Dettagli Recensione
reduce
Ci sono libri che hanno un luogo, un tempo e una stagione di lettura! Reduce, edito da mondadori, di Giovanni Lindo Ferretti, è uno di quelli!
Prendete il libro, 72 pagine in due orette lo finite, ponetevi seduti su una sedia comoda, spegnete ogni apparato elettronico [se usate l'e-reader saltate questo punto], mettete un bel tronchetto di legno nel camino [se non avete un camino fatevelo prestare], e lasciate la pioggia e il vento fuori dalla porta [meglio la neve, ma non si può avere tutto dalla vita]. Rilassatevi e fissate le travi di legno del vostro soffitto, accarezzare il gatto [obbligatorio per rendere il testo vivo], e lasciatevi coinvolgere in un libro-ambiente denso di poesia e suggestione, riflessioni a pioggia e risposte multiple in pieno stile Ferretti.
Sembra di finire dentro una canzone dei CCCP e, tra una rima e un flusso di parole variegato che tendono ad un unico significato, si trova il pensiero, la vita e le riflessioni di un uomo cambiato mille volte ma mille volte sempre uguale a se stesso.
Ricordo le prime volte che sentii parlare di lui, al tempo i CCCP si erano appena sciolti ed erano nati i CSI! La sua figura esile, le sue canzoni “strane”, ma che ti lasciavano sempre un senso di ricercatezza estetica estrema e ti rimandavano a qualcosa di altro che non riuscivi a trovare nell’immediato, sono state di sottofondo a molte giornate grigie.
Io questo libro ve lo consiglio proprio! Per due semplici motivi:
- è veramente scritto bene;
- più che un resoconto dei fatti presenta un viaggio dell’anima;
- offre spunti di riflessioni molto interessanti;
- parla anche di Carrara…
lo so, i punti sono quattro, ma fa lo stesso ora sono in vena di “promozioni”!
Vi regalo anche il piccolo brano che parla proprio della nostra città, Carrara:
“Scendo canticchiando per Grazzano, traverso la Carriona e il Carrione e s’apre piazza Alberica bianca e nera austera in secentesca maniera. Salgo via Ghibellina e sono in faccia al Duomo, di sbieco, in diagonale in uno slargo che dir piazza affatica. Entro dalla porta di San Giovanni e la Chiesa m’accoglie e mi consola, a colpo d’occhio, l’anima. Le Cassanelle gotiche, il sarcofago di San Ceccardo vescovo di Luni, Santo a furor di popolo e Patrono. Matilde incoronata da Gregorio VII Papa.
Il crocefisso della Divina Provvidenza sospeso nel presbiterio.
Bella per sedimentazione nel tempo, gli stili, le usanze e ferma giusto prima della decadenza gonfia di stucchi volute prospettive iperboliche mirabolanti, prima paganeggiante poi, col moderno, sciatta e insulsa.
Bella che si è permessa di smontare sei altari e ornamenti vari per ritornare a sé, pensiero originario, presenza del divino e dell’uomo benedicente a rendere onore gloria, esserne parte.
Il duomo di Carrara, S. Andrea protócletos in liturgia bizantina costruito nel corso di tre secoli dal mille, è perfetto. Romanico-gotico in marmo apuano a blocchi. Intorno la Carrara che amo, da Grazzano e Caffaggio alla porta del Bozzo e fuori in via Vezzala fino alla Cappella. Dall’Accademia al Teatro degli Animosi, sia lode al merito per la scelta del nome che fa pari con gli Impavidi a Sarzana.
Da questo quadrilatero non esco, già mi spiace scendere a Piazza Farini per il “cavallino” a cui non posso non rendere omaggio.