Dettagli Recensione
A Sparta non nascono poeti
Spesso nella letteratura si sente la mancanza della verità. Cos’è la verità? Oggi non ne parla più nessuno,le ultime discussioni sulla verità nell’arte devo averle trovate in qualche romanzo di Dostoevskij. La verità è quello che rende una storia convincente e viva anche quando non è autobiografica. Spesso scaturisce da una sensibilità particolare dell’artista affinata dalla sofferenza. Magari deriva dalla forza d’animo (più che dalla forza di volontà) dell’artista che riesce a tirare fuori il bene dal male usando il male come concime di una realtà nuova e nascente del tutto positiva come potrebbe essere la sua opera e non solo. Questo tipo di letteratura riesce a illuminare la realtà grazie al suo sguardo più profondo che accende un faro nella notte. Susanna Tamaro con questo romanzo così vero e autobiografico, in molti momenti commovente, ci fa entrare senza enfasi, con uno stile sincero ed essenziale, nella sua vita, nel disagio dei rapporti difficili con il padre e il patrigno, nella sua difficoltà nelle relazioni interpersonali dovute all’ asperger. Questa difficoltà a stringere relazioni superficiali, è però compensata da poche amicizie bellissime tra cui quella con il poeta Pierluigi Cappello e dal suo profondo rapporto con Dio. Susanna ha una visione della vita e del valore della sofferenza molto vicino a quella cattolica ma che nasce non dalla sua religiosità ma dalla sua sensibilità, in modo indipendente dalla sua fede. Vede le cose in modo diverso dalla società che scarta e consuma. Susanna invece ricicla ogni cosa: sofferenza, malattia, prende bambini in affido, ha amici disabili. Dovendo trovare un difetto (perdonabilissimo) a questo libro è l’enfasi del finale che guasta un po’ la scrittura essenziale e precisa. Io forse avrei tolto gli ultimi due capitoli. Mi sarebbe piaciuto una chiusa che non pretendesse di spiegare troppe cose ma che lasciasse pensare come il sasso tirato nell'acqua.