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L'oro del vaticano
 
L'oro del vaticano 2010-10-26 08:07:00 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    26 Ottobre, 2010
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Che ne direbbe Gesù Cristo?

E’ uno staterello minuscolo (0,44 Kmq., escluse le sovranità extraterritoriali), ma il Vaticano è indubbiamente una superpotenza, e non tanto dal punto di vista militare ed economico, bensì sotto l’aspetto religioso e soprattutto sotto quello finanziario.
Le ricchezze accumulate in più di XX secoli, l’influsso esercitato, prima sui sovrani e poi sulle nazioni moderne ha qualche cosa di ineguagliabile, e comunque nemmeno paragonabile a quello di altri credi, fatta eccezione per l’ebraismo e l’islamismo, la cui sfera però di operatività è limitata ai paesi in cui queste religioni sono preponderanti.
Rendina deve avere un rapporto particolare con il Vaticano, visto che ha scritto parecchi libri sull’argomento, l’ultimo dei quali, in ordine di tempo, è questo L’oro del Vaticano, un’analisi minuziosa delle immense ricchezze della Chiesa Apostolica Romana.
Agli occhi del cattolico di stampo clericale questo volume potrà apparire di parte, tendenzioso, volto a screditare il papato, mentre per gli altri risulterà una semplice conferma di una ricchezza smodata costituita da immensi tesori accumulati nel corso dei secoli legalmente e anche illegalmente. Non entro in merito sulla questione morale e cioè sul pensiero del Cristo che ha sempre predicato l’umiltà e la povertà, ma di certo a leggere queste pagine si resta non poco indignati nello scoprire affari intrapresi più da pescicani da industria che da ferventi cristiani. Le vicende dello IOR, di Monsignor Marcinkus, di Calvi, di Sindona, del Banco Ambrosiano sono le ultime eclatanti di un modo di investire e speculare del tutto disinvolto e sovente in contrasto con le leggi scritte e con quelle morali.
Rendina, per praticità, inizia la sua osservazione dalla caduta di Roma, con la proclamazione del Regno d’Italia, e la perdita quindi della sovranità territoriale, di cui il Vaticano fu ampiamente ripagato con un congruo indennizzo, diventato stratosferico a seguito della firma, nel 1929, dei Patti Lateranensi. A parte il rilevante patrimonio immobiliare e i tesori d’arte, ogni occasione è buona per incrementare le ricchezze, e se questa non c’è viene creata, sia che si tratti di Giubilei, sia di iniziative finanziarie e speculative esclusivamente molto redditizie e perciò rischiose, al punto che, qualche volta, i forzieri del Vaticano finirono con lo svuotarsi.
Poiché si tratta di uno stato sovrano, non c’è nulla da eccepire sulle sue scelte economiche, ma sulle modalità di raggiungimento degli obiettivi ci sarebbe molto da dire, soprattutto da un punto di vista etico. Al riguardo basti pensare a ingenti partecipazioni detenute in società che si occupano della produzione di armamenti da guerra.
L’argomento in sé è di notevole interesse, ma mi sembra che Rendina, al fine di dimostrare la veridicità delle sue asserzioni, abbia finito con lo scrivere un libro un po’ greve e sovente soporifero, con pagine e pagine che riportano l’elenco dettagliato dei patrimoni immobiliari e delle partecipazioni societarie, così che non poche volte si ha chiara l’impressione di trovarsi davanti all’inventario di una ditta di pezzi di ricambio.
In questo modo, lo spazio lasciato alle osservazioni e ai commenti si riduce notevolmente, tanto che i numeri prevalgono sulle parole e questo è proprio il limite del libro, che, pagina dopo pagina, fa calare l’interesse del lettore, obbligandolo a uno sforzo per poter proseguire.
E’ un peccato, perché impostato in modo diverso, cioè entrando più accuratamente nei retroscena di certe speculazioni finanziarie, non solo si avrebbero idee più chiare sul peso avuto nelle vicende dal Vaticano, ma si potrebbe anche scoprire il modus operandi degli altri sodali, quasi tutti italiani e nomi spesso non sconosciuti.
Resta comunque un testo meritevole di lettura, perché l’argomento trattato non è di poco conto e aiuta meglio a comprendere certi rapporti con uomini politici o anche affaristi del nostro paese, le cui fortune procedono di pari passo con quelle di questo staterello, sì limitato territorialmente, ma di grande influenza e straordinariamente ricco.

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