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Il coraggio di amare sempre la vita.
La vincitrice del Premio Strega 2023 non c’è più
Una malattia devastante l’ha portata via, dopo
sei anni di sofferenze, di ansie, di timori, soprattutto per la figlia Daria. Il romanzo è la storia tormentata di due personaggi, madre e figlia. La madre scopre nel 2017 di avere un tumore e di dover intraprendere un percorso traumatizzante, con terapie pesanti, ai limiti della resistenza fisica, un percorso fatto di radio e chemioterapia, affrontato con coraggio e con la rabbia di chi vuole sconfiggere il male non tanto per la propria sopravvivenza, quanto per proteggere una creatura fragile. La figlia, nata nel 2005, ha una grave disabilità, non evidenziata per incuria medica da indagini prenatali: una alterazione genetica, rarissima, le ha causato una oloprosencefalia semilobare, un difetto nella separazione degli emisferi cerebrali con evidenti malformazioni che le impediscono di reggersi in piedi, di parlare, di vedere. Madre e figlia: il destino che le accomuna le unisce anche nella diuturna lotta contro la malattia, lotta che si nutre di fugaci speranze, di risultati inattesi, di lampi di luce. La lotta è per la vita, inseguita quasi con ferocia da una madre che non si arrende e che proprio quando si smarrisce e perde lentamente le forze trova nella propria cocciuta determinazione la forza di proseguire. Ada lotta per la vita, sua e della figlia, e riesce a far breccia nel cuore dei lettori: lei, danzatrice di professione, ha perso tutto ma resta aggrappata all’affetto per Daria, alla quale si sente unita in modo inscindibile.
La paura, la sensazione di non farcela, il timore di un avvenire oscuro e pieno di incognite si trasformano, pagina dopo pagina, in amore profondo: un amore che cresce, totalizzante, quasi il voler fondersi in un abbraccio senza fine con il corpo della figlia, per trasmetterle quello che la sorte le ha tolto, movimento, sentimenti, sicurezza, coscienza di sé.
Ada rivela però anche la sua sofferenza, esplicitandola in una lettera che invia a Corrado Augias e che viene pubblicata su Repubblica. Una lettera “uscita d’impeto dal petto come un grido”, e che rivendica la scelta dell’aborto terapeutico, una scelta dolorosa che va garantita: “ io adoro la mia meravigliosa figlia imperfetta”, ma , sostiene Ada, voglio rivendicare un diritto sacrosanto, contro ogni ipocrisia e falsi moralismi.
Leggo di un critico letterario che non approva il premio Strega 2023 per Ada d’Adamo, ritenendo altri libri della cinquina più meritevoli. Vorrei osservare che il premio è letterario, che viene giudicato uno scritto e non un congegno meccanico, con tanto di formule e numeri, e che la storia narrata, storia di due esseri umani condannati uno ad una fine annunciata, l’altro ad una vita di drammatica disabilità, non poteva non essere premiata, con il cuore e con la mente.
Il libro di Ada d’Adamo rappresenta l’incontro con una verità drammatica, un libro che, secondo il critico Riccardo Piazza (www.la paginabiancadocx.com) dovrebbe essere relegato in uno scaffale alto della libreria, nascosto, perché rappresenta una dolorosa spina nel fianco, una Verità che non ci appartiene, che turba, un inciampo nel nostro cammino: “diverrebbe il monito di chi, con le sue parole e le sue azioni, ha dimostrato la verità del dolore … e toglie il lieto fine all’idea favolistica che abbiamo della vita”.
Grazie Ada, per quello che ci hai dato. Riposa finalmente in pace.