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Febbre
 
Febbre 2020-02-15 18:14:11 Chiara77
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Chiara77 Opinione inserita da Chiara77    15 Febbraio, 2020
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Autobiografia catartica

Jonathan torna dall'università, è un giorno come tanti, è l'11 gennaio 2016. Non si sente bene, gli sta venendo la febbre. Non si tratta di una banale influenza, di una febbre che si dissolverà entro pochi giorni: la febbre di Jonathan non va più via.
Comincia così un percorso che attraversa tutto il libro, scisso su due piani temporali distinti: da una parte c'è il presente, la febbre che non passa, la spossatezza, l'incapacità di compiere le azioni della vita quotidiana che fino al giorno prima erano solo un'ordinaria routine, dall'altra c'è il passato, Jonathan bambino cresciuto a Rozzano, quartiere periferico di Milano, la sua infanzia segnata dal divorzio dei genitori, la presa di coscienza di avere un'identità sessuale diversa da quella della maggior parte delle altre persone.
“Febbre” è un'autobiografia ed insieme la testimonianza di un uomo sieropositivo. Jonathan ha l'HIV. Lo seguiamo nel racconto tra passato e presente. Un passato che ci narra di un'esistenza difficile (ma ci sono esistenze facili?), di un bambino che vive a Rozzano, un paese caratterizzato da grandi palazzoni di case popolari e dal disagio sociale dei suoi abitanti. Jonathan cresce tra il dolore per la fine prematura della sua famiglia e la consapevolezza di essere omosessuale. A lui infatti, maschio, piacciono i bambini. Fin dall'asilo si rende conto di questa realtà.
Intanto,tornando al presente, seguiamo Jonathan nei tormenti dati dall'incertezza del non conoscere da quale malattia si è stati colpiti, fino ad arrivare alla diagnosi della sieropositività. Lo vediamo naufragare in una disperazione negata, non accettata, che si trasforma in depressione, passività, incapacità di reagire, fino alla riappropriazione di una forza e di un coraggio che lo fanno emergere dal dolore.
Jonathan riesce a riprendere a vivere pienamente, ma si tratta di una vita nuova, diversa. Lui è una persona diversa, una persona che ha l'HIV ma che non vuole rimanere confinata nella vergogna e nella paura del giudizio sociale. Per questo Jonathan racconta, racconta tutto, senza veli, senza finzioni letterarie, senza artifici retorici: lui si mostra e ci mostra com'è stato, com'è, senza vergogna, senza pudore, senza paura. Un'autobiografia densa, cruda, catartica. Da leggere.

«Ho conosciuto lo sradicamento silenzioso, il vuoto della non appartenenza. Mi sono abituato all'idea che mi dovrei vergognare di quello che sono e ho capito che il patto velenoso si può spezzare raccontando tutto. Esporre il copione, il regolamento. Appropriarsi a proprio modo dello spazio dell'esclusione, introdurre una falla nel sistema e stare a vedere.»

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Commenti

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Una febbre che non va via...stavo pensando a “La montagna incantata” e il suo sanatorio albergo, ma leggo invece che c’è una dolorosa autobiografia, anche interessante. Grazie Chiara, una bella segnalazione!
In risposta ad un precedente commento
Chiara77
16 Febbraio, 2020
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Ciao Marianna, un'autobiografia dura ma molto coinvolgente, una buona lettura per riflettere su pregiudizi e sui legami interpersonali e sicuramente anche sul rapporto con la malattia, anche se, non avendo io letto "La montagna incantata" non saprei dirti se ci possono essere delle relazioni tra i due testi.
valfed33
28 Mag, 2020
Ultimo aggiornamento:
28 Mag, 2020
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È un autore emergente bravo mi piace la sua scrittura ma tutto sommato un po’ precoce per essere candidato al premio strega... ho avuto modo di conoscerlo prima che diventasse “famoso” e non ho capito se dalla sua esperienza a parte il coraggio di tirarla fuori abbia un progetto vero e proprio dal punto di vista della poetica personale. Di sicuro si comprende il suo desiderio di riscatto e scalata sociale... ma vorrei vedere un po’ di più oltre la denuncia di una vittima di disagio da malato da hiv
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