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Ogni film… è una storia d’amore che finisce
Ho letto Sei la mia vita di Ferzan Ozpetek proprio nel periodo in cui Facebook metteva a disposizione un’applicazione (divenuta poi virale) grazie alla quale l’utente poteva trasformare il proprio profilo con i colori dell’arcobaleno per celebrare la sentenza della Corte Suprema USA sui matrimoni gay. “Io so già cosa vedrei. Vedrei tutti i colori dell’arcobaleno, perché tu sei il rosso dell’amore possibile e il viola di quello perduto, il verde dell’amicizia che non morirà mai e il giallo della felicità assoluta”.
Ferzan Ozpetek trasfonde anche nella scrittura il proprio senso della regia cinematografica, sceneggiando una storia d’amore nell’abitacolo dell’auto in occasione del viaggio da Roma alla casa di montagna del compagno del narratore. Che approfitta del tragitto per raccontare ogni recesso della sua vita all’amante, che lo ascolta muto.
Il regista di “Saturno contro” sciorina ricordi, piccoli segreti, confessioni. Dai ritrovi tra amici del condominio di via Ostiense (“Le domeniche in terrazza”) agli amori precedenti (“Federica è stata una delle donne più importanti della mia vita”), dalle vacanze trascorse sulla trasgressiva spiaggia “Il buco” (“A Roma questa rete di uomini discriminati, che avevano fatto della discrezione la loro filosofia di vita, veniva chiamata «la banda di velluto»”) alle sperimentazioni erotiche (“Con un uomo è diverso, lo sai… Oltre al desiderio e alla sensualità, c’è una complicità diffusa che ti avvolge e ti sostiene, certi equilibri non vengono toccati, solo ridefiniti. Ma con una donna, be’, all’improvviso il tuo spazio si trasforma, i tuoi ritmi si dilatano, poi si restringono. È una tempesta di emozioni. Puoi anche non capire più chi sei”), dalle frequentazioni alle conoscenze (“Rossella… da tempo, voleva con tutta se stessa un figlio… stavamo appunto festeggiando perché il nostro spot aveva vinto un premio…”). Passando attraverso le imprese teatrali e tragicomiche della transessuale Vera, le idee sull’amore omosessuale, il terrore degli anni ottanta per il dilagare dell’AIDS.
Memorie e successi professionali (“Ogni film, in fondo, è una storia d’amore che finisce”), tragedie private e relazioni intense, memorie infantili (“la signora Circassa”) e familiari (“Mia nonna… era stata sposata con un pasha per ben due volte”) sono cucite insieme dal sentimento vero e profondo che il narratore dichiara al compagno, dal quale il lettore attende reazioni e repliche per tutto il romanzo. Sino al colpo di scena finale (“Il tempo delle mummie… per noi è finito”), che s’intuisce, ma tuttavia sorprende più per il connotato umanitario che per la soluzione narrativa.
Tra principi (“La verità è che non esiste amore senza follia”) e professioni sentimentali (“L’amore ti cerca, spetta a te farti trovare”), citazioni poetiche (come quella della “poetessa polacca Wislawa: Ti sono sopravvissuta solo/E soltanto quanto basta/Per pensare da lontano…” ideale per rappresentare “il totale struggimento per l’assenza di chi ami, che diventa ancor più dolorosa se ripensi ai luoghi dove si è stati più felici”) e scelte ideologiche, “Sei la mia vita” incuriosisce, strappa qualche sorriso, commuove, fa riflettere sul genere che può assumere l’amore. Per concludere che non è maschile, femminile o neutro, non è eterosessuale e neppure il suo contrario.
Bruno Elpis
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Che bel commento Bruno, lo metto in lista.