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Il pane perduto
 
Il pane perduto 2021-08-16 14:00:06 Mian88
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mian88 Opinione inserita da Mian88    16 Agosto, 2021
#1 recensione  -   Guarda tutte le mie opinioni

Prima, durante, dopo.

«E come il male feconda il male, così dal bene nasce il bene.»

Una realtà che muta dalla mattina alla sera, una famiglia che, come molte altre, subisce della Storia e del suo incedere. Che nulla risparmia, che nulla perdona. Una Edith Bruck bambina che abbandona il suo pane in quel villaggio tedesco e che inconsapevolmente sta per affrontare una delle prove più impensabili che la vita può sottoporre: la deportazione.
Gli anni sono trascorsi ma quella pagina del vivere e del vissuto è rimasta. Indelebile, incancellabile. E proprio per non dimenticare, per non farsi prendere gioco dalla memoria che può sfumare, ecco che alla carta vengono affidate quelle stesse memorie di sopravvivenza e dolore. Un “prima” e un “durante” che ci accompagnano per un “dopo” che rappresenta la parte prevalente dello scritto. Perché cosa significa essere sopravvissuti? Come convivere con quella sopravvivenza? Come colmare il proprio vuoto dentro e trovare quella che è la propria casa?
Un diario che, come tale, è scritto, che è avvalorato da una penna semplice e fluida, priva di qualsivoglia tecnicismo o artifizio letterario, depurata da tutto quel che non è sostanza e che in tal senso giunge ai conoscitori, un diario che ricostruisce un tassello del nostro passato, è “Il pane perduto”. È un elaborato che si esaurisce in poche ore, che sorprende per la rapidità con il quale è letto, che raggiunge per la riflessione che solleva. Soprattutto sul tema delle radici. Forse un poco troppo piccolo, forse un po’ troppo semplice nello stile. Ad ogni modo da leggere.

«La guardia con il fucile e il forcone, arrivando, aveva giurato che avrebbe spaccato la testa di chi si fosse trovato laggiù; lo aveva già fatto, sottolineava, con un altro trasporto di maledetti e il mio cuore era già impazzito dalla paura, ma la testa ragionava più che mai e la vita, in qualsiasi condizione, era più forte, più cara e mi nascosi sotto una grande botte vuota. La guardia inutilmente la colpì più volte con le punte del forcone e se ne andò. Quando i suoi passi si allontanarono, piano piano, sgusciai fuori e risalii alla vita.»

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Lo stile è "semplice" perchè questo ultimo lavoro in particolare nasce da dettatura del contenuto ad altre persone del mondo editoriale e giornalistico che hanno prestato gli occhi ad Edith, perchè giunta all'età di novant'anni ha quasi perduto la vista.
Sicuramente è un testo documento- testamento che va apprezzato per il valore e per l'ennesimo sforzo della memoria di riportare alla luce un passato doloroso.
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