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La febbre che non và più via
Questo romanzo autobiografico parla, naturalmente, dell'autore Jonathan Bazzi che è nato a Milano nel 1985. Cresciuto a Rozzano è laureato in Filosofia. Appassionato di tradizione letteraria femminile e questioni di genere, ha collaborato con varie testate e magazine, tra cui Gay.it, Vice, The Vision, Il Fatto.it. Alla fine del 2016 ha deciso di parlare pubblicamente della sua sieropositività con un articolo (“Ho l’HIV e per proteggermi vi racconterò tutto”) diffuso in occasione della Giornata Mondiale contro l’AIDS.
Questo romanzo è stato incluso nella rosa finale del Premio Strega, che da cinquina è diventata per la prima volta nella sua storia, sestina per via di una clausola del regolamento che dice che se nella cinquina di nomi non compare un libro di una casa editrice piccola e/o indipendente, bisogna appunto aggiungerlo. Così è successo con Febbre, arrivato sesto e primo libro non mainstream in quanto edito dalla casa editrice Fandango.
Il libro racconta la storia di Jonathan che dopo aver accusato un malessere febbrile e aver fatto tutti gli esami del caso, scopre di essere sieropositivo. Il libro si dipana tra ricordi più lontani della vita dell'autore e ricordi più vicini, di come ha affrontato il tema della malattia quando ha scoperto di avere l'HIV.
Assistiamo ad una caduta agli inferi, anche se l'autore, ci tiene spesso e volentieri a farci sapere che non ha problemi ed è già sceso a patti con la malattia quando, andando avanti con la lettura, capiamo che il problema si trasforma in depressione e apatia. Che il problema di avere una malattia "potenzialmente" mortale, si trasferisce nell'inconscio e da lì, con una somatizzazione dei sintomi puramente psicologica.
Il racconto è lento all'inizio ma si rianima verso la fine del libro però, seppur trovando la storia degna di essere raccontata e seppur io abbia più volte provato emozioni forti durante la lettura, non ho trovato quel quid particolare che ho trovato per esempio nel libro di Daniele Mencarelli, anch'esso autobiografico e che quindi il mio voto non possa essere più di tre stelle e mezzo.
Ammiro molto Jonathan e il suo coraggio, la sua discesa e la presa di coscienza verso la sua malattia e la forza d'animo dimostrata nella risalita dal momento della brutta scoperta al momento della rivalsa, cioè l'essere in finale al prestigioso Premio Strega, il più importante premio letterario italiano e tra i più importanti internazionalmente.
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