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Città sommersa
 
Città sommersa 2020-06-02 16:45:37 luvina
Voto medio 
 
2.3
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
2.0
luvina Opinione inserita da luvina    02 Giugno, 2020
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L. B.

“Città sommersa” è il romanzo d’esordio di Marta Barone entrato nella dozzina del Premio Strega 2020. Con un genere molto in voga ultimamente, quello dell’autofiction, l’autrice ricostruisce la vita del padre, Leonardo Barone, con una ricerca fra vecchi documenti e foto ma soprattutto attraverso i ricordi e i racconti delle persone che a lui furono vicine. Il romanzo è diviso in tre parti, a mio avviso non ben armonizzate fra loro; nella prima parte viene svelato il titolo del libro che si rifà al mito della città sommersa di Kitez, e scopriamo la Barone giovane ragazza alle prese con un trasloco a Milano ed è tutta una descrizione delle sue passeggiate per la città.
Ad un certo punto, per volontà dell’autrice, la figura del padre muta in personaggio e verrà chiamato L.B. per quasi tutto il libro. Questo è uno dei particolari che rendono priva di empatia questa storia, non si sente L.B. come un personaggio, non si entra in sintonia con lui pur essendo una bella figura, sempre coerente nella sua umanità. Nel dicembre del 2013, a più di due anni dalla morte del padre, l’autrice scopre in alcune vecchie carte la memoria difensiva per un processo a carico di Leonardo Barone per partecipazione a banda armata; scopre un uomo e delle persone che non conosceva e decide di ricostruire quella parte di vita del padre che non le è mai appartenuta, quella prima di lei nella quale la storia personale di L.B. si incrocia con la Storia italiana degli anni ‘70, quella degli anni di piombo. Da qui scoprirà molte cose su L.B., l’appartenenza al Pcim-l meglio conosciuto come “Servire il popolo”, il suo essere stato un medico prima ed un operaio della Fabbrica poi, l’essere venuto a contatto con elementi di Prima Linea e aver cercato di salvare giovani dalle sirene della lotta armata. La seconda parte del libro è quella più giornalistica dove viene raccontata la violenza di quegli anni a Torino, l’egemonia di Prima Linea in quella parte d’Italia attraverso gli episodi di terrorismo che ne hanno funestato le strade. In questa parte del libro Torino è protagonista nel bene e nel male con la sua bellezza, i suoi viali ma anche con l’estrema disagiata periferia e con alcuni luoghi tristemente famosi come il bar dell’Angelo.
La terza parte è quella in cui Marta Barone si avvicina alla figura paterna partendo dalle origini pugliesi di L.B. e quindi ci racconta del viaggio intrapreso per ritornare a Monte Sant’Angelo per scoprire la sua storia. Sono molti i punti di “Città sommersa” che mi hanno lasciata perplessa a cominciare dal senso che l’autrice vuole trasmettere con questo libro, non si capisce se vuole essere un memoir, un diario, un resoconto degli anni di piombo, l’impressione che ho avuto è che sia un insieme disomogeneo di ricordi, perlopiù di conoscenti o estranei, e di racconti in stile giornalistico degli anni di piombo. Non aiuta la comprensione un filo temporale non lineare che saltella tra passato e presente e nemmeno lo spostamento continuo dell’azione tra Milano, Torino ma poi anche Roma, Bologna, Monte Sant’Angelo e altri luoghi, nemmeno il finale che risulta affrettato ed incomprensibile quasi che l’autrice non sapesse come chiudere il libro. Un’altra perplessità l’ho avuta per la scelta che a me è risultata oscura, di cambiare i nomi dei protagonisti di quegli anni di piombo, degli appartenenti a Prima Linea, dal momento che ormai la giustizia ha fatto il suo corso e i fatti sono acclarati, sembra quasi che pur raccontando la cronaca non ci si voglia sporcare fino in fondo ed in questo caso si tradirebbe la vita di L.B. che quegli anni e quegli eventi li ha vissuti sulla propria pelle. Ho percepito in tutto il romanzo come un senso di colpa non apertamente dichiarato che probabilmente scaturisce dal cattivo rapporto che la Barone aveva con il padre e forse dal non aver mai voluto approfondire la sua conoscenza, dal non aver colto i segnali che a volte le mandava (ad esempio l’episodio del cinema di Via Po). C’è sicuramente del rimpianto nel non aver conosciuto i fatti della vita di L.B. dall’unica persona che li conosceva appieno: L.B. stesso, suo padre; infatti varie volte l’autrice mette in guardia il lettore (e se stessa) dal fatto che i ricordi riportati da altri non sono mai oggettivi ma plasmati e modificati dal tempo e dall’indulgenza. In conclusione devo ammettere che la lettura di “Città sommersa” per me è stata veramente pesante, un po’ per la scrittura inutilmente artificiosa, un po’ per la mancanza di anima e di sentimento di tutto il racconto.

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Commenti

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Grazie mille per la completezza del commento, Lu!
Ecco, a pelle non mi ispirava molto questo romanzo, nonostante le opinioni positive lette. Attendevo una stroncatura argomentata e il tuo bel commento mi ha confermato le mie sensazioni.
In risposta ad un precedente commento
luvina
03 Giugno, 2020
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Grazie a te di averlo letto!
In risposta ad un precedente commento
luvina
03 Giugno, 2020
Segnala questo commento ad un moderatore
Anch'io avevo letto parecchie recensioni positive e poi il tema degli anni di piombo in Italia mi interessa moltissimo. Purtroppo questo libro si è rivelato una vera delusione. Ciao :)
Peccato, le premesse parevano ottime.
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