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“L’altro appare perché abita già in me”
In un contesto di complessiva organicità nel piano di stesura dell’opera, appare evidente come ciascuna delle due sezioni in cui essa si articola presenta una propria specificità. In particolare, la prima parte, a cura di Enzo Bianchi, offre un agevole approdo al tema della prossimità muovendo dal confronto tra Antico e Nuovo Testamento ed evidenziando, quindi, l’apporto innovativo - e, mi verrebbe da dire, altresì creativo - di quest’ultimo rispetto al primo, pur sempre in un orizzonte di coerenza e continuità con la tradizione ebraica. In sintesi, al termine di questa prima sezione, il lettore può disporre di un rapido e schematico ragguaglio sui principali aspetti della questione, enunciati con ordine, chiarezza e puntualità. A questo punto, quindi, si è muniti dell’opportuno equipaggiamento conoscitivo per addentrarsi nella riflessione critica sulla “drammatica della prossimità”, che Massimo Cacciari enuclea con grande attenzione, penetrante acutezza e sistematico rigore nelle scelte lessicali, producendosi, così, in una disamina che, pur richiedendo al lettore una rigida vigilanza intellettiva, lo ricompensa poi con la certezza di aver dedicato del tempo ad una meditazione senza dubbio arricchente dal punto di vista umano, culturale e spirituale, giacché egli avrà scoperto come il plesios, cioè il prossimo, sia già parte del sé e quanto l’esigenza di prossimità, non riducibile ad un mero senso di vicinanza o affinità, fluisca direttamente da quella “ferita” d’amore che trafigge prima di tutto proprio noi stessi.