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L'immoralista
 
L'immoralista 2016-03-28 10:09:51 Martin
Voto medio 
 
2.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
2.0
Martin Opinione inserita da Martin    28 Marzo, 2016
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IL DESERTO DEL DESIDERIO

André Gide, premio Nobel, si iscrive nel novero dei grandi romanzieri di fine Ottocento e inizio Novecento: quei romanzieri a metà fra la tradizione realista ottocentesca (Stendhal, De Balzac, Gogol) e il terremoto del Modernismo (Joyce, Svevo, Kafka), quei romanzieri cioè capaci di uno slancio di originalità, che, tuttavia, ancora sublimano in una forma cristallizzata ampiamente collaudata. La prosa di Gide è elegante, raffinata, sensuale, quasi sembra intridersi dello stesso profumo degli ambienti che descrive e scandaglia, ma allo stesso tempo cerca di essere veicolo di contenuti nuovi e vicende mai raccontate che insieme si assemblano in un itinerario simbolico.
La novità di Gide risiede proprio nelle intelaiature simboliche dei suoi racconti, nonché nelle prime maldestre incursioni nei fondali della coscienza e nell’essere testimone di una crisi culturale senza precedenti.
La storia di Michel, ora decantata, ora lamentata, ne L’immoralista, forse l’opera principale dello scrittore francese, appare come una foresta di simboli da decriptare; una foresta di simboli che risulta, però, coperta da una particolare bruma di vaghezza.
Michel, dietro cui non pochi hanno scorto l’ombra della biografia di Gide, effettuando vere e proprie sovrapposizioni fra l’autore e la sua creatura, vive sulla sua pelle il risveglio dei sensi, un risveglio che lo porta a trasmutarsi in un esteta, un narciso, un godurioso, un sensibile ganglio che s’aggrappa a qualunque brandello di vita per sfuggire ad una terribile malattia.
La prorompente vitalità acquisita da Michel trova, però, un suo contraltare nella debolezza della giovane moglie, Marceline, che costituisce l’unico vero ostacolo alla sua piena esaltazione.
I due poli opposti, Michel e Marceline, che presto si ammala, finiscono per scontrarsi e i vari viaggi che costellano la loro esistenza ne diventano l’arena; arena in cui trova drammaticamente la morte Marceline.
Nonostante l’originalità, i nuclei tematici squadernati, la trama avvincente, la elegante scrittura, non ho trovato il libro piacevole ed è proprio su questo punto che si innesta una delle mie solite riflessioni: Perché non ho trovato gradevole L’Immoralista? Dopo lunghe elucubrazioni, sono giunto all’idea per cui sia per lo stesso motivo per cui non ho amato Il Ritratto di Dorian Gray di Wilde e Lo Strano caso del Dottor Jekyll e di Mr Hide di Stevenson. Gide, così come i due letterati da me citati, non si concentra sui dettagli delle azioni peccaminose compiute dal protagonista (che dal titolo si sarebbe detto materia del romanzo), anzi sembra unicamente alludervi, allusioni difficili da cogliere e che, probabilmente, possono essere di più facile individuazione conoscendo la biografia dell’autore. Durante la lettura non ho fatto altro che chiedermi come mai Gide non indugi sulla condotta dell’immoralista: Michel è un pedofilo, dato che preferisce farsi accompagnare da dei bambini piuttosto che dalla moglie, durante le sue scampagnate in Africa? Si intrattiene col giovane Charles e con il suo maestro decadente Ménalaque? Michel si lascia andare a relazioni omosessuali nella città di Kairouan, ove dorme con degli arabi, invece che assistere la moglie malata? Michel fa del sesso a tre con Moktir e la sua ragazza? Di quanto è responsabile della morte di Marceline?
Le mie domande circa gli iati temporali che si aprono nella trama de L’Immoralista, sono riflesso della mia delusione, della mia curiosità non soddisfatta. Io avrei scritto di più.
Ma non è forse la vaghezza una precisa scelta dell’autore? Gide evita di sporcarsi le mani per lasciare che sia la fantasia del lettore ad avvicinarsi alla sfera privata di Michel!
L’Immoralista è, da questo punto di vista, profondamente inattuale: come può L’Immoralista essere apprezzato in un mondo ove penosi romanzi sul sadomasochismo (fossero almeno libri di De Sade!) hanno come target ragazzine e casalinghe? Come può sopravvivere il suo messaggio in una società pornografica, ove il desiderio, lasciato libero di infilarsi ovunque, si dibatte e langue, e ove ogni suo componente (mi si permetta la particolare metafora) è un pene flaccido e avvizzito.
Non potremo mai capire la scoperta del desiderio e l’epifania del corpo né tanto meno il lacerante contrasto fra desiderio e morale vissuto dalle profonde anime del tardo Ottocento.
“Ah! Michel, ogni gioia è simile alla manna del deserto che dopo un giorno si guasta; è simile all’acqua del fiume dell’Averno Ameles che, come racconta Platone, non si poteva raccogliere in nessun vaso”.

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Consigliato a chi ha letto...
Wilde, Proust, Stevenson
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La tua recensione è molto interessante. Ho letto questo testo con "La porta stretta", opera che ho trovato più bella e più convincente.
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