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Il fuoco che ti porti dentro
 
Il fuoco che ti porti dentro 2024-08-09 14:34:21 Mian88
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mian88 Opinione inserita da Mian88    09 Agosto, 2024
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Madre e figlio

«[…] Nei tranquilli anni in cui vivevamo lontani e mi chiamava all’alba, non dovevo fare altro che dire ciao, appoggiare la cornetta al cuscino, continuare a dormire mentre il flusso del suo discorso scorreva come acqua da un argine rotto, e salutarla quando finiva. A chi non credeva fino a che punto potesse spingersi la sua furia monologante ne dimostrai la portata durante un viaggio in auto. Angela chiamò, io risposi mettendo il telefono in vivavoce, poi guidai tranquillo e concentrato sulla strada per almeno mezz'ora senza pronunciare verbo e senza che quel rovescio di sillabe si
arrestasse un attimo.
Angela sente e segue solo il ronzio dei suoi pensieri, delle ossessioni che la tengono desta, che la scuotono e pungolano i suoi giorni e le notti che sempre più tendono a confondersi, a scivolare gli uni nelle altre trasformandosi in uno stato perenne di dormiveglia.»

Avvicinarsi a “Il fuoco che ti porti dentro” di Antonio Franchini significa avvicinarsi a un romanzo dalle tinte anche del memoir e che ripercorre il difficile rapporto tra una madre e un figlio. Angela, la madre, non è mai stata una donna semplice. Tra queste pagine il rapporto viene analizzato in ogni sfaccettatura, viene rivissuta l’infanzia dello scrittore, riflettiamo sul nostro Paese di ieri ed oggi, su a Napoli, torniamo a Milano dove la madre anziana è stata trasferita dopo la vedovanza.
Angela è una donna incomprensibile quanto imprevedibile, una donna dal carattere pesante, insopportabile, livoroso, aggressivo e violento, è capace di furie istantanee non motivate, di insulti ai suoi stessi figli ed è una donna con una visione del mondo pessimista, razzista e piena di tanti luoghi comuni talmente scontati e talmente bassi che ne dimostrano tutte le limitazioni.
Non ha amici, è nata in provincia di Benevento e poi si è trasferita a Napoli, la città dai mille volti e le mille energie. Studentessa di liceo classico, studentessa universitaria, donna tipicamente meridionale, si sposa con un uomo più grande di un’altra classe sociale e da cui avrà tre figli (Antonio e due bambine). Su questi ultimi riversa tutta la sua rabbia, tutto il suo carattere astioso, tutte le sue angherie.

«[…] Non sa dimostrare l’amore e non sa farsi amare.
L’amore è il cruccio di tutti, ma sempre nel senso delle forme assolute: quella, puramente attiva, dell’amare, e l’altra, perfettamente passiva, dell’essere amati.
Del dimostrare amore nel modo più giusto e del farsi amare, cioè dei modi del sentimento, non della sua essenza, non si preoccupa nessuno. Gentilezza e tenerezza sembrano l’elemosina, la declinazione degradata delle passioni.
Ad amare come viene sono buoni tutti, e anche chi ama senza essere riamato trova consolazione in questo sacrificio, ma chi è incapace di risvegliare attorno a sé le forme minori dell’amore conduce una vita aspra e non sa perché.»

Il testo è avvalorato dal napoletano, un dialetto che dona alle pagine ancora più autenticità. Il fulcro dello scritto è e resta lei, la madre, ma man mano che andiamo avanti conosciamo anche le dinamiche che hanno caratterizzato la famiglia, dal rapporto coniugale asimmetrico sino all’odio per la sorella del marito, Anna, per i vicini di casa, per gli amici e i figli. La personalità della donna è estremamente incisiva e sarà soprattutto la figlia più piccola a far leva e a far le spese di questo carattere così livoroso.
Anche quando lo scrittore sarà adulto e la donna si trasferirà a Milano da “o’ scrittore”, le cose non miglioreranno perché mai lei ammetterà di essere orgogliosa di quel figlio.
Tanti i personaggi che si susseguono tra le pagine, dal padre sino allo zio Francesco, e che donano ancora più profondità allo scritto. Un romanzo dove ciascun volto ruota attorno alla figura di una donna che sopraffà e schiaccia con la sua disperazione.
Un testo che offre tanto, non sempre semplice da leggere per il profondo uso del gergo napoletano ma che invita alla riflessione soprattutto sulle dinamiche umane e familiari.

«[…] Eppure noi sappiamo che cos’è, in realtà, questo lungo, occulto bisogno dell’approvazione di un genitore, fosse pure un mostro, avvinto a noi più strettamente proprio in ragione della sua mostruosità; conosciamo questo senso d’inadeguatezza che non si placa, questa ricerca di un cenno di approvazione da parte di chi ci opprime…»

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Commenti

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Interessante recensione, Maria.
Un libro a sfondo autobiografico, dunque.
Fin da subito ho trovato scostante la copertina. Ora intuisco che può essere confacente alla protagonista del testo.
L'opera è in cinquina al Campiello : con quale esito, vedremo.
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