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Ora dimmi di te. Lettera a Matilda
 
Ora dimmi di te. Lettera a Matilda 2018-08-30 14:31:41 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    30 Agosto, 2018
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"Tu non sei uno scrittore, sei un corrispondente d

Andrea Camilleri nasce a Porto Empedocle un piccolo paese nel Sud della Sicilia nel 1925. Bambino precoce e dedito alla lettura, la sua giovinezza è caratterizzata dal radicarsi e dal consolidarsi del partito fascista nel paese e nel suo cuore, anche se ben presto, a causa di due avvenimenti, inizia a prenderne le distanze. Negli anni del primo dopoguerra il siciliano si dedica alla poesia sino ad approdare al teatro, settore in cui opera attivamente sino a tarda età. Ed è contemporaneamente a queste attività, al suo entrare in Rai, al suo manifestare politico, alle sue riflessioni storiche, che lo scrittore si avvicina alla narrativa, sentendosi sempre un cantastorie mai uno scrittore, prima con romanzi di minore successo e di poi con la nascita, sopraggiunta all’età di 69 anni al suo personaggio più famoso: Salvo Montalbano. Perché la scelta del dialetto? Perché «di una data cosa la lingua ne esprime il concetto, mentre della medesima cosa il dialetto ne esprime il sentimento (p. 67)». Infine, l’oggi. La sua cecità che lo priva del leggere e dello scrivere confinandolo al dettare, ma anche le sue valutazioni sulla società moderna, sul quel che è diventata e sul quel che era. Memorabili i passi in cui descrive la forza, il carisma, l’ideale dei politici del tempo a discapito di quelli attuali.

«Gli uomini politici, che subito dopo la Liberazione presero in mano le redini dell’Italia, erano uomini che il fascismo aveva costretto all’esilio, alla galera, all’ostracismo, al silenzio. Erano uomini come Alcide De Gasperi democristiano, Luigi Einaudi liberale, Palmiro Togliatti comunista, Pietro Nenni e Sandro Pertini socialisti, Carlo Sforza e Ferruccio Parri del Partito d’azione, tutti uomini che avevano cominciato a far politica prima dell’avvento del fascismo e che conoscevano benissimo i valori della democrazia. Ma a quei tempi, pur combattendoci, avevamo un ideale comune, quello di far risorgere l’Italia dalle sue macerie. […] Ogni frase che De Gasperi scriveva la sottoponeva al giudizio degli altri che la modificavano, correggevano, aggiungevano un aggettivo, ne levavano un altro. In quella stanza, un quel momento non c’era solo il democristiano De Gasperi ma l’Italia tutta.» p. 78

Imperdibili le considerazioni sulla prima, seconda e terza Repubblica, sul fenomeno del terrorismo, sulla corruzione nel nostro Stato, sulla politica sovranazionale e internazionale e infine, ma non per questo meno importante, sul fenomeno della migrazione. Argute e profonde, altresì le sue dissertazioni sull’Unione Europea, sui suoi errori, le sue falde, il suo rischio di fallimento, le possibili soluzioni al problema.
In un crescendo continuo privo di un preciso schema narrativo, privo di un definito e obbligato senso letterale, bensì alla cieca, a fronte della condizione in cui da qualche anno l’autore versa nonché a fronte della considerazione del fatto che egli non riesce e non può immaginarsi quale sarà il mondo fra vent’anni e più precisamente quel mondo in cui la pronipotina ad oggi di 4/5 anni Matilde, dovrà vivere, Andrea Camilleri non si limita a scrivere un memoir della sua vita per questa piccola erede che non potrà vedere crescere ma al contrario le destina e ci destina una lunga e conclusiva riflessione su quella che è stata l’evoluzione del nostro paese negli ultimi novantadue anni. E lo fa mediante la rievocazione di quegli avvenimenti che per primo ha provato e vissuto, su quelle gioie e quei dolori che hanno caratterizzato i suoi giorni. La sua è una analisi disincantata, semplice e proprio per questa sua semplicità toccante e folgorante. Soprattutto nella prima e nell’ultima parte. Tra le pagine respirerete dunque una grande e logica meditazione sullo ieri e sull’oggi attraverso quel velo di melanconia propria di un uomo consapevole di essere ormai giunto a conclusione del suo tempo su questa terra. Il suo più grande dispiacere? Dover lasciare le persone che più ama.
Nel discorrere della sua esposizione l’autore non si sottrae a autocritiche per gli errori commessi e a fronte di ciò fa dono di quegli insegnamenti raggiunti e custoditi. Perché non sempre due più due fa quattro, non sempre il lupo è cattivo come ce lo hanno descritto nelle favole.

«L’ultima cosa che ho imparato consiste nell’avere necessariamente un’idea, chiamala pure ideale, e a essa attenersi fermamente ma senza nessuna faziosità, ascoltando sempre le idee degli altri diverse dalle proprie, sostenendo le proprie ragioni con fermezza, spiegandole e rispiegandole, e magari perché no, cambiando la propria idea. Ricordati che, sconfitta o vittoriosa, non c’è bandiera che non stinga al sole.» p. 107

Non adatto a chi cerca Montalbano, bensì a chi desidera uno scritto con cui rivivere, ragionare, trarre spunto. Commovente, riflessivo, da gustare senza pretese ma con la mente aperta.

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Ciao Maria, mi ricorda Esercizi di memoria, bello anche quello.
In risposta ad un precedente commento
Mian88
31 Agosto, 2018
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Son curiosa... :)
Recensione molto bella e utile,grazie
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