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Una disabilità forte e viva
La notte ha la mia voce di Alessandra Sarchi: un romanzo autobiografico per le schegge di vissuto rintracciabili nel testo e trasfigurate dalla forma letteraria, ma anche romanzo di formazione: il cambio di sguardo per il conflitto tra la libertà del cervello e l’immobilità delle gambe. Un’anonima protagonista deve re-imparare a vivere con un corpo diverso, estraneo, un corpo che dopo un incidente deve riconoscersi. E’ la rappresentazione letteraria della semiparalisi, una situazione che comporta una verifica dei parametri umani su un piano personale e sociale, una rieducazione corporea spersonalizzata che impone un nuovo modo di esistere.
“La memoria dell’esperienza di tutti gli anni in cui ho camminato si ribella, rinfaccia e desidera la terra della mia infanzia, quando la vedevo rivoltare nei campi dove seguivo il lavoro dei nonni …. Non credevo si potesse avere così tanta brama del fango, della polvere, della terra.”
Un romanzo durissimo e diretto indaga la complessità e la tragedia del corpo ricorrendo ad un linguaggio scientifico e alla presenza di riferimenti altri, rispetto a quelli letterari. La storia del singolo diviene storia collettiva: si parla infatti di un grande tema antropologico, il confine tra un corpo sano e uno malato. Il corpo offeso sta alla base del processo percettivo e si interroga sulla possibilità e sui modi di rapportarsi al mondo, è una sonda conoscitiva che esplora il sé e l’altro. Non induge mai al pietismo, la protagonista, trascinata dal vento, non si è mai arresa e il suo viaggio viene scandito dalla forza dei tre elementi, la terra, l’aria, l’acqua. E’ anche la storia di una amicizia, quella con Giovanna, la Donna-gatto (anche lei disabile), che immerge la protagonista in un mondo diverso, notturno, forse distorto ma ardente di desideri:
“La sete di infinito che è nei corpi, quella che mi ostinavo a dimenticare”.
La vita dei giorni sulla sedia a rotelle:
“la rabbia nello stomaco, le scarpe buttate via in fretta, i neuroni specchio che ti fanno danzare mentalmente se guardi qualcuno danzare”.
Il romanzo mostra una verità non addolcita, non poetica, non consolante ma viva, forte, seria, precisa. Nel finale, il corpo è congedato con l’immersione nell’acqua, l’elemento dove tutto ha avuto inizio, una visione panica purificatrice. L’abilità della scrittrice è quella del pensiero, la mobilità è quella della speranza.
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