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Mann visto da Mann
Questo libro autobiografico è suddiviso in tre parti. La prima s'intitola propriamente "Saggio autobiografico" : contiene ovviamente informazioni sulla vita dell'autore e sulla stesura di alcune opere: ci dice, per esempio, come la scrittura del bellissimo "La montagna incantata" l'abbia impegnato per ben dodici anni, dopo una lunga visita alla moglie nel 1912 a Davos per cure, luogo in cui vennero raccolte "quelle strane impressioni d'ambiente".
La seconda parte è ampiamente la più corposa. Il titolo, "Romanzo di un romanzo. La genesi del 'Doctor Faustus' ", è già esplicativo. L'inquietante opera è, per così dire, nata sotto le bombe; metaforicamente, perché Mann (siamo nella Seconda Guerra Mondiale) si trovava confortevolmente rifugiato in America: La narrazione della composizione del libro è comunque ritmata sui bollettini di guerra: Roosevelt che annuncia l'invasione dell'Europa; la caduta di Mussolini; le terribili notizie sui massacri degli ebrei...
Il progetto del romanzo risale al 1901; trascorrono oltre quarant'anni; la data d'inizio è: maggio '43, dunque nel vortice della furia bellica.
Se l'Autore conduce una vita relativamente tranquilla negli USA, alcuni dei suoi figli sono più esposti, proprio nella lontana Europa in fiamme : Klaus, nell'armata britannica; "Erika era a Parigi e osservava l'incorreggibile atteggiamento della borghesia francese".
Poi, la distruzione di Hiroshima e Nagasaki. Nella vita privata, un grave problema di salute che richiede un pesante intervento chirurgico.
Ad allietare il grigiore, giungono le visite di figli e nipoti: Ed è proprio l'instancabile Erika che concretamente pone a revisione il libro del padre per "liberarlo da prolissità" : "parti di teoria musicale furono buttate a mare; le conversazioni fra studenti furono accorciate (...). Nessuno ne sente la mancanza, nemmeno io", conclude T. Mann.
La terza parte è la più breve : si tratta del discorso tenuto all'Università di Chicago nel 1950, all'età di 75 anni. E' esplicito fin dall'inizio: "Del mio tempo voglio parlarvi, non della mia vita".
Mann ha la sensazione di essere prossimo alla fine (ma, come sappiamo, la tomba dovrà ancora attendere) e termina il discorso come se quasi già non appartenesse più a questo mondo : "augura alle stirpi umane viventi (...) che non tocchino loro in sorte la miseria e l'ignominia dell'imbestiamento, ma pace e gioia".
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Commenti
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Serve soprattutto per conoscere il priodo americano di Mann.
Forse qualche cenno. Invece parla dei figli e nipoti; poi di personaggi della cultura e dell'arte, che frequentava. In quegli anni terribili per l'Europa, come sappiamo, vari intellettuali e artisti di area germanica-austriaca trovarono rifugio in America, dove non se la passavano poi tanto male.
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