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TUTTO QUEL CHE ESISTE
“All that is” tutto quel che esiste è il titolo originale del libro scritto da Salter, classe 1925, dopo ben venticinque anni di silenzio: il che equivale a dire…la vita è tutta qui? Sicuramente ma in quel tutto qui vi è l’unicum che ogni esperienza umana racchiude. Non si tratta di un romanzo e sarebbe improprio parlare di un’autobiografia, nel senso che paradossalmente nel raccontare i principali eventi di Philp Bowman, più o meno suo coetaneo, dalla guerra sul Pacifico, al lavoro di editor a New York e agli amori con le donne sbagliate, l’autore galleggia sempre in superficie, non penetra mai nel cuore di scelte e decisioni. Non è difetto di talento, bensì è una convinzione profonda: lo scrittore deve arrestarsi alla soglie del mistero, lasciare spazio all’ineffabile a cui ciascuno di noi dà voce, quando si innamora, quando contempla un paesaggio o quando si appassiona a qualcosa o a qualcuno. In questo clima di sospensione sta il fascino dello stile di Salter. Nessuna delle tante persone evocate nel libro, intraviste di scorcio o seguite nell’arco di più anni, è esemplare, tanto meno lo è il protagonista, eppure, tirando le somme, si tratta di esistenze prive dello stigmate dell’eccezionalità. Persino la tragedia, la morte in un incidente, il tradimento, la malattia incurabile, la guerra, l’alcolismo, gli amori sbagliati, le differenze di classe insuperabili, diventano mai epopea, passano, lasciano un’impronta malinconica, ma non tramortiscono chi li subisce. Neppure la passione amorosa è mai tale: nasce da un incontro casuale, si nutre di equivoci e di estenuanti, persino dolorosi, amplessi, e nel niente finisce. L’unica saggezza raggiungibile la si ottiene sulla soglia delle vecchiaia: qualunque cosa sia l’aldilà, pensa Philip, ciascuno di noi ci andrà, assieme a tutti gli altri, portando con sé tutto ciò conosce, ovvero tutto ciò che è e che è stato.