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Memoria e tempo
Sono trascorsi quasi trent’anni da quei giorni passati nel freddo gelido russo. Sono trascorsi quasi trent’anni da quel viaggio, un viaggio che adesso ha bisogno di essere ripercorso, che lo chiede a gran voce negli echi della memoria. Ecco perché quello che ha inizio non è soltanto un viaggio nello spazio ma anche nel tempo, un percorso a ritroso in cui non c’è spazio per rancori, non c’è desiderio di rivalsa. È al contrario un cammino fatto come atto d’amore, fatto con la volontà unica di riappacificazione con gli uomini, con la storia, con la follia, con quel che è stato.
Un percorso fatto di otto racconti ciascuno dei quali estremamente significativo ed evocativo. Mario Rigoni Stern prende per mano il suo lettore e lo riporta nei luoghi della guerra, della prigionia. Ma non si ferma a ciò. Perché se ne “Il sergente nella neve” il narrato focalizza la sua attenzione su quelli che furono i giorni nelle trincee e quelli che furono al contrario i giorni del ritorno quando la morte bussava alla porta e mieteva vittime senza limiti e senza remore, qui a parlare sono i giorni della guerra dentro la guerra, del dopoguerra, della lotta partigiana, del ricominciare a vivere dopo che il vivere è stato schiacciato da un mostro più grande chiamato conflitto.
Pagina dopo pagina conosci un autore diverso rispetto a quello che avevi conosciuto nella prima opera. Lo accompagni nel suo viaggio in modo diverso, siete soltanto tu e lui. Scopri, forse davvero per la prima volta, quel luogo non luogo che si è cristallizzato nella mente, anche confusamente, e semplicemente lo rivivi.
Anche in questo caso emerge una profonda empatia, una comunione spontanea di emozioni e sentimenti. C’è uno spirito di condivisione che è mosso dal senso di appartenenza a uno spaccato e che ha unito vite e anime per mezzo di una realtà storica che non deve essere in alcun modo dimenticata.
Una raccolta più intima, più emozionale, più emotiva. Un titolo che emerge attraverso la voce di un uomo semplice che scandaglia l’io e che si guarda dentro ma che al contempo è in pace. Un narratore che ha avuto il coraggio di affrontare i suoi mostri, che ha desiderio di ricordare a chi ha accanto cosa significhi il tormento ma anche il ritornare a vivere dopo un patimento disumano.
Coinvolgente, appassionante, viscerale.
«Ecco, sono ritornato a casa ancora una volta; ma ora so che laggiù, quello tra il Donetz e il Don, è diventato il posto più tranquillo del mondo. C'è una grande pace, un grande silenzio, un'infinita dolcezza. La finestra della mia stanza inquadra boschi e montagne, ma lontano, oltre le Alpi, le pianure, i grandi fiumi, vedo sempre quei villaggi e quelle pianure dove dormono nella loro pace i nostri compagni che non sono tornati a baita.»
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