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L'idea anaffettiva che i bambini siano perversi
La lettura di "Alla fine resta l'amore" scorre d'un fiato, accompagnati dalla voce narrante di una giovane donna, madre di una bambina abusata, che ci trascina con lei nei giorni, le ore, i minuti, della sua vita e di quella della sua famiglia, in una progressiva apertura d'occhi che dissolve passo dopo passo il significato e il senso dei gesti quotidiani, che scardina riferimenti, certezze, e costringe al rifiuto doloroso ma necessario di tante modalità di rapporto. E forse questo è il punto. La testimonianza di Claudia Mehler si spinge ben oltre la cronaca, la ricostruzione dei fatti, e ci inabissa in una realtà umana e culturale diffusa, fatta di convinzioni, pensieri deliranti e giudizi, che rimarrebbero totalmente non percepibili, se un evento gravissimo non li rendesse improvvisamente evidenti. Nel racconto si configura con forza implacabile soprattutto lo scontro di due genitori con la certezza incrollabile dell'inattendibilità di ciò che può raccontare un bambino: pagina dopo pagina prendono corpo maestre, dirigenti scolastici, consulenti del tribunale dei minori, amici, tutti accomunati dall'idea anaffettiva che i bambini siano perversi, perché tutti infondo nasciamo tali e solo le regole dettate dall'educazione possano contenere questa vocazione naturale. Bambini bugiardi, irragionevoli, senza rapporto con la realtà, cattivi. Appena si sgretola la parvenza di tenerezza e retorica sull'infanzia, ecco emergere con crescente evidenza il vero pensiero sui bambini e di conseguenza la pervicace assenza di reazione di fronte a ripetute comunicazioni di sofferenza. O meglio, si assiste alla violentissima reazione di annullamento delle parole, dei gesti, del dolore, della realtà umana di una bambina di 6 anni, per salvaguardare, coprire...che cosa? L'autrice rivolge a tutti la sua domanda, chiede ad ognuno di fare il punto su ciò che veramente siamo, tracciando per sua figlia, per se stessa, per tutti noi, un sentiero stretto fra i cui rami restano via via impigliate la paura, l'impotenza , la rabbia, come pelli di serpenti strisciati ormai lontano.