compiacimento nel perdersi tra le parole, nel cedere al proprio io creativo e contemplativo.
Ma in lui predomina l' animo dello scrittore, e quella infinita ed indefinita incertezza : "La domanda verte su cosa scegliere, il movimento che e' vicino alla vita e all' amore, o il luogo esterno al movimento, che e' quello dove risiede l' arte, ma anche in un certo senso la morte?"