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Il padre che non vorrei
Un libro assai scomodo; un racconto 'di formazione', disagio e sofferenza.
Autobiografico tanto da non mutar neppure i nome dei famigliari; padre compreso, autoritario e inquisitore, noto designer di successo che diffidava il pargolo dal frequentare 'imbecilli' , intendendo con questo la maggior parte della gente.
L'Io-narrante indaga nella propria infanzia 'sanguinosa' e nella mesta adolescenza.
"I miei genitori, per motivi ideologici, non hanno mai avuto né automobile né televisione", dice. Per il padre, marxista-leninista, televisione significava America. E tanto basti.
La madre, anche lei disegnatrice, "transfuga dal ceto borghese", aveva praticato scalate in montagna con Dino Buzzati e addirittura Walter Bonatti.
Non ci furono rotture con le rispettive famiglie, ma si disfecero dei valori con cui vennero educati, senza costruire nulla in cambio se non adesione ideologica, il padre ; lei invece era sempre 'oltre' .
Una madre, fatta di talento e intelligenza, "ma talmente autodistruttiva da diventare (...) una perfetta macchina di dolore" .
Col padre andò molto peggio : svilimento e umiliazione; un figlio mai all'altezza, se non per l'eccezionale quoziente intellettivo proclamato da un test con 300 coetanei. Poi grossolana invadenza in campo sessuale : lo voleva aridamente 'maschio', tanto da abbassargli la figura femminile a un ammasso di carne.
L'autore ha certamente qualcosa da dire, ha parecchio talento, non divaga. Mostra le ferite ma non si accascia, non teme di presentarsi in tutte le sue fragilità, di 'denudarsi' in tutti i sensi.
La scrittura, coi suoi barocchismi, è originale e non ostentata, ma andrebbe ripulita di qualche eccesso.
Indicazioni utili
narrativa contemporanea
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