Dettagli Recensione
Un'intellettuale lucida e appassionata.
Michela Murgia, sentendo ormai avvicinarsi la fine, detta all'amico editor Beppe Cottafavi le sue ultime note autobiografiche, una specie di sintesi della sua vita, un testamento sociale e politico riarrangiato e riordinato poi dal "figlio d'anima" Alessandro Giammei, professore di letteratura italiana a Yale. Sono pagine coraggiose e commoventi, pubblicate in ordine non strettamente cronologico. Ha sempre lottato, Michela, figlia di una terra aspra e difficile, contro tutto e tutti. All'inizio, a Cabras, paese natale, contro un padre violento, poi contro il bullismo in un liceo di Oristano, tanto da costringerla ad andarsene da casa, ospite di una zia: si iscriverà ad una scuola religiosa, laureandosi in teologia e diventando addirittura vicepresidente regionale dell'Azione Cattolica. E' attirata da letture del Vangelo e della Bibbia, insegnerà religione nelle scuole: il suo è un cattolicesimo laico, lontano da riti e consuetudini ecclesiali, abbandonerà l'insegnamento quando si scontrerà con il cardinale Ruini e l'istituzione del Family Day e soprattutto quando un altro cardinale la sconsiglierà, impedendole di fatto, di commentare e far leggere in classe "L'ultima tentazione di Cristo" di Kazantzakis, che parla di un Gesù nuovo, non risorto ma sceso dalla croce per evangelizzare. Quanti contrasti nella vita di Michela e quanto coraggio ! Ma l'ambizione più forte è la scrittura, per comunicare le sue idee, per esprimersi e ribellarsi. Comincerà con un blog, facendosi notare, sbarcando il lunario poi con i lavori più disparati: impiegata in una centrale termoelettrica, cameriera,, portiera notturna in un hotel di montagna, grafica, portando alla luce in un suo primo libro ("Il mondo deve sapere") le anomalie e le sopraffazioni esercitate su chi lavora e poi in un secondo ("Accabadora") l'assurdità del cosiddetto accanimento terapeutico, prendendo spunto anche dal famoso caso di Eluana Englaro tenuta in vita collegata ad una macchina per 17 anni. La Murgia ha avuto anche il coraggio di presentare una sua lista alle elezioni in Sardegna, una specie di terzo polo, ingiustamente non ammesso: sarà l'occasione per abbandonare definitivamente la sua terra e trasferirsi sul continente, dove avrà modo di continuare la carriera di scrittrice rivoluzionaria e dirompente. Lotterà contro ogni ipocrisia, diffonderà la sua idea di famiglia "queer", istruirà ed aiuterà i suoi prediletti "figli d'anima", prodigandosi oltre ogni limite, nonostante la terribile diagnosi di cancro che, nonostante le terapie, l'avvicinerà alla fine della sua tormentata e difficile vita terrena.
Nel libro, oltre alle note biografiche, c'è molto altro. Ad esempio, la passione per la lettura e l'affermazione che il Vangelo è stato "il libro più influente" della sua vita, unitamente ad alcune letture bibliche ( "da leggere tra le righe e negli anfratti") e ad altre opere: i libri di Carolina Invernizio (ingiustamente definita da Gramsci una "onesta gallina della letteratura" !), di Umberto Eco, di Stephen King e dell'incompreso scrittore sardo Giulio Angioni. Non mancano i suoi apprezzamenti per l'opera lirica (definita "spettacolo ricco ma non per ricchi", considerando le trame) , le considerazioni sul suo fidanzamento di breve durata con un affermato tenore, le opinioni sul mondo della moda, sul calcio, la sua ammirazione per un santo poco conosciuto, Piergiorgio Frassati, il suo incontro con il papa. Non mancano neppure riflessioni sull'attuale politica, sulla memoria corta degli italiani e su quel lento e strisciante muramento della politica stessa, che la Murgia denomina "democratura", intendendo col termine la progressiva affermazione di un regime dittatoriale attraverso la democrazia. Un capitolo è dedicato alle straordinarie caratteristiche della lingua coreana e ad un complesso di cantanti coreani, i BTS, straordinari, di esempio per tutti, e non solo per le canzoni.
Non potevano mancare pagine affettuose nei confronti del dialetto sardo, con esempi di esclamazioni e modi di dire singolari ed efficaci, volutamente iperbolici e in molte occasioni espressi con un linguaggio "catastrofico".
Michela Murgia si prepara ad andarsene per sempre. Ha fatto il suo dovere, ha lanciato i suoi messaggi, con passione e coraggio: ha preso nettamente posizione contro ipocrisie, malversazioni, soprusi, abusi e bugie, contro il maschilismo imperante in difesa dei diritti delle donne, riscuotendo applausi e consensi. Non ha avuto paura di essere criticata, correndo spesso tenacemente da sola contro sistemi collaudati da collusioni e omertà: è stata a suo modo felice, convinta dell'onestà delle sue idee, convinta di "aver detto quello che doveva dire" e di "aver scritto quello che nessun altro aveva il coraggio di scrivere".
Da cristiana laica, si chiede alla fine se esista un aldilà: non ha una risposta, confidando in una "ulteriorità" che , come afferma, "perfezioni le cose che non riesco a vivere con pienezza". Una speranza, insomma, in un futuro migliore, per il quale ha speso tutta la sua vita.
Concordo con Alessandro Giammei, suo "figlio d'anima" e curatore editoriale delle sue opere, che, nella postfazione, scrive: "leggere questo libro "liberatorio" sarà necessariamente doloroso per diverse persone, ma sarà altrettanto divertente, illuminante, addirittura esaltante".