Dettagli Recensione
La bellezza del dubbio
Fisica e metafisica: le due dottrine a cui il grande Aristotele dedicò gran parte della sua filosofia. Riteneva la fisica “l’essere in movimento”, mentre la metafisica “l’essere in quanto essere”.
Cosa sarà mai, dunque, l’essere in quanto essere della Nothomb? Un tubo. Anzi, Dio tubo, per la precisione. Identificandosi come Dio, l’autrice descrive i suoi tre primi anni di vita trascorsi nel suo amato Giappone, partendo proprio dal momento della sua nascita, in cui era un qualcosa di immobile, apatico, vuoto e insensibile come… Un tubo, per l’appunto, passando dopo i primi due anni ad una fase instabile nella quale, urlando, esprimeva la sua rabbia contro il mondo, per il semplice fatto di non riuscire a comunicare con esso per rivelargli la propria onnipotenza, fino alla scoperta del piacere (grazie all’assaggio di una barretta di cioccolato) che la convincerà ancora di più, nella sua ingenua e infantile mente, di essere Dio, a cui tutti devono obbedienza e rispetto.
Dopo questo incipit oltremodo contorto e assurdo, Amelie alcuni eventi di questa fanciullezza divina (letteralmente), evidenziando notevolmente il proprio amore per la terra nipponica e il rapporto con la sua famiglia, in particolare con l’amatissima governante Nishio-san.
Non mi piacciono né le biografie né le autobiografie, in quanto, secondo me, lente, non coinvolgenti ed entusiasmanti quanto un romanzo, ma insomma… Amelie Nothomb è la mia scrittrice preferita! La mia dea. Il mio idolo. Il mio mito. Amelie è Amelie. Per cui, ho letto “Metafisica dei tubi” in nome dell’amore smisurato che nutro nei suoi confronti. Quindi l’amore mischiato all’odio durante la lettura… Beh, anche se non del tutto, mi hanno fatto apprezzare questo libro.
Fin dalle prime pagine si entra in un piacevolissimo ed etico stato di confusione pressoché totale: “perché è così, perchè lei pensa così, perché dice di essere Dio, perché un tubo, perché Dio tubo, perché, perché, perché”….
La cosa che più mi è piaciuta è che qui l’autrice non si limita soltanto a raccontare episodi della sua infanzia e ad entrare in un modo impeccabile, quasi perfetto, nella propria psiche di bambina di due anni, ma inserisce, nella psiche stessa, tutta la sua filosofia, morale ed etica. “Ma come fa una bambina di tre anni a pensare tutte queste cose complesse?” è lecito chiedersi. Quanta verità c’è, quindi, in questi ricordi infantili? Sono accaduti veramente o sono frutto della fantasia della Nothomb? Non si sa.
Mi piace denominare quest’aspetto “bellezza del dubbio”: più una cosa è strana, segreta e misteriosa, più mi affascina. Perché svelare e spiegare tutto? Certe volte, come in questo caso, dubitare crea uno spazio maggiore per l’immaginazione del lettore, rende ancor più partecipi della vicenda e, perché no, si può perfino diventare artefici stessi di un ipotetico seguito, anche se non ufficiale.
Naturalmente vi sono pure racchiusi aneddoti, parecchi molto noiosi e poco interessanti, lo ammetto, che è facile credere che siano veri, perfino commoventi o estremamente comici, dato che sono pur sempre intrisi dell’infantile ingenuità e fantasia spropositata di una bimba di tre anni.
Concludo questa recensione imprecando contro la mia Amelie perché, per colpa dei suoi libri bellissimi ma dai contenuti intensi e complessissimi, faccio sempre una fatica immane a recensirli.
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Commenti
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:-D
Sí, prendilo cub! Ne vale la pena, anche se per me non è fra i belli di Amelie :-)
@Pia: idem, tranne con il cioccolato fondente! X-(( Bleah, quanto odio il fondente.... XD
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