Dettagli Recensione
Sguardi e volti
«Come se non bastasse un niente a far scattare il destino, a far finire tutto. Perché finisce tutto, non rimane niente. È il niente che mi uccide, che mi ha condotto a questo presente vuoto. Dovrei solo smettere di chiedere, cercare, dovrei solo far finta di non cogliere ovunque l’assenza di qualcosa, qualcuno.»
TocToc… COR-NU-TO.
Un bambino con i suoi occhi curiosi. Un adulto che si affida a quello scambio e che si sente un mezzo uomo. Un mezzo uomo che è alla ricerca della sua rinascita, che ha errato, è caduto, ha cercato di rialzarsi ma continua a cadere. Sino a quel lavoro in quella cooperativa in quell’ospedale, in quel luogo dove la sua sensibilità è specchio di altre sensibilità, è catalizzatore di un connubio di dolore, perdita, sofferenza, speranza, desiderio di rinascita e di resurrezione. Daniele ha venticinque anni quando si risveglia dopo una dimenticanza e con lo scopo di limitare questo suo status mentale al sabato e alla domenica, perché Daniele ha un lavoro a cui tiene e dei colleghi ai quali è affezionato. Non può sprecare tutto, non può perdere questa occasione che ha avuto. Anche se questo significa far le pulizie in un luogo di cura dove a perire e a soffrire sono i bambini.
«In questi mesi ho imparato che non esiste ruolo, nascita, appartenenza capace di rappresentare un essere umano nella sua interezza.»
Anche se questo significa dover affrontare il suo nuovo nemico, quello che ha sostituito le sostanze stupefacenti e che adesso si chiama alcol. Un bicchiere di bianco, grazie. Un altro, per cortesia. Eccola, la dimenticanza, ecco che arriva il vuoto e il dolore se ne va, ecco che il dolore è catturato dall’oblio di un tempo non-tempo in cui nulla ha senso e alcunché ha valore.
«La solitudine parte da dentro, può voler dire stare con il mondo intero oppure l’esatto contrario, sentirsi in un sarcofago dove ci si è chiusi, inchiodati da dentro. E io così mi sono sentito per tanto tempo.»
TocToc… COR-NU-TO. No, COR-NU-TO sarai tu per tre.
Occhi che osservano, occhi che si spengono. La malattia che prende il sopravvento, la fragilità che spezza. L’animo umano e quella sensibilità che prevalgono su tutto. Come tirar fuori quel che dentro non trova modo di uscire? Come trasformare il provato in parola scritta? Come realizzare quell’idea che così tanto sembra irrealizzabile e sciocca e che tuttavia sciocca non è? Come riuscire a ritrovarsi quando ci sentiamo perduti anche se mai ci siamo veramente persi a noi stessi?
«Sull'acqua in movimento, torbida al colmo, scura come il cielo senza sole che in questo istante sovrasta tutto, mi vedo riflesso, portato via dall'acqua eppure sempre presente a me stesso. L'acqua scorre, trascina, ma io sono sempre qui.»
TocToc. Resterai sempre nel cuore. Tu e il tuo animo gentile, tu e il tuo bussare per entrare per poi sempre restare. Sei casa e sempre lo sarai in quel ricordo in cui vivo sosterai.