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Raccontandosi
“Oggi so che i poteri con le loro accuse possono rendere il più grande onore a uno che scrive. Fare della scrittura un corpo di reato che disturba la loro disciplina. Ai poteri riesce, insultando, di aggiungere valore a uno che scrive.”
Sin da queste righe si intuisce come “Il più e il meno” sia un libro autobiografico. Non pura autobiografia, ma piuttosto una serie di frammenti di sé.
Erri De Luca racconta di come è stato, di volta in volta, bambino, ragazzo, lavoratore, appassionato, membro appieno di una gioventù contestatrice, sfruttato, dedito ad interessi, viaggiatore del mondo, innamorato, lettore, scrittore, e tanto altro ancora.
Un racconto che passa attraverso diversi episodi, e che inevitabilmente incrocia brandelli di storia: dagli ultimi anni di Giacomo Leopardi ai postsessantottini, dalla camminata in una Sarajevo distrutta all'incontro con il giornalista Giancarlo Siani (poi ammazzato dalla camorra). Particolarmente toccanti alcuni capitoli posti sul finire del libro, in cui l'autore accarezza la figura paterna e tratteggia l'eredità morale che il genitore gli ha lasciato.
La scrittura di Erri De Luca non rinuncia mai ad abbinare potenza ed evocazione: un effetto che si ottiene se si padroneggia la parola, sì da riuscire a dire tanto in poco. Può anche non piacere, De Luca, ma non si può disconoscere che ha uno stile unico, non duplicato, forse non duplicabile. E' un artista nel rendere immagini le parole.
Se si deve trovare un neo a questo libro, è nella divagazione: si va da un argomento all'altro, senza un filo conduttore che vada oltre la voglia di ricordare come si era, come si è stati e dunque come si è. Tra l'altro, la presentazione in quarta di copertina dell'edizione “Universale economica Feltrinelli” non aiuta, giacché induce ad inquadrare il volume come qualcosa di diverso da quel che si rivela alla lettura: “Il più e il meno sono segni della contabilità, della partita doppia del dare/avere. Qui riguardano lo scorrere del tempo. Il Più è già arrivato, era un vento di corsa alle spalle, spingendo innanzi, sparecchiando tavole, sfrattando inquilini, stringendo appigli e libri. Il Più è stato giovane e indurito come un callo. Il Meno governa il presente e mantiene quello che dice. Il Meno è sobrio, risoluto perché deve condurre fino in fondo”. Solo una brillantissima capacità d'intuizione può trarre da una tale sinossi la fondata opinione che si tratti di una biografia.
D'altronde, quante volte Erri De Luca si è raccontato in altri racconti? In storie apparentemente non sue? In fin dei conti, queste storie – di se stesso, attraverso altri – si fanno preferire a “Il più e il meno”.
Fermo restando che lo scrittore napoletano non riuscirebbe a deludere neanche volendo.
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De Luca non è tra i miei preferiti, ma stilisticamente lo trovo molto bravo: è soprattutto un sapiente evocatore, che non è cosa da poco.
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Io, con De Luca, proprio non c'ingrano.