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La visione di un fiore
Hara Tamiki nacque ad Hiroshima nel 1905 ed alla bomba atomica sopravvisse, nell'agosto del 1945. Gia' fortemente segnato l'anno precedente dalla scomparsa dell'amata moglie, il dramma atomico delineo' il destino letterario di questo scrittore e poeta che decise di impiegare le sue opere nella divulgazione di cio' che avvenne quel giorno maledetto. La traduzione dei suoi libri in italiano e' misera e si limita purtroppo al qui presente L'ultima estate di Hiroshima, un estratto dall'opera completa curata da Kenzaburo Oe in cui il Nobel ha raccolto tutta la produzione di Hara Tamiki successiva allo scoppio.
Il breve volume include tre tra i suoi piu' famosi racconti , che di fatto potrebbero essere un unico testo vista la continuita' temporale proposta.
"Preludio alla devastazione" ci offre pagine di quotidianita' di una Hiroshima ancora inconscia del suo imminente destino, pagine di routine di uomini e donne in guerra, tra i bombardamenti e lo sfollamento. Due pulcini cantano nel misero pollaio, i raggi del sole incidono il terreno. La pace di un giorno qualunque di guerra; quaranta ore e loro non sanno, non sanno che esplodera' la prima bomba atomica della storia.
Il secondo racconto "Fiori d'estate" esordisce con un uomo sulla tomba della moglie, fiori di campo, incensi profumati e acqua sulla pietra rovente. Poi un boato, una luce tremenda, emergere delle macerie e scoprire che non esiste piu' nulla. Vagando nella citta' distrutta e contaminata, spettri umani, morti viventi.
Infine " Dalle rovine" ci lascia a tu per tu con una persona diversa, quasi nata su questa terra assieme all'atomica. Dopo i corpi straziati dal fuoco, e' tempo dell'assassinio radioattivo.
Prosa semplice eppure d'effetto, Hara Tamiki in così poche pagine emoziona, la sua testimonianza diviene missione, si percepisce una vena fortemente intima e personale pulsare tra le righe.
Come ho iniziato concludo, con un appiglio alla biografia dell'autore. Terminato di scrivere la missione che aveva nel cuore, disperato e forse rasentando la pazzia, egli ritenne di non riuscire a continuare senza la sua amata moglie, all'alba della guerra di Corea, incapace di convivere con le mostruosita' dell'uomo . Si suicido' il 13 marzo del 1951 a Tokyo.
A Hiroshima i suoi lettori lo ricordano con un epitaffio, scitto sul granito accanto all'unico edificio il cui scheletro resistette a Little Boy :
"Inciso nella roccia tanto tempo fa
Perduto nelle sabbie mobili
Nel centro di un mondo che si sgretola
La visione di un fiore"
Delicato, drammatico, quasi confidenziale, di mole poco impegnativa. Io consiglio, buona lettura.
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Commenti
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lo leggerò sicuramente
Sì e' meno impegnativo di altri, pero' e' una testimonianza molto sentita, seppur scritta in narrativa e non come reportage.
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Il tema per quanto tragico mi ha sempre attratto, sicuramente tra i miei prossimi acquisti.