Dettagli Recensione
Accettare e perdonare se stessi
Michela Marzano è oggi è una donna di successo impegnata su molti fronti: insegna filosofia in un'università parigina, scrive saggi e romanzi tradotti in diverse lingue e si batte politicamente per portare avanti le idee in cui crede. Eppure la sua vita, sebbene costellata di gratificazioni, non è sempre stata per lei serena come ci si potrebbe aspettare. Assillata fin da bambina dal desiderio di essere “la prima della classe” per sentirsi stimata ed accettata da tutti, ha sofferto di disturbi psicologici che per un lungo periodo l'hanno intrappolata nel tunnel dell'anoressia.
“Per anni, la mia vita è stata una corsa disperata e folle verso la “riuscita”. Riuscire a fare tutto quello che dovevo fare. (…) Fare a tutti i costi. Rinunciando a tutto il resto. Con l'angoscia permanente di non farcela, di non essere all'altezza, di fallire... Fino al momento della verità: la certezza di aver passato anni e anni della mia vita a rincorrere qualcosa che in fondo non volevo.” (p. 204-205).
Pur di soddisfare le aspettative di suo padre, Michela fin da bambina ha fatto del senso del dovere la sua ossessione, obbligandosi ad una vita di sacrifici e di rinunce in nome del successo in ogni campo, soprattutto in quello scolastico. “Volevo essere una farfalla” è la confessione di un desiderio irrealizzabile, quello di essere incorporea, leggera al punto di non pesare sugli altri, l'illusione di poter rinforzare la propria volontà fino a negarsi la necessità di un bisogno primario come l'alimentazione. L'anoressia, ci dice la Marzano, non è che il sintomo di un disturbo che ha radici più profonde, che spesso restano oscure a noi stessi. L'autrice in questa sua opera autobiografica ricerca, nella memoria, le cause delle sue insicurezze e ripercorre gli episodi che, dall'infanzia all'età adulta, sono stati da lei vissuti in modo traumatico. Un improvviso ricovero della madre, le attenzioni morbose di un professore al liceo, un incidente con il motorino, un amore giovanile che l'ha fatta soffrire fino a spingerla ad un tentativo di suicidio, un matrimonio fallito: il tutto riletto come un lungo e sofferto percorso che l'ha condotta a rivedere la luce dopo aver attraversato le tenebre. Le conclusioni a cui giunge la Marzano sono semplici, ma non scontate: non siamo perfetti, non possiamo arrivare a fare tutto sempre e nel migliore dei modi, dobbiamo accettare anche i nostri fallimenti e i nostri limiti.
“E' forse l'unica cosa che ho veramente capito: nella vita non si può fare altro che accettarsi. Ed essere indulgenti. E perdonarsi.” (p.210)
“Volevo essere una farfalla” è una confessione sincera, un susseguirsi di brevi capitoli che non rispettano un ordine logico né cronologico dei fatti narrati. Una serie di riflessioni sull'esistenza scritte in modo schietto, essenziale, con uno stile a tratti telegrafico ma emotivamente coinvolgente. Il testo non è un trattato sull'anoressia, né l'autrice ha la pretesa di voler dare spiegazioni o soluzioni a questo problema: “Volevo essere una farfalla” è la testimonianza di una donna che ha sofferto e che ha faticosamente recuperato, forse anche grazie alla scrittura, un suo equilibrio.
Ho trovato questo libro utile, quasi terapeutico: mi ha dato molti spunti su cui confrontarmi, mi sono rivista in alcune situazioni citate dall'autrice e ho condiviso molti dei suoi pensieri. Consigliato a coloro che spesso tendono ad annullarsi pur di sentirsi amati ed accettati, alle donne che si sentono sempre in colpa per non aver fatto abbastanza, a chi si dimentica che prima di amare gli altri bisogna imparare ad amare se stessi.