Le recensioni della redazione QLibri
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Larghi fianchi color rubino
Annalisa mi osserva dalla quarta di copertina,con i suoi 23 anni,il viso grazioso,la bocca che sorride.
Gli occhi a onor del vero un po’ meno.
Mi conduce insieme a lei tra la sua fantasia e la sua realtà.
Piombiamo prima in una cantina piena di botti di rovere:ci si arriva da una scala stretta,con gradini irregolari, e a me sembra di essere con Alice nel paese delle meraviglie.
Sento il gusto del vino e ne osservo il color rubino.
Poi mi porta in Messico a mangiare del cioccolato consolatorio:avverto l’aroma e il sapore sulla punta della lingua.
Passiamo per Bologna,in un sogno di indipendenza realizzato.
Ci fermiamo a dormire in una suite che affaccia sul mare,chissà dove:vedo il sole che si riflette nelle onde e l’odore di sale che la brezza porta fino a noi.
E ancora mi guida a osservare suo padre mentre le prepara le castagne il sabato pomeriggio;le notti con le amiche a parlare finché, sfinite, gli occhi non si chiudono;mi lascia fare una carezza al suo cane amato e malandato;infine,solo dal buco della serratura, mi permette di spiare per un secondo l’immagine di una madre che non c’è più.
Un libro di racconti questo,a cui si alternano quelli che ritengo essere pensieri e sentimenti della vera vita di questa giovane scrittrice.
Normalmente quando in un libro troviamo la realtà dell’autore,tracce autobiografiche,tendiamo a empatizzare maggiormente.
In questo caso è accaduto il contrario.
Ho apprezzato profondamente i racconti di fantasia,quelli in cui Annalisa fa la scrittrice.
E’ brava.Riesce a portarti in atmosfere realistiche e devo dire che lontanamente si sente l’eco di Erri De Luca,forse per via del grande uso di aggettivi che fa.
Quando invece racconta esperienze personali(anche se rivisitate) diventa più banale:sogni,paure,inquietudini e senso d inadeguatezza sono simili in ogni ventenne.
Per quanto il suo animo sia sensibile e la sua penna buona non racconta nulla di nuovo.
Ecco perché mi piacerebbe davvero leggerla ancora,ma alle prese con un romanzo o con un lungo racconto totalmente frutto della sua immaginazione.
Ha talento e tutte le capacità per farlo.Per farlo egregiamente.
La sensazione è che il suo nome lo sentiremo di nuovo.
In bocca al lupo!
(Solo una breve digressione:Annalisa,stai serena,i vent’anni,ringraziando Dio passano in fretta!!!)
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Le occasioni piccanti di una viva sensualità...
Molto piacevole e vivace questa lettura che mi ha provocato un certo sconcerto, ma che comunque non trovo assolutamente volgare, semmai è da annoverare tra la letteratura erotica poichè ne porta l'inequivocabile marchio; è come se lo scrittore avesse voluto compiere un insieme di racconti tutti concentrati sull'approccio erotico, sulle occasioni piccanti che possono capitare all'uomo o alla donna durante l'arco della vita.
Non c'è nulla di male in questo; descrizioni particolareggiate e forse un po' colorite, ma non sicuramente volgari, stati d'animo perfettamente descritti.
L'attrazione del corpo, la passione fugace, i tradimenti coniugali, qualche piccola bizzarria
nel rincorrere un sogno.
Talvolta di passione e sensualità si può anche morire e non mi pare esagerato questo appunto dell'autore, vi sono incidenti di percorso, incidenti stradali, fatalità che possono condurre a una fine prematura e questo mi appare quasi come un ammonimento di non lasciarsi vincere completamente dagli impulsi sensuali fino a perdere la ragione e di conseguenza anche la vita.
Alcuni di questi dodici racconti mi hanno divertito, altri mi hanno commosso.
Il disprezzo per il sesso? Io non ce l'ho...personalmente penso che copulare sia una delle gioie più grandi della vita....e non mi sento di criticare uno scrittore che parla di questo argomento.
Si può discutere sulla volgarità, su come è trattato questo argomento: a me sembra che sia trattato con garbo, che non vi sia morbosità, ma anche pure in alcune parti del libro ve ne fosse qualche accenno, ricordiamoci che anche queste particolari deviazioni fanno parte della vita e quindi non si possono negare...
Passiamo infine a definire la concezione di sensualità. non solo labbra che si sfiorano o sguardi che si incontrano, la sensualità è il linguaggio del corpo di due persone che sono attratte l'una dall'altra
e che desiderano in qualche modo congiungersi in una maniera più intima.
La sensualità è il desiderio bruciante di essere tutt'uno con l'altro e di scoprire attraverso l'odorato e il tatto com'è fatto colui o colei dal quale ci sentiamo così "affini£".
Può essere un incontro fortuito o una passione che previene un amore che dura tutta la vita...
Questo dipende dal caso....
Ma tuttavia anche se si trattasse di una volta sola vale sempre la pena di non perdere l'occasione.
Mi viene in mente una massima di Lorenzo il Magnifico: "Chi vuol esser lieto sia...del domani non c'è certezza".
Un ultima parola riguardante la presunta volgarità: alla mia cara amica consiglio se vuol sapere che cos'è di preciso la volgarità di leggere qualche pagine del libro "Il tropico del cancro" di Henri Miller
e li ve ne troverà "a vagoni".
Consiglio questo libro agli amanti della letteratura erotica, a coloro che amano l'avventura e la gioia di vivere e agli anticonformisti.
Vietato alle signorine e ai perbenisti.
Forse per loro è un po' troppo osè.
Saluti.
Ginseng666
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I sonnambuli
Deuteronomio: “Scegli dunque la vita, affinchè tu e la tua discendenza viviate”.
In una Germania in pieno fermento nazista agli albori del Terzo Reich, Willy Kraus ponderato e istintivo Detective della Kriminal Polizei deve risolvere un enigma molto ingarbugliato su presunte sparizioni e ritrovamenti di insoliti cadaveri deturpati, insolito è anche che Willy sia ebreo e pure pluridecorato eroe di guerra. La scelta dell’autore è molto ruffiana e contemporaneamente inevitabile per lo sviluppo della trama, il Nazismo di Hitler legato all’esoterismo e all’ideologia della ricerca della perfezione umana, senza approfondimenti e riferimenti eccessivi, dunque ingenuamente prevedibili e senza tanta suspance . Temi complessi e molto delicati se pensiamo alla Shoah e al numero di vittime del secondo conflitto mondiale, ma questa è una “godibile”story crime che si lega inevitabilmente con una triste pagina di storia, che ha lasciato tanti misteri insoluti e un numero imprecisato di morti che aspettano ancora una risposta.
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COLPEVOLE ?
Davvero bello questo legal thriller!
Andy Barber è il primo vice procuratore distrettuale della cittadina di Newton, è lui ad indagare sui crimini più efferati che avvengono in città. Così quando Ben Rifkin, compagno di scuola di suo figlio Jacob viene brutalmente assassinato, Andy apre l'indagine. Ma qualcosa non quadra... perchè gli amici di Jacob gli chiedono se anche suo figlio sarà interrogato? Perchè Jacob aveva un coltello? E perchè tutte le prove sembrano portare a lui?
La vicenda viene raccontata in parte in prima persona da Andy Barber, ed in parte sotto forma di interrogatorio al cospetto di un gran giurì. In buona parte il tribunale e gli interrogatori sono alla base della storia, per la gioia degli amanti del legal thirller. Fino alle ultime pagine la trama continua a svilupparsi, e numerosi colpi di scena di susseguono inaspettati fino ad arrivare ad un finale per nulla scontato o banale. In particolare, oltre al filone "legal" al quale siamo abituati, in questo libro vengono sviscerati la disperazione della famiglia dell'accusato, i sensi di colpa, l'odio e l'indifferenza mostrati da vicini ed ex amici, i sentimenti, ed i difficili rapporti che intercorrono fra i componenti della famiglia colpita dalla gravissima accusa.
Forse questo libro poteva essere un pò più travolgente, la trama è molto ordinata e lineare soprattutto in linea temporale, ma nel complesso lo coinsidero davvero una lettura piacevole! Consigliato agli amanti del genere...
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Ineluttabile risveglio dell'anima
Questo romanzo mi ha tenuto compagnia per tre serate e solo perché nelle prime si era fatto veramente troppo tardi! E’ stata una lettura agile, insolita e deliziosa, che mi ha fatto attraversare i tormenti e le vicissitudini di queste tre amiche cinquantenni, arrivate, ognuna con una storia e una problematica diversa alle spalle, a un bivio nella loro scelta di vita. E, come sempre accade, questo bivio non si palesa espressamente come le indicazioni ad un incrocio stradale, ma si nasconde abilmente nell’atmosfera ovattata e neutrale delle loro vite, fino a quando può…. Poi, però, il susseguirsi degli eventi, con la scomparsa di Carmen e il coinvolgimento sempre più forte dei loro amici più cari, lo vedrà manifestarsi in tutta la sua prorompente potenzialità, fino a quando anche le più piccole, subdole e malcelate parti di opportunismo dovranno essere per forza cancellate e sostituite con qualcos’altro, pena il pensionamento dell’anima, la rassegnazione assurda a un’esistenza in cui non riescono più a riconoscersi. Ma attenzione, le donne di questo romanzo non sono una sorta di Thelma e Louise all’italiana, non hanno niente del loro estremismo e della loro totale mancanza di speranza nel domani; le donne di questo romanzo sono semplicemente “non addomesticate”, riescono a sentire che è l’ora del cambio della marea e si abbracciano non per disperazione, ma per trasmettersi l’un l’altra quella forza che, dopo le esperienze che ognuna di loro ha passato, sentono ora di avere e di non voler più perdere. La frizzante leggerezza che traspare dai loro dialoghi (a volte forse un po' troppo prolungati e "analitici") e la tragicomica essenza di qualche scena nulla tolgono al profondo senso di ricerca interiore e alla drammaticità di episodi che rendono la storia intensamente umana e attuale. L'autrice riesce quindi a guidare il lettore,con tenace dolcezza, verso la consapevolezza che la vita non è un libro già stampato ma è un romanzo che noi stessi scriviamo, giorno dopo giorno.
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Un dolore che viene da lontano
“Tutto è sbagliato. Stare fermi, camminare, guardare, ascoltare, toccare, pensare.. tutto”.
Questo libro è il diario di un dolore che viene da lontano e che diventa un aguzzino, imponendoti le sue regole illogiche e ferree e negandoti la vita.
Un dolore che vuole essere ascoltato e che fa capolino persino nella punteggiatura, in quei puntini di sospensione che sono due anziché tre. Il numero 2 è “il dubbio continuo”, quello in cui ci si dibatte in preda al disturbo ossessivo-compulsivo, ma anche, con un filo di speranza, “una possibilità di scelta”.
Già, i numeri, l'ordine matematico che dà momentanea sicurezza, insieme ad altri rituali compulsivi, come le preghiere rivolte a Dio, ma forse non a Dio: a “Lui”, a quell'entità tiranna che non lascia spazio alla volontà.
Quando si è preda di paure malate che ti impongono l'immobilità, metterle nero su bianco diventa una sfida e un atto catartico. Ed è così che la giovane autrice, con un flusso di coscienza che rivela un groviglio di sensazioni, un grumo di angosce, ci guida nei meandri del suo mondo interiore, spinta dal bisogno di comunicare e di dare speranza a chi, come lei, è stato avvolto dalle spire di un disturbo psichico.
Diviso in brevi paragrafi, ciascuno con un suo titolo, il libro riporta diverse citazioni letterarie e cinematografiche, perché ogni forma d'arte possiede un potere salvifico e riesce, raccontandola a suo modo, a dare un senso alla sofferenza.
Belli i versi dedicati alla psichiatra che ha avuto in cura Giulia, un distillato d'amore per chi, “con mano calda e sicura”, l'ha guidata verso una rassicurante consapevolezza di sé, confortando il suo cuore assiderato.
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Carino e piacevole...
Non è certamente un capolavoro, ma in un certo qual modo questo libro ha i suoi pregi.
Per prima cosa dipinge la realtà e nel suo stile sapido e condito di leggera ironia, sa comunque condurre il lettore a trascorrere momenti lieti di piacevole rilassamento.
Lo si può leggere quando ci si trova in momenti di tristezza o pesantezza, perchè riesce comunque a strappare il sorriso; vi si trovano tutte le occasioni di malsano opportunismo, di tradimenti quotidiani, di bieca malignità che la vita ci offre....
Quattordici racconti con rapide pennellate delle beffe continue di cui purtroppo è costellata la nostra complicata esistenza e di cui bisogna essere pienamente consapevoli per non rimanere vittime di qualche trappola.
Anche il titolo risulta emblematico, carico di significati affini all'arte di vivere, che se non la si impara alla svelta, si rimane intappolati in qualche oscura trama....
Nonostante l'argomento che può sembrare pesante, lo stile è scorrevole.
L'ho trovato in alcuni punti divertente e rilassante.
Mi sento perciò di consigliarlo a tutti coloro che amano Camilleri, perchè in qualche modo lo ricorda, ma anche a coloro che amano la lettura poichè vi trascorrerrano qualche ora in lieta compagnia.
Consigliato.
Saluti.
Ginseng666
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Domani
Fardà venne dato alle stampe per la prima volta nel 1930, al rientro in Italia del giovane ingegner Pecorella (1898-1987), facente parte di una delegazione di tecnici, inviati in terra afghana per dare un contributo alla modernizzazione del paese fortemente arretrato, mediante la progettazione e la costruzione di strade, ponti e ferrovie.
Ottima l'iniziativa della casa editrice di proporre al pubblico una ristampa di questo vecchio lavoro, vista l'estrema attualità delle problematiche di politica internazionale insorte in Afghanistan.
Pecorella attraversa l'Afghanistan nel 1924, rimanendo profondamente colpito da questo mondo ancora arcaico, lontano secoli dalla modernità che già si respirava in occidente.
Egli annota fedelmente nel suo diario di viaggio, le impressioni ricevute dalla conoscenza di questo popolo, descrivendo con cura le usanze e le condizioni di vita.
Miseria, disagi, arretratezza estrema affiorano vividi dalla lettura di queste pagine, grazie ad una narrazione particolareggiata e incisiva.
Belle e di gran valore le descrizioni geografiche sulla conformazione del territorio; dai deserti di sabbia bollente alle montagne ghiacciate, dalle zone ad alta concentrazione di insediamenti a zone desolate e inospitali difficili da raggiungere.
Il racconto di questo giovane italiano è veramente interessante sotto il profilo storico e per poter comprendere l'identità culturale di questo popolo chiuso tra la Persia e l'India (oggi Pakistan), il cui isolamento commerciale ed economico ebbe pesanti ripercussioni sul suo sviluppo.
Un territorio davvero impervio e improduttivo, per di più logorato da lotte intestine tra fazioni rivali e da continui sovvertimenti delle forze di governo.
L'abilità di Pecorella va oltre alla capacità di cogliere il particolare, i colori, gli odori, i cibi, le case; egli dà un'ottima prova nel captare lo spirito dell'afghano, nel cercare di coglierne gli aspetti dell'indole e del carattere, dei pensieri, dei modi di agire e di affrontare il quotidiano ed il domani.
Fu proprio la concezione afghana del “domani”, ossia il “fardà”, che lo folgorò tanto da farne il titolo del suo diario; egli ci descrive un mondo indolente, dove tutto scorre senza fretta, dove la voglia di agire è poca, dove tutto può essere posticipato al giorno successivo.
Insomma, l'ingegnere si trova catapultato in un mondo culturalmente diverso dal suo, tanto da trasferire nelle sue pagine stupore, disappunto, sconcerto.
Al di là dell'indubbio valore documentaristico e storico-antropologico, questo scritto datato è apprezzabile per la sua autenticità, genuinità e schiettezza.
Le impressioni riportate dall'ingegnere nel suo racconto sono esenti da manipolazioni a scopo politico o propagandistico, ma nascono unicamente dal bisogno sincero di mettere a conoscenza gli italiani delle condizioni del lontano Afghanistan.
“Fardà” è una vera chicca, piacevole da leggere, considerata l'estrema grazia stilistica di Pecorella, che pur non essendo uno scrittore professionista, delizia il lettore di oggi con una scrittura raffinata ed elegante.
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Chi salverà il mondo?
L'improvviso crollo della piramide di Cheope fa emergere lo Zed: impalcatura monolitica, spina dorsale dell'antico monumento. All'interno dello Zed vengono ritrovate alcune antiche tavole scolpite in una lingua sconosciuta.
Il mondo trattiene il fiato. Siamo nel 2012, l'anno che l'antico calendario Maya indica come l'ultimo della civiltà umana.
Forse le tavole contengono la ricetta per salvare il mondo e l'umanità?
Uno studioso italiano viene chiamato dal Curatore delle antichità egiziane per tentare la traduzione del linguaggio sconosciuto.
Da qui una serie di peripezie, un intreccio avventuroso che tirerà in ballo, per la finale comprensione del messaggio, la filosofia ermetica e quella platonica, Giordano Bruno e Michelangelo, la fisica quantistica e la psicologia.
L'autore, alla sua prima prova, dimostra talento e fantasia nello sviluppo dell'azione e dell'intreccio, anche se la prosa, semplice e scorrevole, dimostra di essere un po' acerba, soprattutto nella ridondante ripetizione di alcuni concetti.
È comunque un libro piacevole nato da un'idea intrigante.
[…]
La grande piramide si era separata, si era letteralmente aperta in due. Aveva ricevuto la notizia dalla televisione, nel suo appartamento di Parigi, soltanto sei ore prima e subito aveva capito che doveva andare, ci sarebbe stato tempo per spiegare la sua assenza all'università dove era impiegato come ricercatore e professore di lingue e civiltà scomparse. Doveva andare, troppo tempo della sua vita era stato speso sognando di scoprire qualcosa di nuovo riguardo a quelle civiltà misteriose, sapeva che quella era la sua occasione, semplicemente lo sentiva.
[…]
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Una fuga per due
Con la pubblicazione di questo romanzo, Alessandro Perdon raggiunge quota tre nella sua produzione.
L'autore mette in pista due “novelli Indiana Jones”, regalandoci una lettura avventurosa e intrigante, dal sapore fresco e frizzante, priva di contenuti eccessivamente cupi o violenti.
Affiora da questo racconto la passione di Perdon per la subacquea e per quel contatto con la natura che essa ti concede, la passione per la ricerca storico-archeologica, la passione di girare in lungo e in largo il mondo cogliendone le innumerevoli sfaccettature.
Egli plasma i suoi personaggi infondendo in essi tanta parte di sé, facendo vivere loro, in parte, esperienze già vissute, in parte esperienze e situazioni adrenaliniche che vorrebbe vivere.
Questa lettura ti impone di correre: scordatevi il relax, perché se deciderete di salire a bordo di queste pagine, verrete rapiti in un vortice di fughe, corse a perdifiato, immersioni pericolose, evasioni rocambolesche, pallottole che fischiano, incendi, sabotaggi.
L'intreccio della trama è discreto, in quanto la storia corre su un parallelo presente-passato, fondendo elementi storici ad altri di pura fantasia; Perdon prospetta al lettore uno scenario insolito, ma a ben pensarci non del tutto inverosimile, ossia la sopravvivenza negli anni del cosiddetto “piano Odessa”, ideato dai nazisti per prepararsi una via di fuga agile e sicura.
E se dei superstiti nazisti si fossero salvati e continuassero a tessere le loro spietate trame?
E se questa loggia di ex aguzzini avesse utilizzato le ingenti sostanze depredate al popolo ebreo e non, riconvertendole in investimenti economici a livello mondiale?
Perdon ci catapulta nel mezzo di un intrigo internazionale, dove i criminali di un tempo si sono trasformati in magnati della finanza, manipolatori di interessi economico-finanziari e politici su larga scala.
Il romanzo si presta ad una lettura veloce ed anche gradevole, grazie ad un ritmo di scrittura fluido e ben articolato, e grazie all'ideazione di due personaggi curiosi e azzeccati, in grado di stemperare la tensione di certi momenti con una vena ironica deliziosa.
Di certo è che questo racconto non ha la pretesa di essere esaustivo su ogni argomento trattato, sia esso relativo al passato o alla situazione fotografata nel presente, compiendo talvolta qualche volo pindarico tra un episodio narrato e quello successivo.
Ricordiamo che si tratta di un autore agli albori e che un genere che possa sposare storia ad avventura è forse tra i più complessi su cui cimentarsi; in considerazione di ciò il livello qualitativo del romanzo è buono ed è animato ad ogni riga dalla presenza forte dell'autore, che vive in prima persona insieme ai suoi protagonisti, soffrendo e gioendo con loro.
Una giovane penna promettente, esuberante, con tanta voglia di andare alla ricerca di luoghi insoliti, di scoprire i retroscena storici meno conosciuti, di attraversare il mondo attratto da una insaziabile curiosità e spirito d'avventura.
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Amare la vita
Un libro per non dimenticare quanti hanno combattuto la criminalità e soprattutto per non lascare soli quanti, con coraggio, hanno deciso di affrontarla oggi. Attraverso queste storie di autori siciliani e campani, conosceremo le vicende di personaggi come Don Tonino Palmese e Don Aniello Manganiello, i giovani calciatori dell’Arci Scampia, i giornalisti Pino Maniaci e Mauro Rostagno, il politico Peppino Impastato, il magistrato Raffaele Cantone, Rosario Crocetta sindaco di Gela e molti altri. Ognuno di loro ha deciso, con molti sacrifici, di stare dalla giusta parte. Ma cosa vuol dire stare dalla giusta parte? Vuol dire non piegarsi al potere di pochi, avere una dignità e un’integrità morale, amare la propria terra e la propria comunità. Vuol dire amare la vita e la libertà. Un libro ben scritto che ci farà conoscere una realtà che coinvolge tutti e, troppo spesso, filtrata e manipolata da televisioni e giornali.
Oltre a consigliarvi la lettura di questo libro vi segnalo un’iniziativa importante: i diritti d’autore saranno devoluti a un progetto culturale per i ragazzi dell’istituto penitenziario minorile di nisida.
Vi lascio con una citazione dal libro che riporta un passo di un’intervista fatta a Giuseppe Fava:
"I mafiosi sono in ben altri luoghi e in ben altre assemblee, i mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. Il problema della mafia è un problema di gestione della nazione ed è un problema che rischia di portare alla rovina e al decadimento culturale definitivo dell'Italia [...] I mafiosi non sono quelli che ammazzano, quelli sono solo gli esecutori, anche ai massimi livelli sono solo esecutori. Sono nell'organizzazione, stanno al posto loro e fanno quello che gli altri gli dicono di fare"
Queste parole, così attuali viste le vicende dei giorni nostri, sono state dette a Enzo Biagi nella trasmissione Filmstory il 28 dicembre 1983. Questa è stata la sua ultima intervista perché Giuseppe Fava otto giorni dopo questa dichiarazione è stato ucciso con cinque colpi di pistola.
Vi consiglio di cercare su internet il video di questa intervista e di guardarlo con attenzione perché è molto attuale e molto toccante.
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I gattopardi
Storia di un giudice
«Rigeneriamoci!»
«È necessario pensare la nostra era planetaria che ha assunto la forma della globalizzazione nell’unificazione tecno-economica sviluppatasi a partire dagli anni Novanta. La navicella spaziale Terra ha iniziato a viaggiare a velocità vertiginosa spinta dai quattro motori incontrollati scienza-tecnica-economia-profitto. Questa corsa ci sospinge vero pericoli crescenti: turbolenze critiche di un’economia capitalistica scatenata, degradazione della biosfera che è il nostro mezzo per continuare a vivere, moltiplicazione delle armi di distruzione di massa coincidente con le convulsioni belliche montanti, tutti pericoli che si sviluppano intrecciandosi vicendevolmente.»
Concepito – nelle parole dello stesso autore – con il proposito di considerare la grande regressione europea, Ma Gauche propugna oggi una «rigenerazione del pensiero, e in particolare del pensiero politico», ideale per cambiare “via” e porre rimedio alla gravità dei rischi dei popoli, delle democrazie e più in generale dell’umanità in crisi. Conformemente a questo intendimento, il filosofo e sociologo francese Edgar Morin ci dà un’immagine fedele del suo pensiero, che si muove fra istanze-impegno-proposte, e tende più a connettere che a distinguere le componenti della crisi planetaria e di civiltà che stiamo attraversando, «le crisi frammescolate e interdipendenti dell’economia, della civiltà occidentale, delle civiltà tradizionali, dello sviluppo»; una policrisi dunque, sulla quale torreggia – per lo più invisibile – la crisi del pensiero. Per meglio comprendere il corso attuale, del resto, è bene prendere coscienza del fatto che «non siamo soltanto in un’epoca di cambiamento, siamo soprattutto in un cambiamento d’epoca», ovverosia, a fronte delle urgenti sfide del nuovo secolo, è bene non occultare l’idea secondo la quale «il sistema planetario è condannato alla morte o alla trasformazione». Non bisogna dimenticare tuttavia le ragioni per sperare: la possibilità di una rifondazione antropo-politica, ma anche antropo-planetaria, e la realizzazione infine di una metamorfosi della politica dell’umanità – chiarirà Morin – in linea con un proficuo orientamento volto alla mondializzazione e parimenti alla demondializzazione, teso al tempo stesso alla crescita e alla decrescita e ancora allo sviluppo e alla contrazione.
Con la presentazione di Nichi Vendola, la nota introduttiva di Sergio Manghi e la postfazione di Mauro Ceruti, Il Centro Studi Erickson ha presentato nel 2011 i 23 articoli e saggi che compongono questo libro – capaci di motivare la volontà del lettore e di rigenerarne invero la speranza.
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AL DI LA' DEL BENE E DEL MALE
Difficile non considerare l’ultimo corposo romanzo di King una sorta di testamento spirituale. L’incipit, se la si legge con attenzione, è una dichiarazione di poetica: a mettere in moto l’azione è la lettura da parte del protagonista, Jake, insegnante di liceo, del racconto autobiografico in un tema di un massacro compiuto da un padre violento. C’è chi scrive “sulla difensiva”, riflette Jake, e sono i più; c’è invece chi riesca a scrivere “in attacco”. Lo scrittore autentico è dunque colui che aggredisce e mette in discussione le certezze del lettore e lo spinge a concentrare lo sguardo sulla realtà fino a scoprirne il buco” nascosto, quello che consente di penetrare in una dimensione altra, quella dove lui stesso convive con l’orrore e la follia. Avviene in tutte le opere di King, ma in “22/11/’63” l’esplorazione del caos è ancora più radicale: non si tratta più delle fogne di una città o dei fantasmi sepolti nell’albergo sulla montagna, bensì si chiede all’eroe protagonista di sconfiggere il tempo e la Storia, tornando attraverso una scala magica nel 1958 e impedire l’assassinio di Kennedy. Il clown malefico di “It” ha lasciato una sua impronta su Derry e Derry è la prima tappa del docente proveniente dal futuro: lì non vi sono che presagi, il segno che il male ha inquinato irrimediabilmente la città dell’uomo. Tuttavia il nemico vero di Jake è senza volto e non ha bandiere : è il passato che non ha altro scopo se non la preservazione di sé al di là del bene e del male. La lotta contro un’entità astratta, il cosiddetto caso, non è ad armi pari: l’uomo è mosso dalla volontà utopica di raddrizzare i torti perpetrati dalla Storia, può vincere o perdere, il destino vince solamente perché non ha direzioni precise da rispettare. L’ansia comunicata al lettore dall’eroe benefattore dell’umanità protagonista del romanzo non deriva tanto dalla curiosità di sapere come “andrà a finire”, ma dal dubbio sul senso della missione. È sufficiente l’anelito al bene per modificare la sorte dei popoli e degli individui? Forse si, forse no, tuttavia ciascuno di noi può scegliere se abitare a Derry, la città di It, o condividere con i “buoni” incontrati per strada l’idillio di un “anti-Derry”, un minuscolo villaggio sperduto, dove adolescenti ed adulti ballano la sera della festa.
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A chi è interresato alla seguenti tematiche: i confini dei generi letterari nella letteratura contemporanea-la lotta dell'eroe contro il destino: dall'epica classica alla paraletteratura contemporanea
La macchina del fango
Cosa accade quando poteri contrapposti lottano per lo stesso obiettivo? Simone Luciani, in questo debutto letterario, ce lo delinea attraverso una Roma dalle tinte noir, dove politica, interessi economici e sesso si mescolano per mostrare una versione molto plausibile degli avvenimenti, che hanno una buona probabilità di accadere veramente.
Le elezioni politiche sono alle porte e Roma sta per scegliere il nuovo sindaco. Questo offre l’occasione a Davide Angeloni di fare il salto di qualità. Finora si è occupato di rovistare nella vita di personaggi famosi in cerca di notizie per il giornale scandalistico per cui scrive. Ora gli viene proposto di trovare qualcosa che possa screditare il candidato del centro sinistra dato per vincente. La macchina del fango, di cui lui è maestro, si mette in moto. Angeloni entra così in un meccanismo molto complesso di cui, a sua insaputa, diventerà presto un ingranaggio sacrificabile.
Un romanzo interessante che mostra come gli interessi economici manovrano lo scacchiere politico come in una partita a scacchi. Le prime pagine sono un po’ lente ma dopo si dimostra un buon libro. Consigliato.
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Etica oggi
Acute riflessioni e questioni etiche di vasta eco nonché interesse. In questa direzione si muove la filosofa italiana Michela Marzano, autrice di un’opera notevole che, nel chiarire lo sviluppo dell’«etica applicata», offre un multiforme ritratto dei dibattiti etici contemporanei. Alle osservazioni della Marzano corrispondono infatti efficaci esemplificazioni di temi e problemi che «assillano oggi non soltanto i filosofi morali ma anche», chiarisce la pensatrice, «qualunque persona che, per via della sua professione o del suo impegno, si confronti con scelte difficili». Gli stessi interrogativi della Marzano emergono parimenti nitidamente e, d’altronde, il porre significative domande costituisce il tratto saliente della filosofia. «Interessarsi all’etica applicata significa […]», come verrà precisato, «cercare elementi di risposta, o quanto meno strumenti di analisi, per affrontare le grandi questioni di oggi». All’interno di questa ampia cornice la pensatrice individua sei gruppi tematici: il primo relativo allo sviluppo della bioetica e dell’etica medica; il secondo al dibattito sulle problematiche relative all’eutanasia; il terzo riguardante l’etica ambientale; il quarto l’etica delle relazioni internazionali; il quinto inerente alla morale sessuale contemporanea e, più in generale, all’evoluzione dei costumi; il sesto la responsabilità sociale delle imprese. Le pagine di Michela Marzano illustrano dunque alcune sfide della filosofia che possono fornire ai lettori elementi utili di confronto con le differenti realtà che oggi ci appellano cui solo l’etica applicata ai problemi reali sta restituendo centralità.
Pubblicata da Edizioni Centro Studi Erickson nel 2011, Etica oggi, per le sue notevoli capacità di analisi, è un’opera che suscita grande attenzione.
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Caotica esposizione...
E' decisamente una bella storia: in un complicato groviglio di vicende familiari, l'autrice ci introduce in punta di piedi in una vicenda che trasuda sangue, affetti ambigui e un sopito terrore...
La storia è sospesa fra passato e presente e in questo sta secondo me l'unico difetto del libro che altrimenti potrebbe definirsi un piccolo e prezioso gioiello: l'esposizione temporale è alquanto caotica; per il lettore diviene assai problematico restare dietro a questo salto incongruente del tempo.
Ci si chiede ma era ieri, oggi, una settimana fa?
Un mese fa? E per comprendere come in realtà e in quale successione temporale si sono svolti i fatti, occorre pazienza e anche una certa dose di lungimiranza, intuito, capacità di capire al di la di ogni logica.
Questa è una vicenda di affetti familiari, di legami di sangue in cui entra l'oscurità di una mente malata che per invidia tenta di distruggere ogni persona, ogni affetto appartenente alla sua immaginaria rivale.
La famiglia non è sempre garanzia di affetto e sicurezza, vi possono essere complotti, malvagità, oscure rivalità mai sopite.
Nella mente umana a volte può scatenarsi la tempesta dell'odio e non saranno sufficienti i "vincoli di sangue" per vincere la distruttività. l'odio mortale.
Ma la vita spesso riscatta i destini di chi è stato vittima di certi malsani legami affettivi.
Consigliato.
Non perfetto come esposizione, ma certo molto interessante nei contenuti.
Saluti.
Ginseng666
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I dannati non muoiono
La Fannucci, con la pubblicazione TimeCrime, ci propone un hard boiled davvero fresco e scoppiettante. Un libro, di circa 200 pagine, che si legge in un tranquillo pomeriggio senza mai stancarsi, infatti la trama, senza inutili intricate costruzioni, si dipana meravigliosamente e ci descrive una storia che ti arriva nella mente come un pugno in pieno viso.
Nisbet interpreta ottimamente, con il suo stile, il genere letterario di cui sopra, creando un investigatore privato, il buon Windrow, il quale in una San Francisco nebbiosa, viene coinvolto in una storia che ad ogni pagina lascia sgomenti sul come il genere umano possa interpretare la vita e la sessualità, senza mai scivolare nel volgare o nello scontato, descrive semplicemente la realtà, ecco un altro aggettivo da affibiare all'opera: concreta.
Il protagonista, Martin Windrow, mi ha ricordato un altro grande personaggio della letteratura scozzese, John Rebus, il frutto della creatività dello scrittore Ian Rankin. I personaggi sono tutti molto ben delineati e si inseriscono meravigliosamente in una trama asciutta, solida che solo in alcune descrizioni forse diviene un po' prolissa ma si sopravvive.
In questa storia il protagonista non si limita ad indagare su un caso di omicidio ma affronta il pericolo, in modo anche violento, mostrandosi come un vero dannato per il quale ci si chiede può non morire??? Questo non ve lo rivelo ma vi garantisco che Windrow vive e il suo modo di fare è semplice come un colpo di pistolla alla tempia.
Complimenti TimeCrime.
Buona lettura a tutti.
Syd
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Umano, anche troppo
Avevo già letto diverse opere sulla mafia, compresi il libro intervista di Michelle Padovani e il saggio di Pino Arlacchi citati in questo stesso libro. Avevo già visto anche diversi film. Questa è la prima storia a fumetti, una novità che mi ha consentito di seguire gli stessi avvenimenti da una prospettiva diversa, mi ha aiutato a collegare diversi “fili” sparsi e mi ha insegnato anche qualcosa di nuovo. Inoltre, la storia è ben scritta, ben disegnata, ben strutturata.
La prima parte non è molto scorrevole, ma probabilmente è la complessità stessa della storia rende difficile la narrazione. Le tavole acquarellate, molto belle e realizzate con cura, aiutano a caratterizzare i personaggi e l’ambientazione. Avrei preferito l’utilizzo di caratteri più leggibili, ma nel complesso la parte grafica mi sembra di qualità eccellente: immagini e parole si fondono insieme per raccontare molto di più su un passato recente che troppi non conoscono, conoscono in modo confuso o hanno dimenticato.
Ottima anche la scelta dell’ispirazione ai pupi e ai cunti (il cunto è l’antica forma di racconto orale, da cui è nato anche il racconto fiabesco scritto che conosciamo oggi) di Mimmo Cuticchiu, che consente di agganciare la narrazione a un filone più ampio. Ho apprezzato in modo particolare l’approfondimento delle storie familiari dei protagonisti, perché la società non è altro che “la famiglia della famiglia”.
La storia non è leggera e nemmeno a lieto fine: ho assegnato il punteggio massimo per la piacevolezza valutando il modo in cui è stata raccontata. Un ottimo lavoro, da non perdere.
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Istantanee
24 racconti, come i fotogrammi necessari per fare un secondo di un film. L’autore, partendo da aneddoti realmente accaduti, sviluppa delle istantanee sulla vita di personaggi famosi legati al cinema. Scopriamo così aspetti sconosciuti della loro vita che li rendono più umani. Attraverso questi brevi racconti incontreremo Ingmar Bergman, Alfred Hitchcock, Akira Kurosawa. Scopriremo com’è nato Topolino, che Charlie Chaplin partecipò a un concorso per sosia di Charlie Chaplin e non vinse, che Rambaldi, padre di ET, chiamato a testimoniare in un processo si dichiarò orgoglioso del suo lavoro, in fondo se il regista era stato accusato di aver ucciso dei cani, era merito suo e dei suoi effetti speciali che facevano apparire veri animali dei semplici manichini.
Ad arricchire ulteriormente questi racconti ci sono una sezione speciale alla fine del libro e molte note che aggiungono curiosità agli aneddoti già presentati. Un libro godibile con alcuni racconti riuscitissimi. Un libro originale che gli amanti del cinema e le persone curiose sapranno certamente apprezzare.
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Comunque vada...sarà un successo
Marco e Fabiana sono due giovani individui come tanti, assolutamente figli del loro tempo storico; a loro è affidata la narrazione del romanzo, in realtà la narrazione della loro vita e della loro relazione sentimentale. Marco è uno specializzando universitario, un sognatore di professione, aspirante giornalista e scrittore, alla ricerca disperata del suo posto in questo universo confuso ed incerto. Vive e studia a Roma per generosa concessione dei suoi amorevoli genitori, ossessionato dall’eventualità di rimanere vittima di un’esplosione terroristica nella metropolitana, e per nulla sollevato all’idea di passare alla storia come un eroe nazionale. Appassionato di politica, economia, attualità, progetta di rivoluzionare il mondo della comunicazione e dell’informazione, contrariato dal quesito che tutti gli pongono, anche se perfettamente consapevole della sua fondatezza: come realizzare qualcosa sul pianeta Terra senza risorse economiche? Marco racconta gli aspetti emozionali di una generazione quotidianamente in lotta contro l’insicurezza, l’instabilità, l’abbandono, il precariato. Fabiana, da parte sua, è una pittrice in cerca di fama, in attesa della quale lavora come cameriera in un pub: cinica e risoluta, in realtà è stata duramente segnata da un’infanzia difficile che le ha lasciato ferite ancora sanguinanti, rendendola incapace di lasciarsi andare ai sentimenti. E anche quando ciò inaspettatamente accade, ha appena il tempo di assaporarne il piacere poiché il destino le riserva ancora spiacevoli sorprese. Nemmeno l’incontro con Marco allevierà questa sua inquietudine interiore, eppure per lui rappresenta molto, è la sua musa ispiratrice, al punto che il suo abbandono lo farà sprofondare in un forte disagio, un’apatia e un’insoddisfazione nei confronti della vita in genere. Sarà l’ottimismo profuso da quelle tre parole ricorrenti tra le pagine, “andrà tutto bene”, a restituire a Marco l’entusiasmo di ricominciare, di continuare a credere, di guardare oltre, di riappropriarsi del suo presente per costruire il suo futuro.
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Poesia brasiliana
Tormentato e ironico: questo è Mario Quintana, un poeta brasiliano. In questo libro, dipinge un mondo che sembra il frutto degli errori di un apprendista stregone che trasforma la realtà provocando indifferenza e solitudine, anziché purificarla e migliorarla. Il risultato è un’umanità meschina, schiava dei suoi desideri, che rimane vincolata alla sfera materiale senza riuscire a proiettarsi verso l’infinito:
“Oh, prendiamo le barche dalle nuvole!
Gonfiamo le vele di venti!
Lanciamo nello spazio, sempre più in alto,
La rete delle stelle …
Ma dalla terra sale un pesante odore di capelli ...
Un lungo, ansimante fremito nei palmeti, intorno ...
La notte nera, lentamente,
Stringe il mondo tra le ginocchia.”
Secondo il poeta, l’uomo teme il nuovo, il diverso, il confronto con la propria interiorità; e quindi rifiuta la poesia che scalfisce le sue certezze:
“La poesia è un sasso nell’abisso,
l’eco della poesia scompagina i profili:
Per il bene delle acque e delle anime
Assassiniamo il poeta.”
Mario Quintana ha l’umorismo e la passionalità propria degli autori sudamericani, come Garcia Marquez e Isabel Allende; come loro, mostra abissi e verità con uno stile musicale e armonioso che si coglie leggendo la versione originale delle sue poesie presente nel testo a fronte.
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UN MANTRA POSITIVO
Il libro inizia con una sorta d’ironica “promessa personale” atta ad esorcizzare i mali e i costumi della nostra attuale società fondata sulla mediocrità dell’individuo e sull’assoluta superficialità.
Il protagonista del romanzo è Marco, un eterno sognatore, insicuro e paranoico che teme per il suo futuro e per quello della società intera, quella stessa società che sembra avercela perennemente con lui. Vive la sua vita universitaria da alienato, con scarsa voglia di studiare e con incrollabile attrazione verso la più totale apatia, chiedendosi ripetutamente se la scelta universitaria sia davvero quella giusta, insomma quella in grado di dare la svolta definitiva alla sua vita da “sfigato”.
E proprio in seguito al suo trasferimento a Roma, Marco sembra davvero deciso e determinato a prendere in mano la sua vita e inizia a farlo cercando: prima di lasciarsi alle spalle la cocente delusione amorosa con Fabiana e poi tentando di realizzare il sogno di fondare una rivista indipendente e innovativa.
Ben presto però comprende che il percorso è arduo e frastagliato ma non impossibile da percorrere, soprattutto se a compierlo non si è più da soli. Infatti Marco, grazie alla sua ritrovata positività sarà in grado di scorgere anche l’amore che come nel più banale dei casi, era da sempre sotto i suoi occhi ancora troppo ciechi per rendersene conto.
La lettura di questo libro è veloce ed immediata, merito di un linguaggio fresco, semplice e giovanile anche se a tratti un po’ ripetitivo ma mai noioso. Inoltre l’autore, tramite le pagine del suo libro non dimentica mai di rivolgere uno sguardo critico nei confronti della società attuale, lanciando acute frecciatine senza però mai polemizzare troppo. A mio avviso, il messaggio principale del libro è perfettamente riassunto nel suo titolo che risuona da più pagine proprio come un mantra, ovvero che comunque vadano le cose … “Andrà tutto bene” e che piuttosto che una certezza sembra il buon auspicio alla più assoluta positività.
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Si stava meglio quando si stava peggio!
Si stava meglio quando si stava peggio. Questo sembra suggerirci Emilia Apostoae, detta Mica, la protagonista del libro ”Sono una vecchia comunista”, di Dan Lungu, edito da Aìsara.
Scrittore rumeno da noi a oggi sconosciuto, ma, chiaramente, conosciuto nel mondo!
Prescindendo dal fatto che lo scrittore sia famoso oppure no, il libro è davvero interessante, sotto diversi punti di vista. La storia che ci narra attraverso Mica è una rivisitazione dei tempi del regime di Ceau?escu vista dalla prospettiva odierna
In Romania è tempo di elezioni e la figlia di Mica, Alice, che vive nel civilissimo Canada, telefona alla madre per chiederle per chi voterà. Ed ecco che Emilia si scopre a pensare con nostalgia ai tempi del comunismo, quando tutto sembrava peggio, ma, voltandosi indietro, forse si stava meglio.
“All’improvviso il ricordo è davanti a me. Il gusto era quello del pezzetto di maddalena che a Combray, la domenica mattina, quando andavo a darle il buongiorno in camera sua, zia Leonia mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio…." (Marcel Proust, Dalla parte di Swann)
La telefonata della figlia sembra essere il pezzetto di maddalena che risveglia la memoria della protagonista con tutta la sua dolcezza. Ma la memoria spesso inganna, perché il tempo addolcisce i ricordi sfrondandoli dai contenuti più brutti. E questo succede anche a Mica, che ha oggi una visione nostalgica e quindi edulcorata del regime. I suoi dolci ricordi, come le belle giornate passate in fabbrica a lavorare e a giocare a Backgammon, diventano oggi quasi assolutori nei confronti di un comunismo che ha lasciato pochi nostalgici in coloro i cui amici e parenti ne sono stati vittime Come dimenticare le lunghe ore passate in fila per acquistare beni di prima necessità, la paura di essere perseguitati dal regime, come nemici del popolo, le privazioni accettate in silenzio per anni? Queste apparenti incoerenze portano Emilia a riflettere e a confrontarsi con la differenza che c’è tra il passato e il presente, che va avanti, si evolve, e passa il testimone di mano.
La narrazione si svolge, infatti, su diversi piani, quello di un oggi, moderno e capitalista, e quello di un ieri, in cui il comunismo la faceva da padrone. E con diverse digressioni ci porta ai tempi di Ceau?escu, "Geniul din Carpa?i", il genio dei Carpazi, raccontandoci come si svolgeva la “vita comune” durante il regime, dipingendolo a volte in modo grottesco attraverso storielle divertenti sul Condottiero. Il libro è scorrevole, ha un ritmo piacevole ed è a tratti divertente o amaro. La traduzione è ottima e non fa rimpiangere la lettura in lingua originale.
Dan Lungu è bravo nel farci immaginare come si viveva a quei tempi, senza mai indulgere in pietismi e in invettive politiche, ma soprattutto senza mai raccontare gli orrori di un regime totalitario. Lascia al lettore, conducendolo per mano, la scelta di schierarsi dalla parte di Mica o di Alice, e quindi di decidere, democraticamente, se si stava meglio quando si stava peggio.
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Il dono di Mariella.
Alle 16.00 di oggi pomeriggio mi sono ritrovata tra le mani questo libro.
Piccolo,piccolissimo con una copertina in bianco e nero meravigliosa.
E’ cosi che ho incontrato Mariella.
Mariella che a tre anni si è presa la poliomelite.
Mariella che ha avuto una madre che non l’ha accolta.
Mariella che scrive”Non mi sentivo cattiva,ma il rifiuto della vita dentro di me era tanto.”
Mariella che si è rifugiata nell’eroina.
Mariella che è stata stuprata.
Mariella che ha contratto l’Aids.
Quante cose le sono successe in una vita sola vero?
Eppure mentre leggi le sue parole,buttate li’ come una sorta di diario personale,come messaggi scomposti di cui si fa portatrice,non provi pietà per lei.
Provi rispetto.
Perché tra le sue inevitabili paure trovi la sua forza,l’accettazione di se stessa,la non rabbia per una vita che non ha di certo ecceduto in generosità nei suoi confronti.
Non c’è traccia di auto compatimento,nessun vittimismo,solo la sua realtà.
Questa donna non è una scrittrice e non ha bisogno di raccontarci storie.
Nessun romanzo,nessuna invenzione.
Non vuole nemmeno darci degli insegnamenti di vita.
Non ci dice “Non drogatevi” e nemmeno “Usate il preservativo”.
Con l’animo aperto ci concede semplicemente la sua vita.
E io le dedico tutta la mia stima.
Un piccolo,piccolissimo libro…prezioso e onesto.
Un piccolo regalo perché quando qualcuno ci permette di entrare cosi a fondo nella sua esistenza ci sta facendo un dono e accoglierlo è nostro dovere.
Buona lettura.
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Essere la foresta
Copio qui sotto un file musicale. Se voleste ascoltarlo mentre leggete le mie poche righe, per farvi arrivare quello che con le parole non sapro’ di certo trasmettere , il canto della foresta :
http://www.luisdevin.com/fotogallery-ricerca.php?foto=21
Luis Devin, giovane antropologo torinese classe 1975, nell’anno 2000, ancora studente, si reca nella foresta pluviale del Camerun, viene accettato da una comunita’ pigmea Baka, vive a stretto contatto con loro per circa tre mesi .
Viene addirittura approvato il suo accesso ad un rito di iniziazione , che permette ad un ragazzo di diventare un uomo. Un ragazzo bianco, diventera’ un uomo del clan.
Questa e’ una storia vera .
Questa e’ la foresta.
Quella a cui noi, di norma, non abbiamo accesso:
“Entriamo in una zona paludosa. Un’area di foresta sommersa a tratti dall’acqua dove sembra che la vegetazione abbia paura a toccare il suolo, dove gli alberi se ne stanno come in punta di piedi per non bagnarsi, protesi verso l’alto, in equilibrio sulle loro gigantesche radici aeree , dove i tronchi degli alberi si sostengono a vicenda abbracciandosi a un passo dal cielo.”
Finalmente qualcuno ha scritto questo libro, finalmente qualcuno ha vissuto questo libro.
Un meraviglioso connubio uomo bianco visitatore, uomo della foresta, foresta.
Un miscuglio di descrizioni dettagliate di ambientazione pluviale, di foresta vergine, di riti, costumi, usanze di una popolazione ancestrale che vive nel cuore della foresta, isolata dal mondo a noi noto.
Un racconto scritto da una penna brillante, una scrittura diretta e semplice quanto raffinata, spiritoso all’occorrenza Devin sa commuovere sa farti sorridere, ritmo incalzante, aneddoti affascinanti, un giovane uomo bianco che si fonde nel clan nero e ci trasmette la sua curiosita’, la sua inquietudine, la magia di questi luoghi, di questo popolo.
Un libro perfetto, scritto come una fotografia. Viva. Un canto di donne. Un rullo di tamburi. Strilli di scimmie. Un’esperienza di vita, scritta col cuore che al cuore arriva. Come la foresta.
http://www.youtube.com/watch?v=zwA6KXmTfJo&feature=share
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Niente è come sembra
Ogni goccia di sangue che scorre via dalle vene è allo stesso tempo prova di vita e prova di morte: Sienna Hegarty, autolesionista per punizione, ha solo quattordici anni, anagraficamente pochi per regalare perle di saggezza, eppure per lei sono tanti al punto da concedersi filosofiche disquisizioni sull’amore e sul dolore che, concatenati indissolubilmente, governano la vita. Certo la sua di vita non le riserva serenità e spensieratezza adolescenziali , al contrario la proietta rapidamente su binari esistenziali pericolosi come un treno ad alta velocità. Vivace ed esuberante, Sienna è la migliore amica della figlia più grande di Joe, psicologo eccellente, professore universitario, consulente per la polizia di Bristol. Joe non è solo un professionista, ma anche un uomo di sana moralità, un padre premuroso e un marito ancora innamorato, malgrado la separazione. Ogni giorno raccoglie tutta la sua forza di volontà per dominare, assieme alle terapie mediche, il “Signor Parkinson”, in attesa, fiducioso, di una cura risolutiva. Una notte un omicidio efferato trascina Sienna e la sua famiglia in un inferno: il padre viene ritrovato senza vita nella camera di lei e Sienna, ricoperta di sangue e in stato catatonico, è la sospettata numero uno. Ma per Joe questo non è sufficiente, a lui non basta prendere atto di determinate circostanze e coincidenze, lui indaga i perché, le motivazioni, ricerca la causa che ha determinato un effetto: conosce Sienna da tempo, estroversa e disinibita, con la furbizia di una donna nel corpo di una ragazzina, pesantemente penalizzata dal proprio contesto familiare, vittima dei vizi di suo padre, ma non un’assassina! Una serie incalzante di eventi, di soprusi, di complicità, a volte semplicemente di silenzi, o magari di negazioni, perché la mente umana preferisce ignorare e rifiutare l’evidenza piuttosto che affrontarla, illudendosi che la sofferenza sia minore.
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Holly l'altruista
I tulipindi sono folletti molto carini che vivono in un villaggio nascosto allo sguardo degli uomini. Le loro case hanno la forma dei tulipani come anche il loro copricapo. Al compimento del centesimo anno, i simpatici folletti acquistano poteri magici grazie al ciondolo che gli viene donato dal re Tulipus e possono rendersi visibili agli occhi di un essere umano che diventa il loro protetto.
La storia si svolge nel giorno del centesimo compleanno di Holly, che recatasi nel bosco per raccogliere le bacche per la sua torta di compleanno, assiste al rapimento di una bambina da parte della malvagia strega Rubinda, che la rimpicciolisce e la porta nel suo castello per mangiarla allo scoccare della mezzanotte.
Holly con il suo amico Cocci, faranno di tutto per liberare la bambina, fino al sacrificio estremo.....Holly perderà la vita per salvare la bambina. Il sacrificio è un gesto talmente altruistico che verrà ricompensato. La lacrima della bambina restituirà la vita alla folletta che diventerà la sua protettrice.
Il messaggio che ho carpito da questo libricino? L'altruismo e il sacrificio ripagano sempre! Dare senza aspettarsi nulla in cambio, è il gesto più magico che si possa fare. Forse la cattiveria della strega che mangia bambini è un pò troppo forte per un pubblico molto giovane, soprattutto se letta prima di andare a dormire, ma la dolcezza degli altri personaggi la rende molto piacevole.
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La verità nascosta.....
La verità è nascosta nella più profonda psiche umana.....giochi di luce/ombre, fantasia/verità.....immaginazione/realtà....scavare nella mente, cercare di mettere i cocci a posto, ricomporre il tutto come se fosse un puzzle..è ciò che Simon sta cercando di fare dopo aver lottato e.....ammazzato un uomo che si era introdotto in casa sua.
Voleva capire perché quell'uomo aveva intenzione di ucciderlo, quell'uomo che a parte qualche dettaglio....gli assomigliava molto, anzi era identico a lui!
Dopo aver scoperto l'identità del suo doppio: Jeremy Shackleford, Simon decide di prendere il suo posto, la sua vita.
Ma chi era veramente Jeremy, cosa nascondeva?
Simon si mette a indagare.....si sente osservato, pedinato, qualcuno vuole farlo impazzire o meglio vuole fare impazzire Jeremy...
Ora non e più sicuro della sua scelta rivuole la sua vita tranquilla....la sua mente vacilla tra realtà e allucinazioni ma piano piano i tasselli si incastrano, la mente riordina i pensieri, la realtà affiora ed ora è tutto chiaro....Simon ora sa chi è e cosa deve fare.
Una trama intrigante, appassionante,originale, bella, bella davvero; una novità editoriale che non può che appassionare il lettore.
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Una storia impossibile
L'amore, l’olocausto, la memoria rappresentano momenti essenziali del costituirsi di questa trama; non lineare né rapida, nel complesso dei mutamenti che la coinvolgono, la storia di Debora e Frydryk va al di là di se stessa e racconta il senso di pensare al passato e di concepirne i legami con il presente. Una storia impossibile, romanzo di Eleonora Heger Vita, testimonia l’identità ebraica e il tragico evento della guerra, ma è dedicato principalmente all’amore, ripercorrendo le vicende di una famiglia smembrata e al contempo tenuta insieme dall’identità dei suoi componenti. È ancora l’appello alla memoria ad alimentare, in queste pagine, la riflessione sulla vita e sulla Shoah. Nel ricercare le loro radici, e accomunati da questa prospettiva, i protagonisti di questa storia impossibile, «o forse anche possibile», semineranno nei cuori dei loro lettori il seme della speranza.
«Parlò un po’ in Yiddish e un po’ in polacco. Parlò a lungo, come fanno spesso i grandi vecchi, consci di essere i depositari di un tesoro che il tempo ha loro affidato e che presto si porterà via per sempre. Il signor Gruenberg sapeva di essere l’unico, l’ultimo possibile depositario di un passato che le tragedie della storia avevano quasi interamente cancellato, sapeva di essere la fonte che quei pellegrini del ricordo erano venuti a cercare.»
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Wölfelìn
DA LEGGERE DA LEGGERE DA LEGGERE
Epico Epico ed ancora Epico, questo è l'unico aggettivo che mi viene in mente. Complimenti ad Angelo Caimi ed alla casa Edizioni Forme Libere, perchè questa è una grande opera che in alcuni tratti mi ha ricordato "I Pilastri della Terra" di Follett ed è solo per questo, non azzardato paragone, che non mi sento di dare il massimo dei voti a questo libro ma moralmente gli ho anche assegnato la lode ed il bacio accademico.
Romanzo storico, il primo di una saga di quattro parti, ambientato nelle terre tra l'odierna Lombardia e Piemonte nel XIII° secolo.
Wölfelìn, giovane lupo, un ragazzo di nome Stephan e della sua ascia da battaglia, la leggendaria Madaerin, sono i protagonisti attorniati da una svariata quantità di personaggi, alcuni esistiti realmente ed altri di pura fantasia dell'autore, tutti caratterizzati molto bene sia nei tratti fisici che psicologici. Fantastiche le figure di Gerbert l' esploratore e della spia - assassino Sa id, quest' ultimo un personaggio fosco e misterioso che ci farà restare col fiato sospeso fin dalla sua comparsa nella storia senza mai abbandonarci realmente.
Emerge, dal tutto, un quadro dei personaggi che mi porta a dire "l'abito non fa il monaco" e credetemi sarà così fino all'ultima pagina, di queste 600 che non permettono al lettore neanche una pausa, si, perchè la trama è così avvincente e le avventure così rocambolesche che non si possa abbandonarne la lettura.
La storia è caratterizzata da momenti di superba grandiosità espressa nella descrizione di battaglie o scontri tra fazioni soldatesche e regolamenti di conti, ma allo stesso tempo la trama è pervasa da tristezza e malinconia sconcertanti, alcuni momenti sono davvero crudi ed assurdamente crudeli senza scivolare mai nel banale e scontato. Una scioltezza narrativa che lascia vittima il lettore, da parte dell'autore carnefice che obbliga ad amare, odiare, subire, godere, ammirare e disprezzare allo stesso tempo i personaggi tutti, i sistemi organizzativi medioevali, ed a volte anche una trama davvero spietata sia col lettore che con i personaggi.
Il piacere che ne è derivato dalla sua lettura e soprattutto la voglia di rileggere Angelo Caimi mi impone di chiedere formalmente alla casa editrice quando verrà pubblicato il secondo capitolo di questa saga che mi ha conquistato al primo colpo.
Un plauso sempre alle Edizioni Forme Libere che hanno pubblicato un'opera credendo nel progetto e producendo un tomo rilegato con copertina rigida ed una sovracopertina, seppur semplice sicuramente indovinata, questa edizione è anche caratterizzata da una cartina geografica che aiuta il lettore per orientarsi lungo il tragitto percorso dai vari personaggi, durante la lettura.
Angelo Caimi, scrittore ITALIANO, i suoi protagonisti, la storia, la leggenda narrati, una vittoria editoriale su cui investire per una lettura che ammalia.
CONSIGLIATO L'ACQUISTO.
Buona lettura a tutti.
Syd
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La valle delle acacie
"La valle delle acacie" è un libro interessante che mostra un momento di un'epoca dove la vita era semplice, ma anche dove le guerre erano feroci e violente.
Ci troviamo nel 1228 alle porte di Gerusalemme dove l'imperatore Federico Svevo è accampato in attesa di conquistare la Terra Santa. Alla porta della sua tenda si presenta Gamal, un derviscio (monaco) egiziano che si appresta a raccontare la sua storia in cambio di un buon pasto.
All'inizio il racconto di Gamal si basa solamente sugli ultimi fatti che lo hanno condotto lì affamato e quasi cieco ed è interrotto dai vari commenti dell'imperatore, ma poi incomincia a narrare il suo viaggio dal luogo di partenza.
Gamal viveva a Organza e lì aveva conosciuto due musicisti, Safat, un ebreo gigantesco rispettatto da tutti, e Caterino detto Quatar-in.
Il gruppo così formato gira fra i vari banchi del mercato della città fino a trovare uno strano mago che li incuriosisce.
Il mago offre al gruppo di partire con lui per salvarli (a suo dire) e fa la stessa proposta anche a Ciassarre un ragazzo persiano, incuriosito come il gruppo dallo strano mago.
Alla fine Safat, Gamal e Ciassarre (Caterino non parte con loro, si rincontreranno?) decidono di seguire il mago che si rivela essere un principe mongolo di nome Ogodei.
Il principe vuole l'aiuto del gruppo solo per leggere un'antica iscrizione su una rupe che dovrebbe condurre a un tesoro.
Il gruppo compierà un viaggio tra tempeste e tormente di sabbia, incontrando anche, per un componente del gruppo, l'amore.
La trama è allettante, ma ci sono alcuni punti che mi hanno fatto dare un punteggio più basso.
In primo luogo vi sono alcune frasi in latino di cui si intuisce il significato ma che non vengono tradotte o spiegate.
Ho invece apprezzato le scritte in aramaico e in persiano che hanno dato, a mio avviso, un tocco di originalità, inoltre sono state in seguito spiegate o tradotte e quindi non hanno tolto compresibilità al testo.
Un'altra cosa che non ho apprezzato, è il fatto che, soprattutto all'inizio del libro quando ancora non si ha famigliarità con i personaggi, vengono usati nomi diversi per indicare la stessa persona. Ad esempio l'imperatore viene chiamato anche Lo Svevo, o solo Federico, così per Gamal viene usato anche derviscio o monaco.
Mi sare infine aspettata uno ampliamento della storia delle scritte miseriose che rimangono un gran punto interrogativo anche se capisco che al gruppo le iscrizioni non interessavano ma avevano altri valori da perseguire.
Nel complesso La valle delle acacie è una lettura gradevole e consigliata.
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Le mille trappole della rete
Storia di moderni truffatori, in “Schegge di Celeste” il computer diviene il mezzo attraverso il quale si possono manipolare le persone, organizzare affari illeciti, spesso rovinare la vita di perfetti estranei, facendo ben attenzione a non rimanere gabbati a propria volta!
Celeste Ardemagni è un’abile hacker, vive in simbiosi con il suo computer, lascia la fortezza rappresentata dalla sua casa solo se costretta e, in queste occasioni, prova una profonda ansia se si trova in mezzo ad altre persone. La sua vita prende decisamente una piega diversa dopo aver letto l’annuncio di Bianca Del Prado, nota attrice in declino, che cerca un uomo perfetto per poter avere un bambino, in cambio un bel mucchio di soldi! Celeste ingaggia, allora, il bello e stupido Vitaliano Spatuzzo, figlio di un boss mafioso latitante, e con lui organizza una truffa nella quale lui mette l’avvenenza mentre lei il cervello e un perfetto uso del computer. Ma Vitaliano e poco intelligente e molto chiacchierone, ben presto la hacker si troverà coinvolta in affari più grandi di lei e, alla fine, chi di frode informatica ferisce…
Trama piuttosto intrigante, anche se soffre di qualche semplificazione un po’ eccessiva in alcuni punti; lettura piacevole, che scorre in maniera fluida e porta il lettore a voler conoscere il finale il prima possibile. Libro adatto ai fissati del computer, la storia può essere un monito ad usare questo mezzo straordinario con intelligenza e moderazione.
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In un fiato
L'ho letto proprio così: in un fiato.
È opera di uno degli autori emergenti proposti da Qlibri: Cinzia Franceschinelli, una donna giovanissima e già una penna promettente ed interessante.
Si tratta di un romanzo d'amore, d'amore giovane, fra giovani.
Il linguaggio, asciutto e moderno, è brillante nei dialoghi che arricchiscono il testo e descrive senza fronzoli l'evolversi di un sentimento e la maturazione di una coppia che (come di prassi) dovrà attraversare momenti di esaltazione e di sofferenza, dovrà cercarsi, perdersi e ritrovarsi per poi forse perdersi ancora...
Il romanzo ha un ottimo equilibrio ed i personaggi rimangono fedeli a loro stessi, si fanno amare e non si modificano nel corso del racconto, come spesso accade, per agevolare la trama.
L'ho letto con piacere e con altrettanto piacere lo raccomando soprattutto a chi è coetaneo dell'autrice, ma anche a chi ha voglia di sentirsi giovane per qualche ora.
[…]
Stringo le labbra e mi metto a fissare il pavimento.
Se l'anno scorso mi avessero detto che le cose si sarebbero messe così non ci avrei mai creduto. Non posso continuare così, sono sposata; seppur in modo strano amo Francesco e questa situazione mi uccide. Mi giro e vado verso la mia borsa.
“Non voglio farti del male, significherebbe farlo anche a me stessa.” - Sospiro - “Torno a casa, credo sia meglio.”
Scuote la testa, si prende le tempie fra le mani e io non ce la faccio a vederlo così; quando si tratta di Jean divento estremamente fragile. Mi rendo conto di non avere la forza di fare nulla, non riesco a lasciare lui, a lasciare Francesco, ma più di tutto non riesco nemmeno ad andarmene da questa casa.
[…]
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Tra delitti e storia
Pagine di storia e di testimonianze ci raccontano la distruzione, l’inedia e la crudeltà che qualsiasi guerra inevitabilmente reca con sé. Durante il secondo conflitto mondiale, in Italia, ideali nobili quali democrazia e libertà, violentemente soffocati dal nazifascismo, costituirono l’obiettivo comune della lotta partigiana: era il momento di resistere, anche al prezzo di uccidere per non essere uccisi, e per regalare al paese un barlume di speranza. Era il 1945…..e sulle sue rovine la gente fiduciosamente costruì, mattone dopo mattone, il proprio futuro; le atrocità della guerra furono relegate ad un tempo passato, ed il loro ricordo sepolto insieme alle vittime. A Case Rosse, però, piccolo borgo arroccato sull’Appenino tosco-emiliano, ancora nel 1995,qualcuno, forse, nonostante gli anni trascorsi, non ha trovato la forza di dimenticare, al contrario ha curato le proprie ferite alimentando un sentimento di giustizia a tutti i costi. Sarà Roberto Serra, sostituto commissario di questo minuscolo comune, abile investigatore un tempo appartenuto ad uno speciale reparto di indagini, a rievocare nella mente e nel cuore dei suoi abitanti la sofferenza e l’orrore vissuti 50 anni prima. La notte del Capodanno del 1995, appunto, un triplice omicidio infrange la quiete di questo paese silenzioso e desolato, inchiodato al suolo per non scomparire tra la nebbia delle montagne. Un delitto perpetrato con una violenza inaudita. Una verità nota a tutti, ma taciuta tra la paura e il dolore… per non ricordare. Case Rosse diventa il simbolo della giustizia e della vendetta, nella sua piazza centrale un angelo di bronzo che solleva un corpo: “Affinché i martiri riposino in pace”. Un thriller che cattura e non molla, un romanzo che coinvolge ed emoziona, un viaggio nella storia per non obliare il sacrificio di chi ci ha reso uomini liberi.
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Il diario di Lara
Come è noto, i pensieri che si presentano in un diario corredano di routine le sue pagine di note riservate. Prendiamo dunque come esempio un diario di originale rilievo, ma sorretto da un curioso spirito di amichevole condivisione, cioè il diario di una donna, il cui interesse risulta considerevolmente accresciuto dal savoir vivre fresco e fantasioso dell’autrice. Non può che trattarsi del diario di Lara! Chiara Santoianni – scrittrice dagli accattivanti toni comunicativi – ci regala il comico ritratto di un’appassionata lettrice di Cosmopolitan, tracciato con larghi segni di amabilità, grazie ai quali, Lara – single “cosmocomica” – ispira la simpatia del lettore e appare forte e fiera a dispetto di una grande traversia sentimentale e contro le consuete vicissitudini lavorative emergendo raggiante e piena di vita. Il suo diario, lungi dal raccontare episodi barbosi, riuscirà a divertirvi.
«Ho letto l’articolo di Cosmopolitan Ottieni una pancia piatta in 24 ore. Mi basterà seguire tutti gli step, sarà un gioco da ragazzi. […] “Finisci la giornata con una cena leggera”, sentenzia il consiglio #5. “Mangia piano, mastica bene e non telefonare durante il pasto”. A farmi derogare a quest’ultima regola pensa Samantha, che mi chiama per organizzare l’uscita di stasera mentre sto spizzicando un sandwich carciofini e crudo. È sabato, me n’ero dimenticata! Il Cosmoprogramma, però, mi assiste anche in questo caso.»
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Quando la storia si incontra con la Storia
Periodi brevi e asciutti, quasi come battute musicali o versi di una lunga poesia, quella della vita (e una poesia di Mario Luzi, di fatto, conclude il libro): Giorni di neve, giorni di sole scritto a quattro mani dai gemelli Valsecchi, narra delle vicende di vita di un uomo che ha avuto la ventura di vedere la sua storia personale incontrare la Storia (con la maiuscola), cosa spesso sconvolgente.
Con una prefazione affidata volutamente al premio Nobel per la pace 1980 Adolfo Perez Esquivel, a sottolineare il senso racchiuso nell’intero volume, il libro, scritto in prima persona e con uso continuo dell’analessi, quasi a rimarcare che il racconto sgorghi vivo dal flusso di coscienza del protagonista, narra dell'italiano Alfonso Mario Dell’Orto che, a causa di sconvolgimenti finanziari, si trova a emigrare con la sua famiglia dalla natìa Piazza Santo Stefano alla remota Argentina.
Giorni di neve, tristi e bui, si susseguono a giorni di sole, felici e spensierati: il protagonista incontra Pocha, anch’ella di origini italiane, e la sposa; vive l’Argentina come tutti i suoi abitanti passando dalle speranze perdute della presidenza Pèron all’incessante susseguirsi di dittature. Tuttavia la sua vita è serena arricchita dai suoi figli.
L’eterna neve giunge da una tragedia vissuta da molti, troppi, e il libro è totalmente impregnato da questo dolore senza fine, fatto di incubi e di ricerche (che forse porteranno a uno spiraglio di giustizia): Patricia Dell’Orto e suo marito Ambrosio, genitori da soli venticinque giorni, scompaiono nel nulla un giorno del 1976, per entrare nella grande tragedia dei desaparecidos.
La storia diventa denuncia, angoscia, commemorazione nel nome di Patricia per sempre legato a una targhetta di una Cooperativa di Piazza Santo Stefano.
Tutto cambia, anche "Piazza": ora visi ambrati passeggiano e abitano nel paese... la storia continua.
E a sottolineare il vincolo indissolubile tra storie piccole e Grande Storia, la postfazione spiega asciuttamente le grandi tragedie del mondo, dal massacro armeno ai desaparecidos in Guatemala, in Argentina, alle tante e troppe repressioni di questo mondo non ancora civile.
Non romanzo ma libro di denuncia e di una piccola e grande storia. Per non dimenticare
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JOSEPHINE
Estro femminile e arguta espressività in Joséphine, incantevole comic strip edita in Italia da Hop e ideata da Pénélope Bagiue – illustratrice e disegnatrice di talento, che riflette nell’indicativa caratterizzazione del suo colorato personaggio la quotidianità così “gaffeuse” di una giovane donna, le cui speranze e aspettative si volgono verso la medesima e sempreverde direzione della ricerca della felicità. A guardar più da vicino questo racconto abilmente figurato, vediamo Joséphine oscillare costantemente tra feste e incontri, lavoro e famiglia, palestra e shopping, ovvero tra la necessità di agire speditamente per modificare la sua realtà sentimentale e la tensione verso un cambiamento radicale della sua esistenza. Eppure, proprio a partire da un festoso stato di singletudine, in circostanze non così straordinarie, la nostra ironica parigina si accorgerà semplicemente di non cavarsela poi tanto male!
Con una curiosità e un interesse che cresceranno rapidamente, non perderemo di vista Joséphine e il migliore dei suoi momenti sarà proprio l’ultimo.
Godibile!
Consiglio, per di più, la visione del divertente booktrailer: http://www.youtube.com/watch?v=3ysRUHBjYjY
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Una storia avvincente...
Veramente non mi sembra un libro scritto da un autore emergente: è presentato con maestria e intelligenza; la nostra giovane autrice ci introduce nell'oscuro e affascinante Medioevo, mostrandoci i costumi e le abitudini degli individui di quell'epoca: epoca difficile e sanguinosa, in cui i potenti spadroneggiavano, in cui si poteva uccidere anche per futili motivi, in cui anche gli innocenti potevano perire per mano di zelanti inquisitori o essere scomunicati dal papa per aver composto un libretto dalle figure oscene....
Noi che invece fortunatamente siamo protetti dalla legge, possiamo sorridere di certe barbare usanze e sicuramente non vorremmo mescolarci con i nostri predecessori, senza pensare a quanti uomini valorosi sono morti in quell'epoca di barbarie, prima che la mente umana...durante quei bui secoli fosse rischiarata dal seme della civiltà...
Ricordiamoci però che portiamo dentro il nostro DNA il germe ambiguo della violenza e ciò è testimoniato anche dagli efferati casi di violenza omicida che ancora si scatena nel nostro mondo civile, nonostante il progresso....adesso non abbiamo neanche la scusa di vivere nell'oscuro medioevo...
Per il fascino occulto che trasuda dalle pagine di questo libro, di cui consiglio la lettura a tutti coloro che sono appassionati di gialli e anche agli amanti della storia, mi sono uscite queste amare riflessioni...
Ma ritornando al libro è veramente meritevole di attenzione. Un sincero complimento all'autrice.
Saluti.
Ginseng666
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Buono...
Carlo nasce nel 1815, figlio inatteso e non deisiderato di una coppia di bifolchi che coltivano un piccolo podere lungo le sponde del Tevere. Alla fine, viene adottato dal fabbro maniscalco del paese e da sua moglie i quali, che già avevano avuto due figli, desiderano impartirgli l'arte del padre acquisito in modo tale da assicurarsi una vecchiaia sicura, tramite un figlioccio che possa continuare l'attività rifiutata dai figli naturali.
Carlo cresce amato e coccolato e all'età di otto anni affianca già quello che lui ritiene essere il suo vero padre nella bottega sotto casa: è un ragazzo molto buono e ubbidiente e il fabbro e sua moglie si sentono davvero felici. Poi, per Carlo arriva l'età in cui prendere possesso dell'attività del padre: benchè questi lo affianchi sempre, per lo più coi suoi preziosi consigli, è ormai troppo anziano per poter lavorare il ferro e mantenere il ritmo richiesto dal suo lavoro; è così il buon Carlo che si fa carico di tutto. Un dì, si reca ad un convento: qui la madre badessa lo aveva fatto chiamare per affidargli certi lavori circa delle inferriate da apporre alle finestre delle novizie; per puro caso (o forse no?), Carlo incontra la domestica, tale Genoveffa. Se ne innamora subito ed è così preso dalla su apparizione, da dimenticare domande importanti per svolgere il suo lavoro; quando ritorna a casa il padre lo sgrida amorevolmente, capendo lo stato d'animo del figlio. Dopo pochi incontri, di cui un paio anche tra la madre badessa e la mamma adottiva di Carlo, il matrimonio si può compiere. Carlo e Genoveffa sono felici, si amano molto e presto nasce il frutto del loro travolgente amore: Maria.
Ma è proprio poco dopo la nascita della piccina che Carlo deve andare fuori cifttà per lavoro e, sulla strada, incapperà nel suo malaugurato destino.
A distanza di 200 anni, Gregory è sulle tracce del suo antenato Carlo, detto Buri. I documenti in suo possesso non lo aiutano troppo nella ricostruzione storica di ciò che gli accadde e Gregory, pur senza nutrire troppe speranze, cerca di scoprire qualcosa in più. In un'Italia scossa dalla vicina votazione di fiducia al governo, possibile ma non sicura, Gregory alterna sue riflessioni sul mondo attuale, sul suo antenato Buri e sul soggetto femminile che incontra quasi casualmente e che lo colpisce nel profondo.
La lettura di questo romanzo è abbastanza piacevole, ma se (come si legge dalla dedica dell'autore), l'intento era quello di dar rilievo a tutti gli eroi che hanno perso la vita combattendo volontariamente o mandati a morire per l'Unità d'Italia, allora posso dire che l'obiettivo non sia stato del tutto raggiunto. In questo libro si parla di molti argomenti (la vita e le peripezie di Carlo, la vita di Genoveffa, la situazione politica nell'Italia del 2010, le avventure dei seguaci di Garbaldi, il viaggio di Gregory) senza però dare particolare importanza a qualcuno di questi, secondo il mio punto di vista. Anzi, se dovessi dire a quali argomenti viene dato più spazio, direi la vita sentimentale dei personaggi. Troppe poche le pagine dedicate agli scontri tra seguaci del Papa e garibaldini, troppi pochi dettagli.
Nel complesso, il romanzo non mi è dispiciuto, si legge facilmente e ci si trova molto coinvolti dal carico emotivo che l'autore ci comunica; storicamente mi sembra ben adattato ed anzi, credo sia molto fedele agli usi e costumi dell'epoca, il che denota attente ricerche o comunque grande conoscenza, da parte dell'autore stesso, di questo periodo storico.
Ne consiglio la lettura più che altro per gli interessanti punti di vista adottati dall'autore: quello di Carlo, quello di Genoveffa e quello di Gregory e per avere un quadro interessante dello Stato Pontificio.
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Una favola stralunata
Potrebbero Cappuccetto Rosso, Cenerentola, Biancaneve e la Piccola Fiammiferaia essere vive e presenti nel mondo di oggi?
E potrebbe la loro storia essere raccontata come una favola che ricalca gli originali, portandosi a corredo i gadget, le manie, il comportamento ed il linguaggio degli adolescenti di oggi?
E potrebbe una sola fanciulla indossare, in successione, gli abiti di quei personaggi e trovarsi a rivivere le loro avventure e disavventure?
L'autore di questo libro ritiene di sì e ci racconta una storia ironica e divertente che si legge come si beve un sorso d'acqua e lascia col sorriso sulle labbra. Anche se ha ragione il titolo: questa favola non è proprio roba per bambini!
Un encomio ad Arduino Sacco Editore che, come si legge nella contro copertina, non usufruisce di finanziamenti né pubblici né da parte degli autori e rischia in proprio per pubblicare nomi nuovi e consentire loro di apparire in libreria e di farsi conoscere. Complimenti per la grafica che pone in copertina un'immagine gradevole, fresca ed accattivante. Un po' meno complimenti a chi ha curato editing ed impaginazione perché si è lasciato sfuggire numerosi piccoli errori che si potevano facilmente evitare.
Suggerisco la lettura del libro che pur traducendo le favole in un linguaggio e con situazioni “da adulti”, riesce a mantenersi entro i limiti dell'ironia senza cadere nel volgare.
[…]
C'era una volta, come c'è sempre stata e sempre ci sarà...
una bambina con un piccolo cappuccetto rosso.
Come spesso accade nelle migliori famiglie, questa bambina viveva spensierata con la sua mamma e, come spesso accade nelle migliori famiglie, del padre non ne seppe mai nulla.
La loro vita trascorreva tranquilla in una piccola, umida, modesta casetta, sul limitare di un bosco inquinato pieno di tafani, zanzare e fazzoletti sporchi dell'entusiasmo di chi ci andava in “camporella”.
Trascorreva tranquilla la vita... lenta ma trascorreva.
[...]
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Politicamente scorretto
Il protagonista del romanzo è Nichi Moretti (alter ego dell'autore, come egli stesso dichiara), un avvocato dedito alle droghe e al sesso. Uno che ama quasi mettersi nei guai.. un tipo non troppo raccomandabile insomma! Attorno al protagonista ruotano una serie di personaggi alquanto variegati: prostitute, spacciatori, delinquenti di ogni sorta, una specie di "Corte dei miracoli" portratrice di una serie di contro-valori (Nichi d'altronde è un antieroe per eccellenza) che tenta con tutti i propri mezzi, che siano leciti o meno, di barcamenarsi e sopravvivere nella giungla della società moderna, di sfuggire alla morte in un contesto di povertà e degrado.
Non vi aspettate tuttavia un libro drammatico, o meglio Franco Legni riesce, a mio parere, a smussare con l’ironia e rendere più digeribili argomenti che fanno parte della trama (una trama molto esplicita) fatta di droga, sesso, delinquenza (piccola e grande), violenza. Un libro esilarante e dissacratorio ma che fa comunque riflettere. Nichi che fa della randagità e della precarietà il proprio stile di vita, benchè sia codardo, egoista e indolente, riesce comunque ad accaparrarsi la solidarietà e la simpatia del lettore. I personaggi sono tratteggiati con vivace e crudo realismo, lo stile è goliardicamente scurrile, a volte un pò troppo per i miei gusti, sfrontato ed estremo oserei dire.
Se non siete dotati di senso dell'umorismo e di apertura mentale vi consiglio di starne lontani!!
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- sì
- no
-Factotum di Bukowski
-Letteratura "on the road"
Non consigliato a chi potrebbe sentirsi offeso dalla trama esplicita, da alcune descrizioni un pò crude e dallo stile a volte goliardicamente scurrile!!
L'ululato dei coyote
Gran bel romanzo, crudele e ammantato di dolcezza, con personaggi ben delineati e per molti versi antitetici: da un lato un uomo solido, padre e marito esemplare, dall'altro uno smidollato violento; da un lato una donna coraggiosa, pronta a tutto per il bene dei figli, dall'altro un'inetta che finisce per crogiolarsi nel ruolo di vittima. Le loro strade, già legate dalla parentela, si incroceranno fatalmente in un crescendo drammatico.
La storia principale è quella di una famiglia di agricoltori ucraini che fugge dal regime di Stalin ed emigra alla volta del Canada, per cominciare una nuova vita in mezzo a praterie desolate. Malgrado la buona volontà, i sacrifici e il duro lavoro, la fortuna non sarà dalla loro parte e saranno costretti a chiedere aiuto ad alcuni parenti, diventando di fatto bersaglio di disoneste rivendicazioni.
Ci sono pagine che non si dimenticano, struggenti pezzi di bravura che omaggiano la dignità di chi sopporta con pazienza le avversità e si rialza sempre con rinnovata speranza.
Con un sapiente cambio di prospettiva, verso le ultime pagine l'autrice ci fa osservare con altri occhi la casa in legno, robusta e accogliente, costruita dal capofamiglia nel tempo libero dal lavoro nei campi. E sarà un'amara rivelazione sentirla chiamare “baracca” da estranei, annusare tanfo di aglio e muffa al posto del profumo di zuppa, vedere solo bambini denutriti e coperti con abiti rattoppati, così diversi dalle creature piene di gioia di vivere che conoscevamo.
Ma ancora più sconcertante sarà assistere alle conseguenze di una miseria ben peggiore della mancanza di denaro: quella dell'animo umano, che si abbatterà sulle vite di tutti riuscendo a contaminare anche l'innocenza di un bambino.
L'ululato dei coyote percorre tutta la narrazione, presagio di qualcosa che dovrà succedere, che succederà, perché a volte l'amore non basta, i sacrifici non pagano e la vita non è giusta.
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L'amore ai due poli
Un libro che si legge in poche ore perchè tutto sommato scorrevole ma lo stile con cui è raccontata la storia mi ha lasciato un po' perplesso.
Trattasi di un racconto biografico dell'autore che narra della storia d'amore tra lui ed una ragazza greca.
L'articolazione dell'opera è stratergicamente suddivisa in brevi capitoli anche se alcuni di essi li ho trovati superflui ma se la storia è andata così l'accettiamo lo stesso.
Una cosa che non ho capito è questa caro Riccardo: "perchè deve essere il protagonista a seguire la protagonista per un lavoro? Non si sarebbe potuto parlarne a quattr'occhi e decidere con più calma?".
Chiedo scusa all'autore ma probabilmente a lui piaceva così...ma ad un lettore una storia d'amore deve trasmettere dei sentimenti che siano pure tristi, tragici od infinitamente allegri e felici.
Quello che secondo me manca in questa trama è il Pathos, si proprio questo così tanto osannato termine di origine greca, la storia seppur interessante, chi non è mai stato innamorato ed ha vissuto avventure di convivenza universitaria come le vostre?, probabilmente tantissimi e probabilmente molti si saranno ritrovati nelle azioni dei personaggi del libro ma questo potrebbe ridursi ad una mera storia come tante se non la si colora con un pennello ed una tavolozza ricca di colpi di scena, sentimenti e sensazioni che avrebbero, preciso a mio modesto parere, dato all'opera il vero tocco artistico.
Il mio consiglio ad Agostini è di ritentarci perchè la penna scrive bene, è il colore dell'inchiostro che è un po' smorto.
Buona lettura a tutti.
Syd
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- sì
- no
Piacevole ed interessante
Zio Dieci è morto; al suo funerale la Signora, Elisabetta, Maman e Patrigno sembrano afflitti.
Ma ma pare che la Gran signora dei Tonti sia l'unica a dubitare che quello di zio Dieci sia stato davvero un suicidio.
La Gran Signora dei Tonti, altri non è che Margherita, nipote di zio Dieci allontanatasi dalla città e dalla famiglia per molto tempo. Quali le cause? Il rifiuto, da parte della sua famiglia, di accettare l'uomo che lei amava.
Ora lo spirito di zio Diecipercento si aggira tra i suoi cari e sente ogni singolo pensiero. Non è ancora giunto, per lui, il momento di allontanarsi dalla terra: prima deve ricostruire la sua vita, mettere insieme i pezzi mancanti e capire com'è morto.
Anche Margherita è lì per rimettere insieme qualche frammento della sua vita; e così zio e nipote, ricongiunti nella morte di lui dopo anni di separazione, sembrano darsi la mano e accompagnarsi a vicenda in un viaggio sulla strada del passato, nel paese dei ricordi.
La storia è molto bella e avvincente, raccontata ora dal punto di vista di Margerita, ora da quello dello spirito di zio Dieci; non credo di aver mai letto un romanzo di questo genere e devo dire di averlo molto molto apprezzato.
La storia è tutta un viaggio nella vita e nei sentimenti dei personaggi, che riesaminano le scelte fatte nella loro vita e ciò che esse hanno comportato.
Mi è piaciuto entrare in questa famiglia per niente per bene e piuttosto arida nell'animo; ho apprezzato moltissimo il personaggio di Margherita e, anche se un po' meno, quello di zio Dieci.
Questo romanzo mi ha fatto riflettere molto: non quello che è giusto per noi, spesso lo è anche per gli altri; e a volte, prima di intrometterci nelle vite altrui e giudicare a sproposito, dovremmo semplicemente fermarci, contare fino a dieci prima di parlare e capire quali sono i reali bisogni della persona che si sta confidando con noi. É un valore importante questo, che stiamo lentamente perdendo...abituati come siamo a pensare di essere sempre e solo noi nel giusto.
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«La cultura è un coltello affondato nel futuro»
Svoltesi fra il luglio e il settembre del 2011, le venti conversazioni che Erickson presenta in questo breve libro, opera di uno dei più grandi pensatori contemporanei, Zygmut Bauman, in collaborazione con Riccardo Mazzeo – brillante interscambio sviluppatosi intorno al ruolo dell’educazione, nella ricerca di una più chiara comprensione delle diverse modalità e dei diversi ritmi secondo i quali le realtà giovanili stanno mutando –, offrono un quadro d’insieme del moto di idee e sentimenti caratterizzanti il gap generazionale e gli antagonismi economici crescenti, ma anche della minuziosa capacità di osservazione dell’autore, e colpiscono per le ampie riflessioni sulla significativa trasformazione dell’assetto sociale che ha condotto all’avvento della «Primavera araba» e alla tendenza, come lo stesso Bauman racconta, all’«indignazione» attraverso l’emergere di una politica «a forma di sciame». In essa l’autore, anche attraverso il confronto con altri intellettuali del nostro tempo, scorge i sottintesi del crollo di aspettative di un’intera generazione in una società capitalistica come la nostra in cui – nei termini dello stesso Bauman – «l’ultima barriera che si frappone tra i giovani e la loro rottamazione è questa nuova capacità che mostrano di fungere da serbatoio per gli eccessi dell’industria dei consumi». Un processo economico continuo, più che mai aperto allo sviluppo, di cui Zygmut Bauman ripercorre le accezioni e la diffusione riprendendo e precisando il concetto di «consumatori difettosi», puntualizzando con Riccardo Mazzeo il significato che ha accompagnato in Gran Bretagna gli emblematici disordini a Manchester, presto dilagati nel paese a suon di saccheggi e scorrerie – un resoconto diretto e di grande immediatezza della «rivolta di consumatori frustrati».
Alla radicalità e alla complessità delle trasformazioni economiche e sociali fa riscontro anche un cambiamento radicale delle tendenze culturali. Invale «una cultura del disimpegno, della discontinuità e della dimenticanza». Un punto di vista, quello di Bauman, straordinariamente attento alla dimensione «liquido-moderna», bene espressa dalla TV e dai social network; riguardo ai quali, Riccardo Mazzeo opportunamente cita la seconda delle 44 Letters from the Liquid Modern World: «[…] una volta che si vada in rete, non si ha più alcuna possibilità di stare completamente e veramente da soli. E se non si è mai soli, sarà molto meno probabile che si legga un libro per il piacere di farlo, che si faccia un disegno, che si guardi fuori dalla finestra immaginando mondi diversi dal proprio» (Bauman, 2010). Nonostante l’indubbia preoccupazione manifestata dal pensatore, non potrà sfuggire al lettore la concezione di una «rivoluzione permanente», da attuarsi “genuinamente”, ribadita nel corso delle conversazioni con Riccardo Mazzeo, nel rivolgersi al quale – mi piace infine ricordare –, sottolineando il valore finanche dei più piccoli fermenti culturali, Bauman asserisce che «perfino le querce centenarie provengono da ghiande ridicolmente minuscole».
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Romanzo o saggio?
Questa è la prima domanda che mi sono posta leggendo le prime cento pagine di questo libro. Lungo libro, faticoso da leggere, perché poco scorrevole. Di romanzo, nel senso canonico del termine, ha davvero ben poco. Dal tempo usato per la narrazione alla struttura narrativa,. Inoltre c’è la mancanza di una vera “fabula” e di un epilogo, che dia un senso, negativo o positivo, alla narrazione. I personaggi, da Matilde, la protagonista, al padre, sono poco connotati. C’è più una caratterizzazione psicologica effettuata attraverso gli oggetti, i libri, la musica.
Le emozioni, il modo di pensare dei personaggi, cosa anima i loro pensieri, tutto viene raccontato attraverso quello che gli appartiene. Una figlia che ricerca il padre, cercando di capirne “l’essenza”, per scoprire le motivazioni che lo hanno portato lontano dalla famiglia e dal suo mondo. Un viaggio interiore attraverso cui, all’improvviso, quello che ci è sempre apparso familiare e conosciuto viene scoperto come “nuovo”. Le stampe appese alle pareti, i libri e dischi accumulati negli anni, la figura stessa del padre , tutto si apre a una nuova visione e spinge Matilde a fare nuove considerazioni anche su sé stessa.
Lunghe pagine di descrizione, dal giardino alle pareti dello studio, (verso la parete est ho dato segni di cedimento) che a volte annoiano, ci dovrebbero fare intuire la personalità del padre, unitamente ai libri e alla musica che ascolta. E così troviamo interi brani tratti da Lord Jim, di Conrad, o da il Vecchio e il mare di Hemingway, commentati e spiegati facendo somigliare il romanzo più a un saggio di letteratura, che non a un percorso narrativo che si evolve. Lo stile è asciutto, a volte piatto, soprattutto nel discorso diretto, e l’uso di parole “ricercate” rende ancora più ostica la lettura. La colonna sonora è jazz e blues e altro ancora, un po’ troppo per una profana come me. La cosa più straordinaria è che la narrazione si spinge quasi fine alla fine senza che succeda niente. Solo parole, stati d’animo e una quantità esagerata di particolari. Su tutto: dalla varietà dei sali da bagno al pranzo al ristorante, niente ci viene risparmiato!
Più che un romanzo, quindi, è una specie di saggio sulla letteratura, sulla musica, sulla cultura in generale e sulla vita. In poche parole è un romanzo sui generis. Nonostante tutto, dalla lettura trapela il gusto della narrazione che è il vero motivo che mi ha spinto ad andare fino in fondo e non abbandonare il libro dopo le prime pagine, appellandomi a uno “dei diritti del lettore”, come sancito da Pennac.
“Avete il diritto di non leggere, di saltare le pagine, di non finire un libro, di rileggere....” ma, a questo punto, io esercito l’ultimo dei diritti: quello di tacere.
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Tra passato e presente
E' sempre costruttivo e interessante andare alla scoperta delle penne esordienti sull'attuale panorama letterario del nostro Paese; l'importante è affrontare la lettura scevri da pregiudizi, predisponendosi all'ascolto di queste nuove voci ,talune acerbe talaltre mature, con attenzione sì, ma senza essere troppo pretenziosi.
Partendo da questo personalissimo punto di vista, mi sono lasciata trasportare dalle pagine scritte da Giuse Iannello, con lentezza, assaporando questa scrittura delicata pagina dopo pagina, senza pormi inizialmente troppi interrogativi sull'intreccio della trama.
Questo romanzo mette a nudo l'anima di una donna, scoprendo le zone d'ombra e più intime, dando voce a parole non dette e a sentimenti profondi.
Vedo una donna che si guarda allo specchio, una donna che guarda dentro di sé, ripercorrendo momenti cruciali della propria esistenza e rivivendoli con maggior ponderatezza.
Scorrendo queste pagine si avverte forte la sensazione di essere spettatori di un colloquio intimo dell'autrice con se stessa, in quanto trapelano immagini ed esperienze veraci, che sanno di vissuto genuino lontano da artifici stilistici e di fantasia letteraria.
Il corpo del romanzo è realizzato con materiale che trae diretta ispirazione da un bagaglio di quotidianità personale, arricchito da un cuore dal sapore antico, ottenuto da una originale elaborazione di dati storici e artistici.
Il volto storico della narrazione, seppure secondario rispetto a quello introspettivo, tuttavia ci regala un aspetto poco conosciuto del celebre “La dama con l'ermellino” di Leonardo; è gradevole il salto nel XV secolo che l'autrice ci propone, anche se è palese che non vi è alcun intento di esaustività nel trattare il tema, né la pretesa di addentrarsi nei meandri delle teorie interpretative sui significati celati dal grande maestro nei propri dipinti. Diciamo quindi che la parentesi storica ammanta il racconto di interesse e di quel tocco di mistero capace di catturare l'attenzione del pubblico.
Nel complesso il lavoro dell'autrice è riuscito e va sicuramente applaudito.
La scrittura scorre fluida e soffice, eppure non perde mai di incisività, anzi, riesce a trattare problematiche esistenziali con una naturalezza e dolcezza di espressione che ti avvolge e ti rende parte della storia.
E' una storia che abbraccia passato e presente, è una storia che parla prevalentemente di donne ma senza dimenticare mai il ruolo svolto dai signori uomini, è una storia che mette a confronto giovinezza e maturità, è una storia che parla di bilanci, di traguardi, di inversioni di rotta, di disillusioni, di scelte.
Affascinante l'effetto creato dall'autrice, ossia di un binomio passato-presente, dove l'uno si rispecchia nell'altro e viceversa, dove le tribolazioni di una donna del quattrocento sembrano riproporsi sulla pelle di una donna di oggi; ebbene, i secoli scorrono inesorabili ma le vicissitudini umane restano immutabili.
Un parallelismo azzeccato che il lettore avrà il piacere di comprendere appieno al termine del romanzo, quando le nebbie iniziali si diradano per far splendere il sole generato da una narrazione ben congegnata e ricca di spunti.
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Attenzione: segnalati spoiler a metà recensione
Il romanzo si apre con un omicidio, nel cuore della notte. Lo sparo riecheggia, accompagnatoi da un lampo violento. Non vediamo chi preme il grilletto né il volto della vittima.
Dopo di che veniamo trasportati indietro nel tempo, a tre settimane prima che si compia il delitto e ripercorriamo tutti i fatti che hanno preceduto il delitto, fino a tornare a quel momento cruciale.
I personaggi menzionati sin dal principio sono poco meno di una decina, ma nel corso della storia ci verranno presentati soltanto 4 di loro, quelli fondamentali all'avvio e allo sviluppo della vicendaa: apprenderemo la loro vita e i loro punti di vista si alterneranno e intrecceranno inevitabilmente.
Ciò che salta subito all'occhio è lo strano uso di "quel" e "un", usati spesso in modo improprio al posto di "quello" e "uno/a", come per esempio:
- "quel individuo" al posto di "quell'individuo"
- "un ombra" al posto di "un'ombra".
Strane anche alcune espressioni come "borsa a tracollo" anziché "borsa a tracolla", ripetuta più volte, che non si capisce se sia un errore causato dalla "correzione automatica" di word (non sarebbe una novità, ci sono passata anch'io, purtroppo) o se l'autore sia davvero convinto che si scriva così.
In alcuni momenti il tempo della narrazione passa da passato a presente, qua e la risultano mancanti le vocali finali dei termini o intere parole; oppure, un vocabolo viene espresso al singolare anziché al plurale e viceversa.
In ogni caso sembra che le sviste (o sarebbe più corretto dire "l'assenza") di editing siano ormai una realtà irrinunciabile per i libri: che sia una casa editrice grossa, media o piccola, sembra che nessuno riesca ormai a salvarsi da questa piaga, che non è di certo da imputare all'autore ma che purtroppo ne penalizza inevitabilmente il lavoro.
Soprattutto quando è accompagnata da errori di impaginazione:
ci sono periodi o parti di dialoghi la cui posizione all'interno della pagina risulta slittata rispletto alla posizione "giustificata" del resto delle pagine.
Non fosse per queste piccole, ma ahimé numerose, macchie, la storia viene presentata in modo interessante, scorrevole e abbastanza piacevole (se così non fosse stata non l'avrei letta in un solo pomeriggio).
La storia parte lenta, ritmo necessario per fornire al lettore tutti i dettagli, presentargli la situazione e dargli tempo di assimilare e memorizzare le informazioni.
Le cose cominciano a farsi interessanti quando uno dei personaggi chiave, stanco di essere sfruttato come una marionetta da entrambe le parti coinvolte nell'intrigo (personalità sospettatte di essere coinvolte in affari loschi e polizia) decide di prendere in mano la situazione, armandosi di astuzia e determinazione.
Peccato che intervenga un personaggio a rovinare tutto dopo un pò...
**ATTENZIONE: APERTURA SPOILER (SE NON VOLETE ANTICIPAZIONI SULLA TRAMA, SALTATE QUESTO PEZZO)**
...Linda! Un personaggio che agisce in maniera illogica e irrazionale. Pur essendo stata messa al corrente delle truffe e degli intrighi, infatti, finisce col farsi ammaliare, manipolare e suggestionare, tradendo il suo amico e passando dalla parte sbagliata, causando stupidamente (e senza nemmeno rendersi conto della sua responsabilità facendo un semplice "2+2" dopo aver appreso le notizie) la morte di ben due persone.
Il paradosso sta nel fatto che l'unico momento di lucidità che ha nel corso di tutta la storia le viene provocato da un incubo ricorrente: in quell'unica occasione i suoi neuroni si incrociano nel modo giusto, arrivando a una conclusione che, seppure non corretta al 100%, si rivela essere la più vicina alla verità.
Poi però si perde, ricadendo nel cliché della segretaria dalle belle gambe, ma ingenua, stupida e facilmente influenzabile, che si lascia sedurre dal maturo ma affascinante superiore.
**FINE SPOILER**
Il finale è un pò frettoloso, ma quantomeno non rimane in sospeso.
In conclusione, nonostante il mancato editing, è una lettura piacevole.
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Luna
Un libro con delle potezialità incredibili, solo quelle però.
Potrebbe essere ironico, ma ci sono soltanto degli accenni di ironia.
Potrebbe essere un romanzo sociale ma non lo è, perché non aggiunge nulla di nuovo alla solita italietta dei raccomandati e lo fa in modo che non riesce neanche a farti arrabbiare, accetti la cosa così come il protagonista accetta la sua condizione. Non ci sono sentimenti veri, e lo scrittore non riesce a trasmettere al lettore alcuna sensazione. Potrebbe essere un libro fantascientifico, ma non ci riesce per nulla...e quello che dovrebbe essere il colpo di scena, non è nulla di che...viene capito dal lettore molto prima che lo scrittore lo spieghi.
Il romanzo è abientato a Roma e quella che ne viene fuori è una città grigia in ogni senso, come tutto il libro d'altronde. La vita dei personaggi è appena accennata e nessuno di questi risulta ben caratterizzato. L'unica cosa che riesce bene, sono i dialoghi iniziali tra il protagonista e la moglie, e il fastidio del protagonista per un tic del collega...che francamente è riuscito a infastidire anche me. Lo scrittore,spesso, si dilunga in descrizioni e trascrizioni di documenti, totalmente inutili che nulla aggiungono al romanzo e dimentica di approfondire e toccare cose fondamentali, tanto da chiedersi: Perché hai voluto raccontarmi questa storia?...Nonostante tutto non è scritto male, ho letto libri peggiori, ma anche moltissimi libri migliori di questo. Per non parlare di qualche piccolo errore ortografico fastidiosissimo. Una buona prima bozza niente di più e niente di meno
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Racconto di un popolo : i Pigmei
Racconto di un viaggio, racconto di un popolo.
Raffaella Milandri, viaggiatrice solitaria, fotografa, attivista umanitaria ci racconta la sua esperienza in Camerun.
Un viaggio con uno scopo ben preciso, la ricerca del Popolo della Foresta, i Pigmei.
Raccoglierne testimonianze, interviste, fotografie e filmati in modo da documentare la loro situazione.
Un diario di viaggio, di una donna sola con il suo laptop e la sua macchina fotografica, con le difficolta' che l'Africa nera non lesina di certo.
Una mentalita' notoriamente contrapposta alla nostra, con un senso del lavoro molto africano, che crea indubbiamente problemi se per spostarti ti devi appoggiare ad un autista locale.
Igiene sotto zero, la grazia di un sacco letto portato dall'Italia onde evitare di coricarsi su giacigli infestati da cimici o insetti .
Spirito di adattamento assoluto, che ti fa ringraziare il cielo di avere , quando c'e', una pseudodoccia con un litro d'acqua per lavarti, o perlomeno allontanare le formiche rintanate tra i tuoi capelli.
Poi passo a passo ,su questo percorso, ascoltiamo le testimonianze raccolte nei villaggi di Pigmei, popolo strappato alla foresta, "schiavizzato" dalle etnie nere piu' popolose , schernito e abusato da tutti.
Tutti chi ? Stando al libro di Milandri ( non ho altre fonti, e' la prima volta che approccio l'argomento) le compagnie che si occupano del disboscamento, autorizzato o abusivo che sia. Dalle compagnie minerarie, da coloro che organizzano costose battute di caccia per Occidentali.
Dal WWF, che tutela animali e territorio.
Ma i Pigmei ? Chi li tutela i Pigmei ? La loro estinzione in quanto semplici uomini e' autorizzata ?Interessante il lavoro dell'autrice, guarnito di splendide fotografie di questo popolo triste.
Buona lettura.
"Trattiamo bene la terra su cui viviamo, essa non ci e' stata donata dai nostri padri, ma ci e' stata prestata dai nostri figli."
Proverbio Masai
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