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La fine di un incubo
Aushwitz, gennaio 1945. L'arrivo dei russi segna la fine di un incubo per chi ha vissuto sulla propria pelle la triste e dolorosa esperienza della detenzione nei lager nazisti. Per gli ex “haftlinge” significa salvezza, libertà e speranza di tornare a casa e riprendere una vita normale. Ma la guerra ancora non è finita e il ritorno al proprio focolare, pur aleggiando nell'aria come qualcosa di imminente, nei fatti resta ancora lontano dal potersi realizzare. Ne sa qualcosa il nostro Primo Levi che una volta lasciato il campo di concentramento polacco si ritrova sballottato in giro per l'Europa dell'est, trovando rifugio, cibo e protezione nei vari centri di raccolta predisposti dai liberatori sovietici. Ma come si fa a sentirsi liberi quando si è ancora costretti a stare ammassati, confinati, a dipendere dagli altri e a vivere in precarie condizioni igieniche senza sapere quando tutto questo finirà? Levi stila un racconto minuzioso del periodo che va dall'apertura dei cancelli di Auschwitz al suo ritorno a Torino, raccontando avvenimenti, condizioni di vita, speranze e dolori. Inoltre descrive molto bene i luoghi visitati e offre una precisa fotografia della gente incontrata in questo periodo. Personaggi tra i più disparati tra i quali spiccano particolarmente il Greco e Cesare, abilissimi commercianti che cercano in ogni luogo e in ogni situazione di fare affari sia per guadagnare qualche spicciolo e migliorare la propria situazione, sia perché quest'attività consente loro di sentirsi in qualche modo vivi; l'energica infermiera Marja Fjodorovna, il burbero Moro di Venezia, il selvaggio Velletrano e tanti altri. L’autore è molto bravo a non farsi trascinare dai propri sentimenti, non facendo trapelare minimamente ne odio ne risentimento nei confronti dei nazisti. Ciò forse porta ad avere un racconto più freddo e distaccato, rendendolo però sicuramente più attendibile, dandogli maggiore credibilità. Commovente il finale in cui Levi spiega come alcune esperienze ti segnino profondamente nell’inconscio, e come certi fantasmi ti inseguano anche ad incubo finito.
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