Dettagli Recensione
Verità o non verità?
Quella di Carolina Tana è una storia che ha alla base un comune denominatore: la mancanza di affetto da parte di coloro che più di chiunque altro dovrebbero trasmettere in un bambino certezze e sicurezze, i genitori, nello specifico la madre.
Carolina nasce a Ginevra il 21 marzo 1983 da Enzo Alberto Tana, all'epoca distinto uomo di mezza età presidente della Borsa Valori di Roma e dalla portoghese Aurora Pereira Vaz. La vita tranquilla, caratterizzata da agi materiali e da vacanze nelle località di tendenza, non è altro che il velo di apparenza che cela una realtà litigiosa e rude, una condizione ingestibile che sfocerà nella inevitabile separazione della coppia. La bimba ha solo otto anni quando ciò accade; finirà con l'essere preda della sua stessa innocenza, vittima della sua stessa età.
Lo scopo della madre è duplice e si sostanzia nell'ottenere da un lato l'affidamento esclusivo della minore e dall'altro la distruzione fisica, psicologica e sociale dell'ex coniuge. E cosa meglio di una figlia così piccola può costituire il mezzo per rendere il progetto un fatto, la rovina un dato concreto? Inizia in tal modo il gioco perverso di una madre egoista, una donna che rimpiange gli anni antecedenti alla maternità ma soprattutto i beni, il prestigio ed il benessere donati dalla vita coniugale. Il suo piano è semplice: l'erede dell'uomo non deve ricordare altro che quello che la stessa la indurrà a credere. Perfino la parola “papà” è abolita e sostituita con il termine dispregiativo “mostro”. Semplicemente la indottrina raccontandole di presunte molestie ricevute dalla figura paterna, da ciò l'accusa che di poi è seguita in ambito processuale.
Nonostante nel 1994 Aurora ottenga l'affidamento esclusivo, nel 1996 il Tribunale scagiona Enzo Tana dalle accuse di pedofilia «perché il fatto non sussiste».
La follia della donna non ha limiti, durante il processo (1995 circa) arriva a corrompere un maresciallo dei carabinieri affinché vengano inserite delle bustine di droga e di materiale pedo-pornografico nell'auto dell'ex marito, un piano accuratamente organizzato al fine di screditare il magnate nei confronti dell'opinione pubblica e poco tempo dopo organizza un attentato questo viene ferito, da due sconosciuti dalla medesima ingaggiati, alle gambe.
Realizzata l'identità degli autori dei mandanti Carolina si scatena nei confronti della Vaz e di Danilo, il nuovo compagno. Viene messa a tacere con una inaudita ed impensabile forza verbale tanto nella piccola si rafforza il già nato proposito di raggiungere la maggiore età e scappare, essere libera da quella donna che le ha rovinato la vita e che l'ha allontanata dalla figura paterna perché accecata dalla rabbia di essere stata lasciata nonché privata di beni materiali superflui e melliflui.
Danilo e Aurora hanno altri due figli e grazie alla denuncia della Tana la bambina della coppia viene salvata; questa verrà infatti ritrovata rinchiusa in una stanza buia dell'abitazione in Costa Azzurra, legata con del nastro adesivo, denutrita, maltrattata, costretta ad alimentarsi soltanto di cibi liquidi nonché a dormire senza pigiama. Ad oggi i due amanti sono detenuti in carcere in Portogallo con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, rapimento di minori (tra cui quello della piccola Maddie McCann) e numerosi altri capi di imputazione.
Il romanzo si presenta come un “resoconto” della vita della scrittrice ed è dalla stessa espletato, si avvale inoltre di un linguaggio troppo simile al parlato per poter essere pienamente apprezzato. La stessa storia perde di autenticità a causa di ciò. Non metto in dubbio la “verità” dell'autrice, semplicemente ritengo che un testo che potrebbe avere buone basi di partenza, e che dunque potrebbe funzionare, finisce con il risultare pesante per il lettore. Francamente l'ho trovato a tratti troppo vittimista, qualità che in generale non amo. E' vero, trattasi di una storia autobiografica, ma la sensazione è che manchi quel pathos, quella empatia necessaria a coinvolgere chi legge. L'interessato infatti si sentirà sempre posto a debita distanza dai fatti, mai veramente partecipe. La “barriera invisibile” tra il fatto ed il narrato non si infrange mai.
Non nego di non essere un'appassionata del genere e dunque di aver avuto una naturale indole reticente nonché prevenuta verso questo componimento, eppure le mie aspettative non si sono ricredute ne migliorate. Ritengo che si possa tranquillamente affermare che poteva esser fatto di meglio soprattutto a livello empatico. Personalmente non mi sono sentita ne coinvolta ne convinta.