Le recensioni della redazione QLibri

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Angelica Elisa Moranelli Opinione inserita da Angelica Elisa Moranelli    03 Febbraio, 2013
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Coltivare nuvole per crescere sani

// ATTENZIONE SPOILER//


L’Albero di Nuvola di Enzo Braschi è un racconto lungo (o romanzo breve) che in 90 pagine circa racconta la vicenda di Stefano, quattro anni, un bambino solitario e riflessivo, che si affaccia alla vita e inizia a contemplarla. La prima “finestra” sul mondo è proprio quella della sua casa, quando un pomeriggio in cui è particolarmente annoiato, affacciandosi per guardare fuori in giardino, Stefano vede una palla di pelo bianca che sembra un gattino smarrito e si rivelerà, invece, una nuvola.
Stefano decide di seppellire la nuvola che, germogliando, diventa un albero grande e grosso, che in sé racchiude i sogni di tanti bambini, sogni che saranno raccontati a Stefano, per insegnargli che la vita è una vicenda complessa e che ogni cosa, anche la più piccola, fa parte di un Grande Tutto.

L’albero di nuvola è un libro per bambini e, come si legge sulla copertina, “il libro che ogni bambino dovrebbe leggere ai suoi genitori”. Qua e là è disseminato di insegnamenti e massime sulla vita: “anche quello che non ci pare di alcuna utilità ha il suo valore” oppure “basta che uno voglia veramente una cosa perché la ottenga. E’ che i grandi non vogliono mai veramente quello che dicono di desiderare”.
La storia è ben scritta, indubbiamente. E se vi piace il genere, può essere piacevole nella sua semplicità e schiettezza (qui e là c’è qualche pecca, come la maniera in cui a volte parla Stefano, un po’ troppo da adulto, per essere un bambino di quattro anni). Volendo approfondire un po’ contenuto, la dicotomia tra sogno e realtà, tra età adulta e infanzia è stata sfruttata un po’ troppo e in qualsiasi modo dagli scrittori per l’infanzia. Se devo far leggere a mio figlio qualcosa che parli di sogni e realtà, di adulti e bambini gli consegno Alice nel paese delle meraviglie, che tutt’ora rappresenta al meglio il genere o "Il Giardino Segreto" o ancora "Peter Pan". Il romanzo, insomma, non aggiunge nulla di nuovo al filone ispirato al “Il piccolo principe”, eccedendo in una visione contemplativa e un po’ troppo zen della vita, procedendo per cliché, a volte anche un po’ irritanti (il bambino incompreso, gli adulti che credono di poter risolvere tutto con la “scienza”, le nuvole, il cielo, i sogni, la vita) e culminando in un finale che non è affatto per “bambini” ma per adulti, con Stefano ormai anziano, che ritorna dal suo albero, dopo una vita di solitudine, per tornare a far parte del Tutto.
La debolezza della storia è, insomma, che nasce come favola per bambini, ma in realtà è il racconto di un adulto per altri adulti, che vedono i bambini come piccole copie di loro stessi, solo con più opportunità.

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Il Piccolo Principe e, soprattutto, lo ha apprezzato.
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C l a r a Opinione inserita da C l a r a    28 Gennaio, 2013
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Un angelo triste.

Patrck è stufo.
Stufo della sua vita, stufo del perbenismo del contesto in cui è inserito, stufo della scritta "6 un frocio" che tinge di rosso il suo armadietto, stufo delle feci di cane congelate lanciategli addosso, stufo dello skateboard che finisce violentemente nelle acque del fiume ghiacciato, stufo di non vedere più ricambiato il suo amore.
Stufo.
E così in un ordinario Lunedì Patrick si impicca.
Monoceros inizia con il più tragico degli epiloghi. Il suo disagio diventa una costante, quello di Patrick che è uscito di scena e quello di tutte le persone che gli erano attorno, quelli che lo schernivano, quelli che lo ignoravano, quelli che non lo capivano.
Ed ecco Faraday, Max, Ginger, Petra, Gretta, Walter ed ecco tutti gli altri... Una costellazione di rabbia, indifferenza, senso di colpa, cattiveria e a volte sensibilità.

Monoceros non è un libro sul suicidio, non è nemmeno un romanzo sul male di vivere adolescenziale, sull'essere omosessuale o sulle difficoltà che la crescita comporta. L'autrice ci parla piuttosto dell'incomunicabilità, dell'incomprensione, dello squallore dell'ipocrisia: se c'è un solo effetto scatenato dal suicidio del protagonista, è quello di scardinare il quotidiano e di costringere tutti i personaggi chiamati in causa a un ripensamento su sé stessi e sul quotidiano. Un ripensamento di portata esistenziale.

Il linguaggio è schietto, crudo, nulla viene lasciato all'immaginazione.
Tutto è impresso su carta, su quella copertina in cui gli schizzi di sangue e un cuore ghiacciato fanno da padroni. E' tutto lì. Il cuore ghiacciato di Patrick, il cuore ghiacciato di un'umanità barbara e spesso meschina, un'umanità triste, ipocrita, incapace di comunicare, ma che ha ancora una via di salvezza, per quanto il terreno sia accidentato.
E allora ecco il messaggio della Mayr, un messaggio assolutamente universale: a volte basta poco per cambiare una vita, basta imparare ad ascoltare.

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erlebnis Opinione inserita da erlebnis    25 Gennaio, 2013
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Testo che può avvicinare alla saggistica

Non entrerò nel merito delle tesi sostenute dall’autrice perché voglio lasciare al lettore il piacere di scoprirle; piacere che, a mio avviso, è uno degli aspetti più affascinanti della lettura di un saggio, a prescindere dalla condivisione dei contenuti. Mi concentrerò, invece, sullo stile dell’autrice e sulle sue capacità argomentative. C’è da dire, innanzitutto, che in Italia essere un divulgatore è spesso considerata una "colpa", in virtù di uno snobismo pseudoculturale che non smetterà mai di sorprendermi, dato che il nostro è un Paese in cui si legge poco e male e che non investe in cultura ed istruzione. Premetto ciò perché penso che il più grande pregio di questo libro sia l'intento divulgativo perseguito dall’autrice, in modo, peraltro, efficace grazie ad una scrittura chiara che riesce ad avvicinare il lettore a tematiche tendenzialmente ostiche, quali le cause alla base dell'ascesa di U.S.A. e U.R.S.S. a superpotenze mondiali, partendo dal Trattato di Versailles, ossia uno dei trattati di pace che posero fine al primo conflitto mondiale. Chi cerca un saggio molto tecnico, dal taglio accademico, magari opterà per altri libri, anche meno recenti ma ormai "canonici"; tuttavia, penso che chi voglia avvicinarsi a questo tipo di lettura da "neofita" possa trovare nel saggio della Susic un testo che possiede un buon equilibrio tra volontà di approfondimento e capacità di catturare l'attenzione del lettore. Altro merito dell'autrice è quello di aver elaborato la sua ricostruzione storica e le sue tesi con l'appoggio di una bibliografia piuttosto aggiornata. Per quanto riguarda, invece, i limiti del testo, essi sono attribuibili, probabilmente, più alla redazione della casa editrice che alla Susic: occorreva svolgere con più attenzione il lavoro di editing per evitare refusi e ridondanze, soprattutto in alcuni periodi inutilmente ripetuti, e per curare un po’ di più la punteggiatura.

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Romanzi
 
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mt Opinione inserita da mt    20 Gennaio, 2013
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Amore incondizionato!


E' la storia d'amore reale di due esseri che vissero e si amarono, Anton, un indio povero ma con un'intelligenza straordinaria e con un sogno nel cassetto: laurearsi e diventare un genio in economia finanziaria e Karen, una donna bellissima, ricca, bianca, idealista, decisa e con un gran desiderio: fondare una scuola per i poveri ma, purtroppo appartenente ad una famiglia razzista, egoista, insensibile e priva di scrupoli morali quando si trattava di raggiungere i propri obbiettivi, la quale ostacolerà in tutto e per tutto il loro puro e meraviglioso amore.
Un amore nato a prima vista e coltivato piano piano con incontri segreti, travolgente, un amore smisurato che non conosceva limiti, colore, razza, ricchezza, un amore eterno nato per morire mai!Un membro della famiglia con conoscenze malavitose assolve due individui nell'intento di allontanare Anton ma nell'agguato qualcosa va storto e ci scappa il morto!
Il sospetto che sia stato il fratello è palese, Karen lo affronta ma ormai Anton è morto e lei decide di sparire, di andare lontano e coronare il suo sogno.
Purtroppo non era andata così, una persona sbagliata si era trovata nel posto sbagliato....e …..Anton non era morto.
Anche Anton ha coronato il suo sogno dando il meglio di sé stesso laureandosi a pieni voti diventando un professionista d'alto livello ma, in cuor suo sempre viva la speranza che un giorno l'avrebbe ritrovata e si sarebbero uniti per sempre perchè il loro amore era indissolubile.
Cosa ha riservato il destino per loro?
Dopo rinunce, dolore e separazione, un giorno si sarebbero rincontrati davvero?
La mia prima impressione su questa lettura è stata che, l'autore nell'intento di far arrivare il libro a molte persone, sicuro di fissare concetti e pensieri scrivendolo in modo chiaro e semplice per aver un impatto importante su di loro, l'ha resa troppo elementare risultando spesso noiosa ma, la storia che ci ha raccontato ha veramente dell'incredibile, sapete che leggo prevalentemente sul treno be, ho cercato di far finta di niente ma le lacrime scendevano sulle mie guance!
Buona lettura!





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Romanzi
 
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Lady Libro Opinione inserita da Lady Libro    06 Gennaio, 2013
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Un cuore tra la mafia

Siamo a Palermo, nel 1989, in una terra raffigurata come povera, degradata e fatiscente, con costumi e usanze arcaiche, superate ma assai radicate nel cuore dei siciliani, grandi amanti del proprio paese in tutte le sfaccettature, difetti e pregi.
1989: uno degli anni più duri per la Sicilia, in cui la mafia e il suo potere si fecero sentire parecchio.
Ed è proprio in questo ambiente pericoloso e corrotto che seguiamo le vicende di Marilù: nata e cresciuta Palermo, da lei tanto adorata ma che è costretta a lasciare, partendo alla volta di Londra all’età di tredici anni in seguito all’omicidio dei suoi genitori da parte di Cosa Nostra.
Cinque anni dopo torna in quella città per trovare l’assassino dei suoi e vendicarsi, e in questo modo si ritroverà, suo malgrado, a far parte di una famiglia di mafiosi: diventa l’amante di Ciccio, il figlio ubriacone, arrogante e nullafacente di un boss locale che, più che volerle bene, non fa altro che picchiarla, insultarla, cercare di violentarla e sfoggiarla davanti a tutti come un oggetto da collezione a causa della sua dirompente bellezza (più volte durante la lettura mi sono domandata come abbia fatto a scegliersi un tipo simile come boyfriend)…
Mentre si trova in mezzo a questo mondo di mafia, morte, sangue e violenza che è costretta a vivere sulla propria pelle, pur odiandolo con tutta se stessa, la protagonista si innamorerà inevitabilmente di Angelo, il cugino del suo amante, che, pur essendo uno spietato e freddo assassino seriale, è tutto l’opposto di Ciccio: un uomo molto tormentato, dotato di una sensibilità e dolcezza che preferisce occultare ma che rivelerà immediatamente al cospetto dell’innocente e fragile figura di Marilù, aiutandola in più occasioni e ricambiando il suo amore.
Oltre a questa battaglia di sangue, vendetta e amore, Marilù dovrà affrontare e subire i pettegolezzi delle bigotte donne palermitane e di famiglia, conservatrici in piena regola, che, invidiose del suo fascino e scandalizzate dal suo modo di vestire e dagli atteggiamenti tipicamente londinesi, la emargineranno per tutto il tempo, considerandola alla stregua di una sgualdrina, quasi una strega.

Questo libro è assolutamente bello quanto terribilmente imperfetto.
I due aspetti si mischiano e si equivalgono, come panna e cioccolato nella stessa tazza.
E’lo specchio dei romanzi che piacciono a me: semplici, incisivi, che vanno subito al nocciolo della questione senza dilungarsi in inutili ed eccessive descrizioni…. Eppure si percepisce spesso che manca qualcosa che potrebbe renderlo migliore (non perfetto, giammai! Sicchè la perfezione non esiste né in cielo né in terra).
“Amore nel sangue” ha il bello di contenere in sé una storia d’amore intensa, dolce e molto sofferta e una buona dose di thriller soffocata un po’dalla componente rosa ma pur sempre pregevole: le scene di sangue, sparatorie, uccisioni, complotti e tradimenti sono descritte egregiamente, e colpiscono direttamente il cuore del lettore e i colpi di scena non mancano di certo.
La scrittura di tanti dialoghi in dialetto siciliano conferisce un maggior spessore realistico alla storia e non la appesantisce.
Ho amato la scelta delle due autrici di descrivere alcune situazioni emotivamente intense in modo blando e non propriamente esplicito e minuzioso: meno sono spiegate, più vi è spazio per l’immaginazione e la liberazione della fantasia di colui che legge ed è proprio grazie a quest’artifizio che mi è rimasto tanto impresso un momento in particolare, che non dirò per non fare spoiler, e ancora adesso se ci penso mi commuovo.
Un’altra cosa che ho apprezzato molto è l’idea di rappresentare il bene e il male mai da una parte sola, ma entrambi come facce della stessa medaglia, eliminando l’idea di assoluto.
Peccato, però, che questo libro sia pieno zeppo di errori grammaticali, plurali inspiegabilmente accostati a sostantivi singolari, punteggiatura sbagliata o assente… Ebbene, questo sì che rende sgradevole la lettura.
Che il correttore di bozze della casa editrice fosse in ferie?
Inoltre certe frasi e concetti sono ripetuti tali e quali, uguali identici, talmente tante volte da far venire l’esasperazione.
Poi, sebbene la maggior parte dei personaggi sia ben caratterizzata, Marilù è un personaggio che fa proprio cadere le braccia. Non che sia odiosa, però durante tutto il libro non fa altro che piangere, fare i capricci, chiudersi a chiave nella sua stanza e restare immobile sul letto, puntare i suoi occhi verdi in quelli degli altri, sfoggiare indumenti succinti, lasciarsi spogliare e picchiare senza la minima difesa… Mi sarebbe piaciuto vederla un po’più forte, determinata e indipendente… E poi vorrebbe vendicarsi? Ok, va bene.
Sarebbe stato bello inoltre scoprire qualcosa in più del suo passato, della sua vita a Londra, il motivo perchè i suoi genitori sono stati uccisi...
Nonostante tutto, per me rimane un libro splendido che difficilmente dimenticherò e che mi ha fatto proprio sognare e vivere la vicenda in pieno.
I miei complimenti più vivi a queste due autrici che, pur bisognose di qualche miglioramento (come tutti, del resto), hanno davvero un grande talento.

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Romanzi storici
 
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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    05 Gennaio, 2013
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Corte Badia

Bell’affresco di un periodo storico critico per l’Italia – tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, con l’ascesa di Mussolini e il partito fascista – rappresentato dalla tipica vita nella corte, Corte Badia, dove si respira uno stile sociale comunitario che pare ormai perso nel tempo, assorbito dalle trasformazioni socio-culturali che traspaiono nitide nello scorrere della narrazione.
Maria Luisa Busti è stata capace di creare un’ambientazione vivida e ricca di sfumature (la sua conoscenza personale e l’amore per i luoghi descritti è evidente), che non solo fa da sfondo alle storie dei personaggi che in essa si muovono, ma ne è coprotagonista. Immergersi nella Milano dell’epoca e poi nella Corte è immediato. È facile Immaginarsi il calore di un vicinato vivace e attivo, che si riunisce la sera nel portico, condividendo gioia e dolore, l’incertezza e l’emozione dei cambiamenti in atto nel paese. Uno stile di vita che è mostrato nei suoi diversi aspetti, positivi e negativi, in una ricostruzione molto realistica, interessante e coinvolgente. Un’ambientazione decisamente efficace, considerando anche la brevità del romanzo. Tuttavia, però, se da una lato è di sicuro un pregio riuscire a rappresentare bene un contesto storico-sociale così ricco senza cadere in eccessive descrizioni con il rischio di annoiare il lettore, disperdendone l’attenzione, dall’altro per quanto riguarda l’avvio dell’Italia verso la Seconda Guerra Mondiale qualche accenno in più, maggiormente calato nell’evolversi della storia stessa e non soltanto per spiegarne il contesto, non avrebbe guastato.
Anche i personaggi, alcuni in maniera più forte di altri, sono tratteggiati bene e resi credibili, tutti dinamici e in continua evoluzione. Così come le loro vicende, che travalicano i confini del periodo storico per raccontare esperienze di fondo comuni a tutti, universali. Storie comuni ma non banali, che a volte riservano impreviste sorprese nell’evolversi dell’intreccio narrativo e che riescono ad assumere connotazioni moderne in cui i lettori facilmente si possono immedesimare e restarne coinvolti.
A partire da Olga e Dario, per proseguire con i loro figli, il tema preponderante è l’amore: legami interpersonali raccontati sotto diversi punti di vista e in varie situazioni. Non quei sentimenti romantici epici, vagheggiati ed estremizzati, ma piuttosto rapporti concreti, vissuti nella quotidianità e portati avanti tra sfide, nelle delusioni e nelle piccole grandi vittorie. Rapporti che cambiano, si trasformano, nascono e muoiono, talvolta rinascono, insieme ai loro attori.
Il romanzo si avvia con il matrimonio di Olga e Dario, anche se i personaggi che emergono con prepotenza tra tutti - non pochi – sono Gesuina e Magda, le figlie. Figure femminili diverse tra loro, forse agli antipodi, ed entrambe interessanti. Gesuina soprattutto ispira una simpatia immediata; il suo carattere si evince fin da bambina, a iniziare dalla rivalità con la compagna e vicina di casa, introdotta da una divertente vicenda molto esaustiva. Magda invece ha forse la storia e l’evoluzione psicologica più imprevista e originale.
Lo stile narrativo della Busti, un registro medio che si adatta e contribuisce a calare il lettore nella giusta atmosfera spazio-temporale, è in generale scorrevole e piacevole. “Corte Badia” è una lettura piacevole che si legge in un soffio, e non soltanto per la relativa brevità del romanzo.

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Elisabetta.N Opinione inserita da Elisabetta.N    04 Gennaio, 2013
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Incredibilmente incredibile!!!

Incredibile!
La prima parola che mi viene per descrivere il romanzo di questa scrittrice è solo una: incredibile!
Incredibile per la storia, così ricca di eventi da lasciarti col fiato sospeso in attesa del successivo colpo di scena.
Incredibile per i personaggi, così determinati, forti e pieni di buoni sentimenti.
Ma partiamo con ordine..

"The sun and the moon. I dodici Guardiani" è il secondo romanzo di una trilogia: Jay, nel precedente libro, era riuscita a sconfiggere, almeno per il momento, le tenebre.
In questo capitolo, invece, troviamo la nostra protagonista alle prese con la ricerca di 12 guardiani che la devono aiutare a salvare il mondo dalla sua fine il 21/12/2012 (ed evidentemente ci sono riusciti!!)
Tra eventi eccezionali e una famiglia sempre più numerosa, viviamo le avventure dell'eletta e dei suoi amici, con tutte le gioie e i dolori che le varie vicende causano ai protagonisti.

Già dal primo libro ero rimasta piacevolmente colpita dalle caratteristiche della protagonista: è attiva, non subisce gli eventi in modo passivo, è determinata nel proteggere la sua famiglia, ma soprattutto in lei traspare una quantità infinita di amore e di serenità.
è un personaggio non privo di difetti, ma è equilibrato e quindi, secondo me, perfetto.
Se dovessi citare tutti gli altri personaggi che compaiono in questa storia, scriverei un romanzo. Questo non vuol dire che ce ne siano troppi o che si faccia confusione, perchè ognuno ha una propria collocazione e rimarrà impresso nella memoria di ogni lettore, così come sono rimasti impressi nella mia..

Lo stile di questa scrittrice mi ha colpito per la semplicità con cui riesce a scrivere anche di argomenti importanti.
In tutto il romanzo non solo traspare l'amore verso i famigliari e gli amici, ma anche verso la natura, gli animali e le forze elementari della vita.
E tutto questo viene fatto in maniera così semplice da stupire, una volta chiuso il libro, per quanti argomenti vengono trattati e per una percezione della vita che penso di non sbagliare nel definire pura e semplice.

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Fantasy
 
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Sordelli Opinione inserita da Sordelli    03 Gennaio, 2013
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Viaggiare nella storia: lo sogno fin da piccola

Jack Djones e i suoi amici, fanno parte di un importante gruppo, i Custodi della Storia: loro il dovere di viaggiare nel tempo e di impedire ai nemicidi cambiare il corso degli eventi per i loro loschi fini.
Jake partecipa alla missione che li vede in viaggio nella Stoccolma del 1700, al fine di recuperare una fornitura di atomium, il liquido che permette loro di viaggiare avanti e indietro nel tempo, e portarla alla base. Caspar Isaksen, esponente della famiglia che da secoli produce la miracolosa bevanda, li attende al Teatro per la consegna; ma insieme a lui, i nostri Custodi troveranno anche una sgradevole sorpresa ad attenderli: un ragazzo biondo, che si fa chiamare Leopardo, è lì per potersi impossessare della preziosa consegna. Un fatale errore di Jake permetterà a Leopardo di impossessarsi del liquido, mettendo a rischio l’organizzazione e il destino dell’intera umanità.
I Custodi non vogliono assolutamente che Jake prenda più parte alle loro missioni, hanno troppa paura che un altro passo falso, dettato più che altro dalla sua inesperienza e giovane età, nonchè dal suo grande cuore, metta definitivamente a repentaglio la loro incolumità. Ma il destino ha altri programmi.
Quando Jupitus Cole, Nathan e Charlie partono per l’antica Roma nella speranza di ottenere maggiori informazioni circa un messaggio ricevuto dalla da qualche tempo scomparsa Topazia (anch'ella Custode della Storia), la Hippocampus, nave prescelta per la nuova avventura, si imbatte in una furiosa tempesta, sconvolgendo i piani dei tre Custodi.
Saranno Jake e sua zia Rose a dover partire per soccorrerli; poi, i tre giovani Custodi, ovvero Jake, Nathan e Charlie, lotteranno costantemente contro il tempo per ritrovare Topazia, smascherare l'oscuro piano della perfida Agata Zeldt (maligna madre di Topazia e acerrima nemica della storia e dei Custodi) e salvare l'umanità.


Come spesso mi succede, anche per questo romanzo ho letto per primo il secondo volume; non posso farci nulla, ho spesso la calamita per le "saghe" o simili senza rendermene conto (e infatti ho capito che c'era un romanzo precedente solo a lettura già iniziata).
Tuttavia, non mi è stato per nulla difficile seguire il discorso: infatti questa si può definire una storia a sé e le poche cose utili alla comprensione della storia stessa ma appartenenti al romanzo precedente, vengono spiegate; in questo modo anche i lettori furbetti (come me! Eheh) possono seguire il filo logico senza avere la netta sensazione di avere una lacuna.
Il romanzo mi è piaciuto molto, ho trovato l'idea originale e mi è anche venuta voglia di farmi un viaggetto nella storia (magari fosse possibile!); le varie epoche vengono ampiamente descritte, e grazie ai molteplici dettagli, le ambientazioni e i costumi divengono così realistici che ci si sente catapultati direttamente nel passato.
I personaggi sono ben caratterizzati e viene dato anche molto spazio alle loro riflessioni. La cosa che forse ho apprezzato meno è l'ingenuità del protagonista, o meglio, l'immaturità: Jake agisce spesso per istinto, ignorando quanto questo possa essere nocivo per lui e i suoi compagni. Ma alla fine, è proprio questa sua immaturità e il suo grande cuore a dare una svolta all'intera vicenda, nel tentativo di salvare l'umanità intera.
Allora cosa aspettate a fare un salto nella splendida Roma del 27 d.C.? Io intanto attendo la nuova avventura e magari inganno l'attesa....leggendo il primo volume!

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Gialli, Thriller, Horror
 
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joshua65 Opinione inserita da joshua65    29 Dicembre, 2012
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L’elefante nella stanza

E’ praticamente impossibile non tornare alla strage nella scuola del Connecticut, o a qualche mese prima al Joker pazzo che ha ucciso 12 persone mentre assistevano alla prima di Batman. E così, a ritroso fino alla strage della Columbine High School, avvenuta nel 1999, dove questa volta due studenti massacrarono 12 compagni di scuola e un insegnante.

Eventi efferati, dicevamo, compiuti da folli, disadattati, psicopatici assassini senza movente se non quello della pazzia. Drammatici eventi di cui nessuno ha mai voglia di trovare una reale spiegazione, perché velocemente sopraffatto dagli scatenati tam tam mediatici sulla necessità di fermare o almeno limitare la folle corsa al reperimento delle armi. Proprio pochi giorni fa abbiamo assistito alle lacrime di Obama.

Non ci chiediamo quasi mai qual è stato il punto di rottura. Il momento in cui il piano si è inclinato, facendo precipitare le cose irreversibilmente. Il momento in cui l’assassino si è armato per dirigersi verso l’infausto appuntamento. Simon Lelic prova a darne una spiegazione in questo bel libro.

Siamo in una scuola inglese, durante un assemblea un mite professore irrompe uccidendo 4 alunni e un insegnante, per togliersi subito dopo la vita. Caso da chiudere velocemente anche questa volta, ma non per l’ispettore Lucia May, che attraverso una indagine attenta e scrupolosa cerca di andare verso la radice del problema, di capire cosa è scattato in Samuel Szajkowski, timido e riservato insegnante di storia, per compiere questo folle gesto assurdo e inatteso.

L’indagine di Lucia May è frenetica, deve chiudersi rapidamente, lo richiedono i suoi capi, l’autore riesce a dare ritmo alla lettura con una trovata davvero originale, intercalando i capitoli riguardanti l’indagine con quelli dedicati alle interviste fatte ai diversi testimoni, colleghi, studenti, parenti, anzi dei veri e propri monologhi, dove tutti quanti cercano di esprimere il loro punto di vista, qualcuno basato solamente su interpretazioni personali, perché non presente alla strage.

Forse le pagine non sono state sufficienti per approfondire al meglio le motivazioni che hanno spinto il professore a compiere questo crimine così efferato, per chiarire il legame a precedenti fenomeni di bullismo, alla disattenzione in generale delle istituzioni, ed anche il finale è un po’ frettoloso, diciamo aperto.

Tuttavia, Punto di Rottura rimane un bel libro, interessante, attuale, e a tratti originale, e per questo ve lo consiglio.

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Ally79 Opinione inserita da Ally79    27 Dicembre, 2012
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Sognare

Era tanto che non leggevo una favola.
Troppo.
Poi mi è arrivato Dreamland.
Un piccolissimo libricino,con una carta ruvida e compatta meravigliosa e appagante per il tatto.
Su alcune pagine sono disegnate delle illustrazioni,di una semplicità,di una immediatezza visiva che ti fanno ritornare bambina.
Avendo tra le dita questo minuscolo gioiellino sono partita verso la terra dei sogni,il luogo dove tutto è possibile,dove persino l‘insperato si avvera.

Sono partita per Dreamland.

Se la meta mi attirava inesorabilmente,come in ogni viaggio che si rispetti,ho apprezzato anche il percorso,pieno di incontri con personaggi che mi hanno donato le loro esperienze e le piccole perle di saggezza che ne avevano tratto.
Pensieri in parte sicuramente scontati,ma non per questo meno veri, o che non valga la pena di ricordare ogni tanto.

Pezzolla,giovane autore,ha una mano diretta,tenera,delicata e,mi permetto di ipotizzare,un animo sensibile e fantasioso che traspare dalle sue parole.
Perfetto per questo clima natalizio che agevola i sogni,ho trovato gradevolissima la lettura e il suo lieto fine.Del resto senza lieto fine,che favola sarebbe?

“Avevo un sogno…non si è avverato.Però l’ho avuto.”


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Gialli, Thriller, Horror
 
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    26 Dicembre, 2012
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Di ghiaccio, accanto.

Lassu’ sulle montagne una splendida valle, una piccola comunita’ di trecento anime, perlopiù uomini e donne nati e cresciuti in quel nido cosi’ scrupolosamente disegnato dalla natura : un cielo terso, l’aria pulita, i dolci pendii, il verde del bosco. Tra pascoli e antichi masi, un culto millenario lega i valligiani proteggendoli dalle incursioni maligne, il culto di San Mathias, beato protettore degli abitanti della piccola comunita’.
In questo idilliaco affresco montanaro, una macchia nera insidia i colori affrescati, in continua espansione, che invece di oscurare le trasparenze porta alla luce vizi e segreti da tempo repressi e ostentatamente secretati.
Un bambino sparisce nel bosco ed il suo silenzio urlera’ piu’ di qualsiasi voce.

Bello questo thriller, un poco giallo ed un poco noir proposto da Massimo Rossi.
Brevi capitoli che dal ritmo inizialmente moderato aumentano incessantemente il pulsare dei battiti fino ad importi la storia, a costringerti nel racconto brancolando in un buio dove mistico e terreno sembrano occultarsi a vicenda, intrecciandosi, tenendoti sulle spine fino all’ultima pagina alla ricerca della connessione, del dettaglio, della chiave di lettura.
Intenso e angosciante, questo libro parla di mostri. Della peggior specie, quelli che si accaniscono sui bambini. E se il luogo pare un Eden tra le cime, i mostri non sono angeli cacciati dal paradiso, non sono nemmeno depravazione della natura. I mostri appartengono alla razza umana.

Cosa accadde in quel bosco ? Cosa accadde nella valle di Stille ?

Non solo mi ha intrigata e costretta ad una lettura incessante, mi ha anche molto emozionata.
E quando un libro mi emoziona e’ inevitabilmente una soddisfazione per me ed un successo per l’autore, cui auguro di ottenere il meritato tornaconto per questo romanzo , a voi invece non posso che augurare una buona lettura.

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Romanzi
 
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Nadiezda Opinione inserita da Nadiezda    24 Dicembre, 2012
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La migrazione controcorrente

La migrazione era un fenomeno molto diffuso spesso provocato da: pestilenze, guerre, carestie e disoccupazione.
In questo momento molti sono costretti a migrare perché c’è molta difficoltà a trovare lavoro.
Si vedono costretti ad abbandonare tutto: casa, parenti, amici e modi di vivere; per cercare fortuna in uno stato estero, sconosciuto e talvolta restio nell’accoglienza di stranieri.

L’autrice in questo libro ha deciso di raccontare la sua storia.
Ci spiega la fatica con la quale si è ambientata nella nuova patria e la scelta ben ponderata di ritornare a casa: in Italia.
Ci fa riflettere che molto spesso siamo noi ad avere pregiudizi sull’immigrazione e che dovremmo metterci di più nei panni delle persone che si trovano in questo stato non per loro volontà, ma per bisogno.
Ci fa capire che troppo spesso gli italiani tendono a sminuire il loro Paese e così facendo gli stranieri tendono a comportarsi male nella nostra Patria perché noi non gliela facciamo amare e rispettare.

Un libro molto consigliato a tutti, utile a capire e far capire l’importanza di questo problema e viverlo al meglio perché siamo tutti esseri umani immigrati o non.

Buona lettura!

“La fine di una storia di emigrazione ha sempre un suo inizio.”

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Romanzi
 
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mikyfalco Opinione inserita da mikyfalco    21 Dicembre, 2012
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La vita

Romanzi del genere li può scrivere solo chi ha vissuto la sconfitta:non sei capace di quella dolcezza infinita mista a tenerezza mentre sei vincente.
Come un soffio di vento caldo che ti accarezza la sera in attesa delle stelle.
Piacevole,molto piacevole.E' arrivato oggi nelle mie mani e dopo poche ore,complice un pomeriggio di nullafacenza,è già dentro di me.Letto tutto d'un fiato.
Era da tempo che non mi capitava una cosa del genere:totalmente immerso in un mondo che non fosse il mio al punto da non potermene staccare.
La cosa strana è che non era la voglia di sapere "come va a finire" che bloccava i miei occhi a seguire le parole,ma la voglia di conoscere quel mondo,di esserne parte,fino all'ultima cellula.
Una storia,quella di Emilia,che potrebbe essere di chiunque:la mia,quella del mio migliore amico/a,quella del vicino/a di casa,e di tante altre persone che incrociamo per un minuto.
Ogni persona racchiude un oceano di segreti.
E' vero,nel modo più assoluto.Ogni persona che incontriamo ha tanto da raccontare,tanto da dire,e quasi sempre,una lacrima da versare.Peccato che noi siamo troppo occupati a trattenere le nostre per capirlo.
Il viaggio di Emilia,dicevamo,non è altro che Vita.La vita di una ragazza che la mette a nudo a se stessa:perchè molte volte,quelle lacrime nascoste di cui parlavamo prima,sono celate anche a noi stessi e riemergono quando le nostre difese sono deboli,quando ricordiamo.
Ma non crediate che sia un libro deprimente,tutt'altro.E' un libro che ti mette una carica dentro,una voglia di superare ogni ostacolo.Ti fa capire che non c'è nulla di peggio di chi affondando decide di abbandonare la nave.Bisogna reagire,perchè la felicità,come tutte le cose che hanno valore,va conquistata,sacrificando qualcosa:la cosa più cara che si ha.
Parafrasando un vecchio detto indiano:
"La felicità è come l'orizzonte:tu fai un passo e quella si allontana di un passo.Tu fai due passi e quella si allontana di due passi.Allora a cosa serve la felicità?Serve a camminare".
Ed Emilia cammina,cammina verso la sua felicità,una felicità che,come sempre,arriva quando meno te l'aspetti,in un giorno come tanti,in un giorno qualunque.
In fondo,un giorno speciale inizia esattamente come tutti gli altri giorni.
Con un gran mal di testa.

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Poesia italiana
 
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Sharma Opinione inserita da Sharma    21 Dicembre, 2012
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Un grande dolore

Mai fermarsi alle apparenze, molte volte quello che ci sembra indigesto o contro i nostri gusti, poi magicamente risulta una delle cose più carine che si sono lette, bisogna metabolizzare, attendere un ottimo, riflettere e solo a questo punto possiamo prendere la nostra decisione. Decisamente è quello che mi è capitato con questo piccolo libro, dalla fine della lettura ho dovuto attendere un giorno intero e poi ho capito......La perdita di un genitore è qualcosa d'inevitabile, noi lo sappiamo, ma pensiamo di poter combattere contro il destino, contro il corso naturale della vita, ma cosa ci vogliamo fare è una battaglia persa in partenza eppure noi non ci fermiamo e ci crediamo fino all'ineluttabile. Quando poi è nostra madre che viene presa in considerazione le cose si amplificano fino all'inverosimile ( non dico che la perdita del padre sia meno importante, ma è diverso!). Lei è colei che ci ha partorito, colei che ci è stata vicino quando ci addormentavamo, quando piangevamo per un ginocchio sbucciato o quando ci volevamo sfogare per un amore infranto, nostra madre c'era, era lì, sempre con noi, sempre a consolarci, sempre con un bacio e un abbraccio (molti padri lo hanno fatto e lo fanno, ma consentitemi questa, le mamme sono di numero maggiore). La sua perdita è incolmabile, la sua presenza necessaria e insostituibile, la si vedrà aleggiare sempre intorno a noi, avremo sempre bisogno di lei, sempre la necessità di rivolgerci a lei per un consiglio, non importa se abbiamo 10 anni o 60 anni, non c'è alcuna differenza. La mamma è la prima persona che ha creduto in noi, che ci ha esortato nei nostri progetti, la prima ha criticarci e bastonarci. Ma è sempre stata dove doveva essere, lì immobile come una colonna per noi, se vacillavamo lei ci sosteneva , se cadevamo lei ci rialzava, sapevamo che c'era, eravamo carne della sua carne, niente poteva cambiare questo stato di cose. La vita ci dona molte sofferenze ma questa è una di quelle che si potevano evitare, c'è un detto che su per giù dice” Dio non manda mai cose di cui noi non possiamo sopportare” scusatemi, ma in tal proposito nutro dei seri dubbi. Il dolore ci può sconfiggere , schiacciare come in una morsa di ferro e non sempre se ne esce fuori, qualcosa di rotto e irreparabile ce lo porteremo sempre dietro come un handicap affettivo.
In queste righe non ho fatto altro che farvi assaggiare quello che è il cuore pulsante del libro, scritto con missive ad una mamma che non c'è più, con carmi ed elegie, un modo personale per esternare il dolore di una perdita così cara, lo poteva fare in mille altri modi ma questo era il modo che la mamma conosceva ed apprezzava del figlio, lo esortava a mettere a nudo il suo animo ed i suoi sentimenti ma tutto con un piglio sempre critico e costruttivo. Questo era il modo che l'autore conosceva per rendere omaggio alla donna che gli aveva concesso la vita e l'amore.
Cosa poteva, lei donna e mamma, donare di più importante e prezioso?

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Libri per ragazzi
 
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cuspide84 Opinione inserita da cuspide84    21 Dicembre, 2012
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INDAGINE NEL PARCO DEL TICINO

Questo delizioso libricino per ragazzi, narra le avventure di un gruppo alquanto originale di bestiole: TiJones, la formica più intrepida del Parco del Ticino; Bombo, il calabrone vestito alla Sherlock Holmes e Grè-Grè, il grillo dalle mille invenzioni utili. Tutti insieme formano la squadra investigativa della valle del Ticino e arrivati alla loro seconda avventura, si trovano a dover indagare sulla misteriosa morte di Martino, il martin pescatore ritrovato morto vicino a un mulino, con un’ala spezzata e con una profonda ferita indicativa di uno scontro rivelatosi fatale.

Riusciranno i nostri eroi a trovare il colpevole? Grazie ad un incontro risolutivo e galante, alla sagacia e alla caparbietà dei tre amici, il colpevole verrà assicurato alla giustizia, faremo la conoscenza di alcune specie animali che vivono in questo parco della Lombardia e apprenderemo l’importanza dell’agricoltura biologica!

Un libro carino, una storia semplice che fa entrare i bimbi nel mondo della natura e dell’agricoltura biologica; con i suoi capitoli brevi e le illustrazioni che ne accompagnano la lettura, risulta piacevole e istruttivo: contiene infatti delle tavole esplicative delle specie animali che si incontrano nel corso della storia, un piccolo approfondimento sulle risaie e alcune parole sull'importanza del mondo bio (con una ricetta da provare e da gustare).

Una lettura simpatica per i piccini e perché no? Anche per i grandi!

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Romanzi
 
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    20 Dicembre, 2012
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Il seggio vacante

“Il seggio vacante” è un romanzo di gran contenuto, destinato a scuotere le coscienze e a stimolare riflessioni sulla società attuale.
Poco importa l'ambientazione inglese, in fin dei conti lo spaccato sociale rappresentato ben si adatta a qualsiasi contesto nazionale.
I mali di una piccola comunità, assurgono a simbolo di un mondo malato, corroso da avidità e mosso da una ricerca spasmodica all'interesse personale, frustrato nei sentimenti e negli affetti familiari.
Un intreccio di famiglie alla deriva, focolari domestici in cui i legami si sciolgono come neve al sole, in cui il ruolo di genitori si frantuma contro il muro dell'incomprensione, della freddezza e dei rancori; veramente dolorosa la rappresentazione della lotta tra genitori e figli, colta in maniera cruda e dura, destinata a lasciare sul campo solamente feriti insanabili.
Sembra un mondo dove la luce è tramontata per cedere il posto all'oscurità morale e civile; ogni singolo personaggio non è esente dalla corruzione della propria anima, sia per fame di denaro sia per fame di successo, sia per deviazioni personali, sia per noia.
L'implosione di questa società non si limita allo scontro generazionale, ma provoca anche una spaccatura sempre più profonda tra classi sociali, dettata da mancanza di solidarietà, avversione all'integrazione, insensibilità alle problematiche che affliggono i soggetti più deboli.
La Rowling ci parla di una società flagellata su più fronti, dal personale al sociale, attraversando i campi familiari, lavorativi, scolastici, politici.
Queste pagine ci rendono una visione impietosa di uomini che non sanno più interagire, né con se stessi né con il prossimo né con i figli; aumenta la capacità di nutrire odio, invidie e insoddisfazioni a scapito di sentimenti positivi e costruttivi.

E' una lettura graffiante, nei contenuti e nei toni; l'incipit in sordina sfocia, strada facendo, in un fiume impetuoso, coinvolgendo il pubblico con forza, tra commozione, dolore e paura per una società che è mutata e sta percorrendo sentieri pericolosi.
L'estremo pessimismo che percorre il romanzo è dettato dal bisogno dell'autrice di evidenziare ed estremizzare gli aspetti peggiori della società contemporanea, senza alcun tentativo di giustificare gli uomini per i loro comportamenti; il messaggio arriva forte al pubblico, inchiodandolo alla visione straziante del mondo cui vive.
Coraggiosa ed audace la scelta narrativa della Rowling, poiché il suo microcosmo sociale sarà destinato a dividere la critica; qualcuno la potrebbe tacciare di avere accorpato un insieme inverosimile di circostanze, proponendo un messaggio esageratamente negativo e privo di speranza.
Al contrario, riteniamo che romanzi come questo siano ottimi spunti per riflettere sui disagi e le problematiche del vivere attuale, rompendo il guscio dell'individualismo per ritrovare una comunione sostanziale con chi ci circonda.

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Racconti di viaggio
 
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mikyfalco Opinione inserita da mikyfalco    07 Dicembre, 2012
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L'isola di un arcipelago

Chi non ha pensato almeno una volta nella vita di mollare tutto e partire verso un posto lontano,magari con la sua metà?
Penso chiunque!Peccato che poi arrivano puntuali i dubbi della coscienza su quanto questa scelta possa giovare al proprio futuro lavorativo,economico e sociale.
Quello che si tende a dimenticare,o meglio a non valutare,è quanto quest'esperienza possa giovare alla coppia o al proprio semplice benessere.
Sara,la protagonista di questo romanzo che per mille motivi possiamo definire autobiografico,viene convinta dal suo ragazzo,Lorenzo,ad intraprendere un viaggio tramite il W.W.O.O.F.
Questa è un'associazione di volontariato che permette alle fattorie associate di ottenere aiuto da ragazzi in cambio di vitto e alloggio.
(Per inciso,già solo per il fatto di aver portato alla conoscenza dell'esistenza di quest'associazione,bisognerebbe fare un applauso all'autrice Chiara Ruggiero).
Sara,dicevamo,come tutte le ragazze ha paura di qualcosa che non sa cosa sia,di un qualcosa che non ha mai programmato,ma grazie all'insistenza di Lorenzo,più "spericolato",riuscirà a farsi trasportare dall'incertezza di non sapere cosa accadrà domani."Cosa ci aspetta in Cornovaglia?"
Un romanzo che abbiamo già definito autobiografico,ma che non possiamo certamente definire un diario di viaggio o un diario personale:sarebbe riduttivo e fuori luogo!
L'autrice,infatti,traccia un perfetto specchio di come dovrebbe essere la vita delle persone forzando i contorni nel momento in cui lo stress,la società,le autorità,ci impongono di essere tutt'altro.
Inoltre,riesce a marcare con una penna attenta alcuni pregi e difetti dell'Italia paragonandola all'Inghilterra.
Un bel libro,piacevole per contenuti,forse da curare di più nello stile,non sempre scorrevole e per tratti ancora "acerbo di ragazza liceale",ma pur sempre una goccia giovane nell'oceano dei libri.
Ci sono piccoli accorgimenti che gli autori riescono a cogliere solo con il tempo,ma c'è molto in questo libro:molto di Sara/Chiara,molto degli italiani,molto degli inglesi...molto degli uomini,e quando si arriva a generalizzare si arriva a qualcosa di universale,e sono in pochi che sanno scrivere di piccole cose e farle diventare grandi.
Quindi per quest'autrice,a cui auguro il meglio,posso solo dire che "Il meglio deve ancora venire!".
Per il resto sono solo piccolezze che il tempo limerà...

"Ogni essere umano è come un'isola situata in un grande arcipelago ognuna dotata di una propria individuale bellezza,ma se guardate tutte insieme dall'alto,donano alla vista un quadro molto più prezioso e affascinante"...

Ecco,questa per me è la fotografia di questo libro.

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Romanzi
 
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AlessandraV Opinione inserita da AlessandraV    04 Dicembre, 2012
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Una storia struggente ed emozionante

Lucy Houston ha scoperto fin da bambina il significato della parola Morte. La madre gravemente malata di cancro (malattia che ha sterminato anche altri componenti della famiglia) ha lasciato troppo presto lei e le sue due sorelle, Priscilla e Lily. Le ragazze hanno sempre convissuto con il terrore di aver ereditato qualche brutto male dalla madre. Fortunatamente fino ad ora sono riuscite tutte a crearsi una loro vita, sebbene accompagnata sempre da quella preoccupazione. Lucy incontra Mickey Chandler un bel ragazzo apparentemente forte e sano. Subito Lucy si renderà conto che Mickey è affetto da un disturbo mentale, il disordine bipolare, che induce stati d’ansia e alternanza di momenti di lucidità a periodi di psicosi. Nonostante l’iniziale contrarietà delle sue sorelle, Lucy innamorata di quest’uomo dalla personalità difficile, decide di sposarlo. La loro vita coniugale è fatta d’amore, gioie, ma anche di momenti duri, che mettono a dura prova il loro amore “imperfetto”. Dopo tutto alcuni matrimoni sono perfetti, mentre altri “assomigliano ad una danza sui vetri rotti” dolorosa e fatta di sacrifici enormi. La prima regola che si erano prefissati è stata quella del “niente bambini”, per evitare di dare alla luce una creatura che inevitabilmente avrebbe subito le conseguenze della loro difficile situazione di salute. Ma a nulla serviranno le mille precauzioni prese per evitarlo. Il miracolo accade, e Lucy rimane incinta di una bambina. Le emozioni sono sempre più forti ed i due cercano di capire quale sia la cosa giusta da fare. Lucy scoprirà di essere malata, un brutto male le viene diagnosticato e da qui inizierà il calvario per lei e la sua famiglia. Il loro percorso di vita è accidentato, per nulla semplice, ma profondo e disperato. Le loro parole “sanguinano” e la disperazione prende il primo posto. Il romanzo è incalzante, spietato, devastante così come gli stadi della malattia che si fanno via via più difficili e dolorosi. L’amore tra Mickey e Lucy è caratterizzato da una stabilità precaria, così come la vita, sempre e comunque oscurata da quel sentore di Morte che tormenta la realtà. Il racconto è intervallato da frammenti di un diario, quello di Mickey, nel quale racconta tutto: i suoi sentimenti, la sua instabilità, la razionalità alternata a momenti di panico o di estrema lucidità. Lucy dovrà trovare la forza di affrontare la propria malattia e la “pazzia” del marito, tutto per il bene della preziosa creatura che porta in grembo. Ma è una lotta contro il tempo, e quest’ultimo è sempre più limitato. I rischi sono enormi, ma è necessario non arrendersi davanti a nulla, anche quando guardandosi allo specchio quella che vedi riflessa non è più la tua immagine, bensì quella di un corpo che soffre. L’insegnamento del suo buon vecchio padre (“La Morte non è la fine”) aiuterà Lucy a trovare dentro di sé le ultime forze e dare, con il respiro e la voce spezzata, le giuste direttive affinché tutto possa andare come lei desidera, per il bene della piccola. Questa è una storia forte, reale, cruda, appassionante, strappalacrime; adatta a chi non ha paura di leggere l’intero libro con il cuore in gola. E’ impossibile smettere di leggere, di sperare fino alla fine. Il dolore, non solo fisico, dilania i protagonisti ma anche il lettore. Una cosa è certa : la forza dell’amore continuerà a vivere anche dopo la Morte. Ed un piccolo cuore desideroso di vivere potrà cambiare tutto, dando una ragione alla propria esistenza. Ho trovato questo libro davvero intenso e commovente, tagliente come un vetro rotto. Il lettore spera che, così come una bellissima danza, questo libro possa non finire mai. Ma la realtà è diversa ed i viaggi, seppur indimenticabili, a volte finiscono; portando con sé molti sentimenti contrastanti che ti accompagneranno per sempre.

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Consigliato a chi ha letto...
a chi non ha paura di avere il cuore in gola fino alla fine e di lasciarsi magari rigare il viso da una lacrima
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Romanzi
 
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    03 Dicembre, 2012
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Villa Metaphora

L'ultima fatica letteraria di Andrea De Carlo porta in scena la società contemporanea di casa nostra e non solo.
Quattordici personaggi, quattordici vite per creare un romanzo corale che fotografa mondi articolati e complessi, per porre gli uomini di oggi sotto una lente d'ingrandimento.
Tessere una trama con tanti fili è un'impresa ostica, talora destabilizzante per il pubblico; l'abilità dimostrata da De Carlo è indubbia e stupefacente.
L'idea “alla Agatha Christie” di confinare per una settimana questo manipolo di uomini e donne su di un'isola pressoché inaccessibile e lontana da agi e modernità, concede all'autore l'arma giusta per indagare l'anima dei suoi protagonisti, per far sì che gli stessi si confrontino e si scontrino, scoperchiando pentole in cui bollono segreti, malesseri, rancori, invidie, insoddisfazioni.
Lo scopo è quello di abbattere il muro dell'apparenza, indagare senza tabù e ipocrisie tanti aspetti dell'uomo di oggi; con spirito pungente e sarcastico l'autore ne coglie vizi e virtù, sia nelle vesti imposte dai ruoli sociali ricoperti sia nell'intimità della vita privata.
Il risultato è forte, spiazzante e doloroso per chi legge.
Quella di De Carlo è una società avida, gretta, insensibile, opportunista, immorale.
Qualcuno potrebbe tacciarlo di esagerato pessimismo; ma l'obiettivo è quello di stimolare una riflessione profonda per capire in quale mondo viviamo.
C'è tanta realtà in queste pagine, c'è tanta Italia e tanto mondo odierno.
Al termine della lettura si perde la certezza di avere fatto un lungo viaggio all'interno di un racconto metaforico; gli spunti, le storie, gli eventi sono maledettamente veri.

Senza ombra di dubbio è un romanzo che colpisce per la vastità del contenuto e per la originalità stilistica di scrittura.
Lo stile narrativo di De Carlo è corposo e abbondante, talora prolisso, minuzioso e ricco, in grado di generare una completezza di contenuto avvolgente e pervasiva; i suoi protagonisti si raccontano in prima persona dando la stura ad ogni tipo di pensiero, di opinione, di sogno, di esigenza.
Ciascuno tira le somme della propria esistenza, tra pentimenti e convinzioni; rammenta il passato, valuta il presente e ipotizza un futuro prossimo.
Interessante la mescolanza tra persone appartenenti al jet set, siano essi attori, giornalisti, politici e coloro che non lo sono; un confronto moderato dalla penna sagace di De Carlo con intelligenza e ironia, mettendo a nudo gli uni e gli altri con equilibrio e imparzialità.
Il linguaggio utilizzato è mutevole, camaleontico, poiché ad ogni personaggio è associato un diverso registro; si passa dal lessico scurrile a quello raffinato, dall'inserzione di intere frasi in inglese, francese e tedesco, per finire con la creazione ad hoc di un dialetto indigeno partorito dalla fantasia dell'autore fondendo elementi linguistici siciliani, maltesi, portoghesi, etc (ricordiamo che l'isola su cui si svolgono i fatti non esiste).

E' un romanzo che richiede un grande impegno per il lettore, un romanzo che di primo acchito potrebbe annichilire ed impaurire, ma una volta entrati in sintonia con l'autore, diviene impossibile staccarsi dai personaggi e dalle loro sorti.
Ci regala uno spaccato della nostra epoca, rappresentando un momento storico in cui occorre meditare sulla moralità, sulla dignità, sulla legalità.

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Romanzi
 
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Solaria 51 Opinione inserita da Solaria 51    01 Dicembre, 2012
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L'amicizia è come la luna, ti presenta un solo lat




Diciotto lettere e un epilogo compongono questo bellissimo romanzo. Mi verrebbe da considerarlo un romanzo-saggio sui valori dell’amicizia, della vita e della morte,veri protagonisti della storia; quest’ affermazione scaturisce dal contenuto delle lettere fino all’epilogo, dove il concetto di amicizia, vita e morte toccano la loro massima carica emotiva.
Andrea, la voce narrante del romanzo, racconta la sua vita attraverso uno scambio epistolare, per posta elettronica: i rapporti con la famiglia, con i suoi amici e come si confronta con le persone del luogo in cui vive. Il complesso delle circostanze in cui nascono e si sviluppano i fatti è un piccolo paese della Sicilia. Andrea, sin da piccolo è costretto a vivere con la zia, poiché il padre, colto da una forma di paranoia, non lo ritiene suo figlio; gli viene concesso, con la riluttanza del padre, di pranzare con i suoi familiari solo la domenica: questo è l’ accordo stabilito. La condizione familiare, lo costringe a vivere e sentire una diversità rispetto ai suoi coetanei. In ogni lettera ripercorre le varie fasi della sua vita: l’amore adolescenziale con Lucilla, sua compagna di scuola, che scaturirà in un rapporto difficile e problematico. In questo rapporto, il significato di amicizia, appare ad Andrea, in tutta la sua ambiguità. Le figure del nonno e della zia che lo hanno aiutato a crescere; quella del prete, don Ilario, che si diverte a proporgli la risoluzione di paradossi e infine, l’amicizia con Norino che rispetto agli altri amici rimane più confidenziale. Le giornate vengono trascorse al circolo dove si parla di politica, al bar, invece, si discute di donne e, in biblioteca, luogo in cui i frequentatori vengono chiamati habitatores, si argomenta di cultura. Con il passare degli anni, Andrea, si rende consapevole che il rapporto con Lucilla non avrà soluzione, tutto rimane nel limbo dell’incertezza e il desiderio di crearsi una famiglia lo tormenta, quella famiglia, alla quale, per motivi a lui sconosciuti e incomprensibili non si è sentito mai di appartenere. L’epilogo del romanzo, lo lascio a chi ha voglia o l’occasione di leggerlo: in appena cinque pagine è racchiuso l’essenza del racconto. Lo stile è raffinato, il lessico ricercato; l’autore riesce a far passare messaggi profondi con semplicità, trascinando il lettore nel vivo del pensiero dei personaggi; crea delle ancore, affinché chi legge riesce a riflettere sul senso della vita; i dialoghi riescono a far sentire la voce della parola scritta esprimendo sensazioni, opinioni e stati d’animo.


Siracusa 1-12-2012

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Fantasy
 
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pinco Opinione inserita da pinco    29 Novembre, 2012
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Da coltivare

Per prima cosa, ringrazio la Redazione e l'Autore per la copia inviatami.
Premetto che questo fantasy era destinato alla giovane figlia dello scrittore. La semplicità della trama trova allora una giustificazione. Ad un occhio più maturo infatti, il libro appare più come una bozza, un embrione che deve crescere. Non vengono approfonditi molti aspetti, e i caratteri stessi dei personaggi sono piuttosto superficiali.

Le lande di Arìshtar sono minacciate da un'ombra oscura. Antichi e nuovi guerrieri d'argento dovranno unirsi per salvare il mondo dalla distruzione.

Il linguaggio è semplice, con momenti che vorrebbero essere epici senza tuttavia riuscirci.
Il lavoro di editing e correzione è inesistente, o comunque non è stato efficace: la moltitudine di errori e refusi, come a pagina 79 dove manca la fine di una frase, infastidiscono. Per non parlare dell'uso di termini discutibili in un fantasy: "...pasto energetico..." lo associo allo SlimFast, e il "...punti di ristoro..." alla maratona di Venezia.
L'uso di più frasi principali, all'interno dello stesso periodo, creano confusione. La punteggiatura poco ortodossa, in alcuni casi, frena la scorrevolezza, rendendo difficoltosa la lettura.
Per contro, la parte grafica è gradevole e aiuta l'immaginazione, frustrata dalla poca attenzione ai dettagli e alle descrizioni sommarie.

In conclusione, spero che l'Autore abbia rivisto e corretto il testo. Inoltre, approfondendo alcune parti e dando maggiore spessore ai personaggi, può uscirne un romanzo di tutto rispetto non solo per un pubblico giovane. La traccia è accattivante e personalmente ha suscitato la mia curiosità. Sarebbe interessante sapere come è stato trovato il Padre di tutti i draghi.


P.S. personalmente lavorerei anche sul grido di battaglia di Erim: "Arrivoooo" non suona molto bene in un momento, ricco di phatos, come l'inizio di una battaglia epica...

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Poesia italiana
 
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Nadiezda Opinione inserita da Nadiezda    23 Novembre, 2012
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Sophìa, Il sommo amore

Si tratta di una piccola raccolta di poesie, per la precisione sono trentasei ed in più l’autore ha inserito: una presentazione, la prefazione, l’epilogo e un’appendice.

Insieme all’autore, attraverso i suoi versi, viviamo attimo per attimo l’amore vissuto in prima persona con Sophìa.
Questa donna è: pura, perfetta, tenera, giocosa, criptica, virtuosa e ha tanti altri pregi che si scoprono leggendo e meditando su tutte le poesie.
Le poesie passano attraverso le varie fasi dell’innamoramento fino alla rottura di questo rapporto, mescolando lo stile classico a quello moderno.

Nelle prime poesie, la musa ispiratrice alla quale si è ispirato il poeta viene idealizzata ed invocata.
Proseguendo il loro rapporto matura, il loro desiderio cresce e diventa qualcosa di intimo e complesso.
Verso la fine il rapporto sembra guastarsi, c’è tristezza, incomprensione, dispiacere ed insoddisfazione.

Attraverso queste poesie si nota e capisce che le parole che non sono state dette per tempo oramai sono inutili.
Attraverso queste rime percorriamo una storia durata più di undici anni e che purtroppo è finita male.

Le due poesie che mi hanno più colpito sono state quelle intitolate: Amata e Segreta. Entrambe appartengono alla fase finale, al momento della rottura, sono quelle che mi hanno trasmesso più emozioni anche se no sono per niente allegre.

Cosa posso aggiungere? Che ve lo voglio consigliare, ho apprezzato moltissimo questa raccolta e vi voglio lasciare con qualche verso di “Amata”:

Come il cavalluccio marino,
Che senza la sua compagna sta,
Monogamo muore,
Così io mi spengo,
Senza Lei.
…Amore… […]

Buona lettura!

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Politica e attualità
 
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cuspide84 Opinione inserita da cuspide84    22 Novembre, 2012
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WHO IS MISTER PUTIN?

Who is Mister Putin era una domanda a cui avrebbe dovuto rispondere un giornalista, Artyom Borovik, in un reportage del marzo 2000… se non fosse rimasto vittima di un terribile incidente aereo ritenuto dalle autorità una tragica fatalità, ma in realtà un mezzo efficace per eliminare una persona divenuta ormai troppo scomoda per gli alti vertici russi (pare infatti avesse scoperto le vere origini di Putin). Questo giornalista è solo uno dei tanti di questa categoria che, con l’unica colpa di aver svolto alacremente il loro lavoro, sono giunti a conoscenza di verità, o si sono messi in situazioni per così dire imbarazzanti (per il Cremlino), da condannarsi a morte certa; una morte avvenuta sempre tragicamente, o per mezzo di incidenti fatali, o di colpi di pistola, o di veleni potentissimi creati nella c.d. Kamera o Laboratorio 12.

Questo è un libro molto forte che affronta senza tanti fronzoli gli ultimi decenni della Russia: dagli ultimi anni di governo di Yeltsin alla scalata al potere di Putin, per arrivare al suo “successore” Medvedev.

Nel corso del libro viene descritta la persona di Vladìmir Vladimirovich Putin: un uomo freddo, privo di scrupoli, permaloso e tiranno; un nuovo dittatore in una società che dovrebbe essere democratica, ma che lo è solo apparentemente: la stampa, la tv, internet, ogni mezzo di comunicazione che possa informare i cittadini è controllato per far si che costoro sappiano solo quello che il potere vuole che essi sappiano; la tragedia della scuola di Beslan (331 morti, di cui 186 bambini e più di 700 feriti), l’attentato al teatro della Dubroska (912 persone prese in ostaggio, ne moriranno 174), l’inabissamento del sottomarino nucleare Kursk nel Mar Baltico (118 morti), per non parlare dei vari attentati a Mosca e dintorni, spacciati per atti dei ceceni, ma pare una mera messinscena del governo per giustificare la seconda guerra contro la Cecenia… in questo libro si parla di questo e di molto altro ancora, perché la gente rifletta su quanto è accaduto, perché si faccia delle domande e perché non restino solo foto di madri piangenti sui cadaveri dei loro figli, o di terroristi accasciati sulle poltrone di un teatro storditi da un gas che ha causato più danni che altro, o l’immagine commovente di una coppia di anziani che depone un mazzo di garofani rossi ai piedi di un monumento commemorativo, posizionato laddove prima c’era un palazzo, spazzato via da un attentato in cui venne usato un esplosivo militare: l’esogeno.

Francesca Mereu ha fatto un ottimo lavoro, nonostante l’argomento sia difficile da trattare e da spiegare; ringrazio la redazione di Qlibri per avermi dato la possibilità di leggere questo libro e per avermi fatto aprire gli occhi su una realtà che può essere considerata solo atroce e quanto più lontano ci sia da una democrazia. Molto interessante e veritiera l’appendice in cui la figura di Putin viene comparata con quella dell’amico Silvio.

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Storia e biografie
 
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    21 Novembre, 2012
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Consoli e ambasciatori

Maria Eugenia Veneri, giovane laureata in relazioni internazionali e diritti umani, nel 2008 riceve l'incarico di ricostruire la storia delle legazioni estere presenti a Torino dal 1861 ad oggi.
Nasce così questo saggio dal carattere prettamente tecnico-giuridico, rivolto ad un pubblico di addetti ai lavori, siano essi giuristi, appartenenti al corpo consolare e affini.

Il lavoro della Veneri è molto approfondito e dettagliato; si apre con un interessante excursus sulla nascita ed la veste di console nella storia, per arrivare poi alla specifica sul ruolo di console onorario, di cui molti non conoscono le caratteristiche intrinseche e l'importanza ricoperta.
Interessante anche per chi fosse digiuno da tali nozioni, apprendere la differenza che corre tra un console generale ed un console onorario, figure di cui spesso si sente parlare dai mezzi di informazione; grazie a questo testo, è possibile apprendere il ruolo determinante che un console onorario può assumere a protezione dei cittadini dello stato rappresentato contro comportamenti discriminatori e limitazioni della libertà, oppure a garanzia dell'osservanza del diritto internazionale generale e convenzionale.
Il saggio prosegue con un'esposizione minuziosa dei paesi rappresentati a Torino stabilmente dalla fine dell' ottocento, corredata dai nomi dei consoli che si sono avvicendati nel tempo e dalle attività svolte, con l'aggiunta di notizie scarsamente divulgate ma di certa utilità.
Questo testo entra a pieno titolo nella produzione saggistica di stampo giuridico, utile strumento di studio ed approfondimento per coloro che si accingano alla conoscenza della materia.
E' palese il grande lavoro di ricerca e ricostruzione che vi è sotteso, elaborato con chiarezza espositiva e metodo, per raggiungere un ottimo livello di comprensibilità.

Vista l'importanza nell'attuale panorama internazionale delle relazioni tra le nazioni e la realtiva disciplina dei rapporti tra le stesse, scritti di questa natura diventano mezzi concreti e validi per addentrarsi nella materia consolare, rammentandone i principi costituenti e le funzioni.

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saggistica giuridica
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C l a r a Opinione inserita da C l a r a    14 Novembre, 2012
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Senza perdono.

C’è una sensazione di claustrofobia nelle pagine di “Una donna non dimentica mai”, secondo lavoro pubblicato dalla coppia svedese Eriksson-Sundquist. Per questo una doverosa premessa: il romanzo, anche se autoconclusivo, fa parte di una trilogia: le vicende ed il contesto sono differenti, ma per apprezzarne la lettura è necessario leggere il primo romanzo “La stanza del male”, in quanto i personaggi hanno un profilo psicologico delineato che in "Una donna non dimentica mai" viene dato per acquisito.

La trama della vicenda è decisamente intricata, il nodo centrale è un episodio di bullismo avvenuto venticinque anni prima nel liceo di Sigtuna ai danni di una giovane e misteriosa ragazza di nome Victoria Bergman. Da qui emergono una serie di collegamenti e uno scenario di violenze sessuali perpetrate tra le mura domestiche ai danni di alcune delle studentesse. Il romanzo è un rimando costante ad episodi del passato della vita della protagonista, che si vanno a mischiare con le indagini in corso su delitti fuori dall'ordinario le cui vittime hanno stranamente, una connessione più o meno diretta con questa scuola, a dimostrazione del fatto che la vedetta, anche a distanza di anni può colpire con una forza inaspettata e brutale da lasciare sgomenti.
Questo libro è fortemente legato all'universo femminile, nelle sue mille sfaccettature. Le protagoniste sono due donne Sofia Zetterlund,, psicologa e profiler dalla personalità ambigua e ambivalente e Jeanette Kihlberg, commissario della polizia di Stoccolma con un figlio problematico, un matrimonio alla sfascio e una carriera resa difficoltosa da un ambiente fortemente maschilista.

Un thriller di denuncia, che pone in risalto l'universo femminile come vittima prescelta per uno scenario violento e raccapricciante.
Violenza fisica.
Violenza sessuale.
Violenza psicologica.
Violenza morale.
In ogni caso sempre e solo violenza.
Quando il male segna l’esistenza di una donna, indipendentemente dalla sua età anagrafica, la segna per sempre ed è impossibile voltare pagina e far finta che nulla sia successo. Bisogna convivere ogni giorno con un peso che schiaccia il cuore. Solo una donna può sopportare questo.

"Non ci sono buoni motivi per ricominciare, aveva detto lui. Tu sei sempre appartenuta a me e lo sarai per sempre. Lei percepiva questo aspetto come se fosse due persone diverse.
Una a cui lui piaceva e una che lo odiava."

Non il solito thriller... Consigliatissimo!

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Illary Opinione inserita da Illary    11 Novembre, 2012
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IL DELITTO PERFETTO

"Si tratta di mio padre, non riusciamo a trovarlo". E' la piccola Emma, otto anni, a denunciare alla polizia la scomparsa del genitore. Stewart Maloney sembra infatti svanito nel nulla: nessuna traccia, nessuna motivazione, nessuna spiegazione.
L'Ispettore Faraday, convinto che sia stato assassinato, coinvolge la sua squadra nella difficile indagine che pare scontrarsi sempre più con l'evidenza di un delitto perfetto. O quasi.
Sfondo dell'intricato giallo è una regata finita in tragedia a causa di una spaventosa tempesta, che ha causato il naufragio di uno yacht e la morte di parte dell'equipaggio.
Ma alla complicata inchiesta si intrecciano anche altre figure sulle quali indaga la squadra di Faraday: corrieri della droga, piccoli criminali, escort ed informatori. Il tutto sembra portare l'ispettore ad un unica domanda: si può davvero compiere il delitto perfetto?

Questo thriller mi è sembrato ben scritto ed elaborato. L'idea è originale ed il movente si va lentamente delineando nel corso del romanzo per evidenziarsi veramente solo alla fine della storia. Anche le vicende private dei protagonisti ed il loro temperamento entrano in qualche modo a far parte dell'indagine, e contribuiscono a creare suspance ed interesse.
Ma se l'amore, il tradimento e la passione sembrano governare il mondo e dar corso agli eventi, alla fine nel lettore si insinua il dubbio che la solitudine e la nostalgia siano il vero motore e più profondo filo conduttore di questo thriller.

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Gialli della serie Time Crime, L'isola della Paura. Consigliato a chi ama le trame molto intrecciate anche a discapito dei colpi di scena.
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Storia e biografie
 
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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    07 Novembre, 2012
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Di grande interesse

Ljudmila Ulickaja è una delle più grandi scrittrici russe contemporanee, ma in questo libro la sua mano si percepisce appena, se non per la scorrevolezza del testo che rende veloce la lettura e l’efficace struttura narrativa che la rende interessante. La vera voce protagonista, infatti, quella che permane la narrazione, è quella dei testimoni: volontari, dottori, pazienti, genitori e bambini che hanno contribuito a creare e sviluppare la clinica pediatrica R.D.K.B. di Mosca o ne hanno usufruito. E per dare un volto alle voci, il volume è corredato da diverse fotografie, ritratti di persone e luoghi. Il racconto dell’Associazione è un collage di esperienze vere, testimonianze che rendono viva, coinvolgente, la cronaca di un progetto nato dall'impegno di un solo uomo, Padre Aleksandr Men, e perseguito negli anni da un gruppo sempre più vasto di volontari.
Lasciare che siano i diretti protagonisti a parlare è senza dubbio il mezzo più efficace per coinvolgere il lettore e aiutarlo a calarsi nella realtà descritta. Dà vita e calore a storie che parlano sì, di grande sofferenza, ma sono anche la testimonianza di ciò che l’uomo è in grado di fare con la propria volontà. Persone comuni come Lina Saltykova (presidente del gruppo volontari, attiva in prima linea quando ancora nemmeno esisteva un vero progetto), Kostja Sedov (uno dei primi volontari che hanno portato la clown therapy nella clinica, cosa impensabile fino ad allora), Serëža ed Elena piccoli pazienti che a distanza di anni descrivono le loro esperienze in modo semplice, diretto, narrando la loro realtà così com'è: con il suo lato crudo, duro, ma anche nelle esperienze di crescita personale, gioia, gratitudine. Una cronaca di vita e morte, o meglio, di vita in tutte le sue molteplici sfumature.
Il centro del volume è lo sviluppo della clinica pediatrica, ma non solo. Il punto di vista che ci viene mostrato si allarga e travalica i confini delle mura della struttura. L’intento di far conoscere il lavoro della clinica e soprattutto dell’associazione “Aiutateci a salvare i bambini Onlus” è evidente, ma l’importanza del libro, come enuncia lo stesso Ennio Bordato nella prefazione italiana, e anche ciò che contribuisce a rendere maggiormente interessante la lettura, è lo spaccato storico e sociale della Russia che viene mostrato e che è difficile anche solo da immaginare, per chi non l’ha vissuto direttamente. Qui traspare dal primo impatto con una struttura nuova ma abbandonata a se stessa, dove i bambini e le loro famiglie sono mandati dallo Stato quando affetti da malattie sconosciute o incurabili, anche per mancanza di medicine; dall'assassinio, a tutt'oggi irrisolto, del primo fondatore del gruppo volontari della clinica all'avvento dei primi cambiamenti e passi avanti; dallo sviluppo, con progressi discontinui, a tentoni, di una clinica ed un’associazione diventata oggi un punto di riferimento, fino alla scoperta di una Russia, citando gli stessi protagonisti: solidale, e fin ad allora sconosciuta dai suoi stessi cittadini. Un intero capitolo è dedicato agli eventi tragici di Beslan (2004).

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Romanzi
 
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pinco Opinione inserita da pinco    06 Novembre, 2012
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Antigone

Ammetto che ho aspettato diversi giorni, prima di iniziarlo: essendo un testo teatrale, temevo che non mi coinvolgesse.
Come mi sbagliavo...
Finito in meno di un paio d'ore, ha saputo conquistarmi come pochi!

Antigone, dramma tebano di Sofocle, come "Edipo re" e "Edipo a Colono", viene rivisitato in chiave moderna, ma non nella forma, bensì nei contenuti.
L'autrice mantiene la struttura: prologo, parodo, episodi, statismi ed esodo. Tuttavia, nell'opera originale, Antigone sfida l'autorità per dare degna sepoltura al fratello Polinice, morto in una guerra fraticida con Eteocle. La volontà del re, infatti è che si celebri soltanto quest'ultimo.
In questa rilettura, Polinice giace in coma, ed è mantenuto in vita artificialmente. Dalla sepoltura, ci si sposta all'eutanasia. Il re diventa Legislatore. La ribellione di Antigone sfida le leggi umane, mettendo in discussione la linea sottile che separa la vita dalla morte.

Temi molto delicati, trattati in modo mirabile. Un'opera che si è rivelata una vera chicca.
Ringrazio la Redazione per avermi dato la possibilità di assaporare questo testo, che ha già trovato un posto d'onore nella mia libreria.

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Poesia italiana
 
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pinco Opinione inserita da pinco    05 Novembre, 2012
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Fate piano...

Ringrazio innanzitutto la gentile Redazione per l'opportunità offertami di leggere e recensire questa raccolta.

Quaranta poesie che descrivono l'animo e la crescita dell'autrice. Si parte da quelli adolescenziali, nell'età in cui ci si affaccia all'universo in cerca di verità assolute e dove i sentimenti sono amplificati all'ennesima potenza:

"... Come l'arcobaleno dopo un temporale,
come la quiete dopo la tempesta,
come la gru che demolisce un castello
diroccato,
come l'acqua che restituisce la vita
al giglio appassito
...tu entrasti nella mia vita
per poi fuggire via..."

Piacevole l'ironia de "E' la vita"

"... Non so se
un giorno finirà,
se ci sarà qualcuno
ad applaudire,
non so se il tempo
mai si fermerà
e se il mondo rimarrà
soltanto un palcoscenico.
Per ora... gente...
ripassate il copione
perché la vita continua..."

A mio parere, però, le liriche migliori sono quelle della maturità, nate dai colpi della vita:

"...Verrà la vita e avrà i tuoi occhi,
mi accecherà il sole a mezzogiorno,
mi incatenerà la luce del levante,
sospirerò di gioia un'altra volta.
Col tuo sorriso scoplito mi sveglierò
perché la vita mi guarderà
ed i tuoi occhi mi mostrerà."

Quaranta poesie, quaranta pensieri di una Donna, scritto con la d maiuscola, proprio perché vera, non artefatta, non arzigogolata da liricismi ricercati a tutti i costi.

Se entrate, fate piano...
non disturbate...
leggete con delicatezza...
questa Donna sta condividendo un pezzetto della propria anima...

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Racconti di viaggio
 
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AlessandraV Opinione inserita da AlessandraV    03 Novembre, 2012
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Il viaggio: un'esperienza di vita

Un libro che si inizia ad assaporare sin dal titolo “Il meglio deve ancora venire” : un inno all'ottimismo e ai sogni chiusi nel cassetto, lì pronti da realizzare. Il sogno di Sara, la protagonista del libro, è quello di viaggiare, di effettuare nuove scoperte. Ma a volte il suo pessimismo innato ed il suo animo calcolatore non le permettono di lasciarsi andare. Accanto a lei però c’è il suo amore, Lorenzo, un ragazzo continuamente stimolato dalle novità, un inguaribile ottimista, instancabile cercatore e fonte inesauribile di idee. Insieme decidono di partire per il Regno Unito, da sempre considerata una meta “giovane”, adatta come tappa per la propria crescita personale. Decidono di associarsi al W.W.O.O.F (World Wide Opportunities Organic Farm) un’organizzazione di volontariato che prevede la permanenza presso una fattoria inglese in cambio di un impegno giornaliero con le attività di coltivazione e non solo. Questa nuova esperienza è certamente un modo per Sara di superare le proprie paure, trovando dentro di sé il coraggio per “abbattere” gli ostacoli . Chi nella propria vita ha compiuto almeno un viaggio (lungo o breve che sia) sa perfettamente che dalla pianificazione fino al ritorno ci sono mille imprevisti da superare. Infondo il viaggio può essere considerato una metafora della vita, fatta di attese, corse, problemi da risolvere e “labirinti” tra i quali districarsi. I temi trattati sono più che mai attuali. Infatti nel corso del libro vi è una descrizione attenta delle peculiarità del popolo britannico nella sua compostezza, in contrapposizione con gli italiani, sempre pronti a lamentarsi. Viene illustrato un quadro (tristemente reale) dell’italiano : criticone, incline alla protesta fine a sé stessa, dalla quale, il più delle volte, non nasce nulla, finendo per generare solo malcontento. Attraverso questo racconto di viaggio, con uno stile piacevole e scorrevole, Chiara Ruggiero fa emergere alcuni spunti costruttivi per risanare il nostro Bel Paese, spinto alla deriva da scelte e pensieri sbagliati. Sebbene il pensiero del futuro sia oggi nebuloso e senza certezze, tra le righe si percepisce chiaramente un forte entusiasmo costruttivo. Durante il racconto emerge la necessità di bloccare il consumismo “ a tutti i costi” per privilegiare una vita fatta di emozioni, nella quale poter trovare (o ritrovare) un piccolo spazio per i propri desideri. Si tratta di quelle stesse emozioni che ti porti dietro al termine di un viaggio. Quest’ultimo rappresenta un’esperienza unica che permette di creare dei termini di paragone, di analizzare con più consapevolezza i punti di forza e di debolezza di sé stessi e del proprio Paese. Le emozioni ed i ricordi lasciati da un viaggio sono unici e Chiara Ruggiero ha saputo condensarle in questo libro, da leggere con calma, per assaporarne ogni singolo capitolo, il quale rappresenta il “souvenir” di una grande esperienza di vita.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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gracy Opinione inserita da gracy    29 Ottobre, 2012
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L'impronta della volpe

“In questo paese roccioso e tormentato, tra pianure, falesie e altopiani, Pigui è un villaggio Dogon come altri.”

Moussa Konaté è uno scrittore africano contemporaneo, già noto in Francia per aver pubblicato i suoi polizieschi per la collana Série Noir della Gallimarde e che ha creato un personaggio davvero singolare, il commissario Habib, un uomo molto pacato, che si è istruito in occidente e che investe un po’ il ruolo del “commissario filosofo” e che condivide il suo lavoro assieme al suo fidato ispettore Sosso. Ho avuto modo di conoscere questo autore grazie ad un amico amante di questo genere letterario e molto legato all’Africa descritta da Konaté.
La scrittura è molto lineare e risente appieno della sua essenza africana, senza tanti fronzoli e senza tanti colpi di scena . Il commissario Habib e l’ispettore Cosso sono chiamati a svolgere le loro indagini presso alcuni villaggi costruiti con il fango a sud del fiume Niger, dove vive un popolo legato a tradizioni animistiche e a riti di divinazione e di magia, un compito assai arduo, perchè le prove scientifiche si scontreranno con le innumerevoli credenze ataviche. Si susseguono morti per difendere il proprio onore e decessi di giovani che non hanno resistito a vendere la propria terra per il dio denaro, contravvenendo alle tradizioni legate all’appartenenza di un popolo che riconosce la sua identità attraverso le impronte delle volpi indovini e gli incantatori di serpenti.

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"La maledizione del Dio del fiume"e "L'assassino di Banconi" dello stesso autore.
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Romanzi
 
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mt Opinione inserita da mt    28 Ottobre, 2012
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Grazie mamma!

Ho letto questo libro in un periodo a me poco felice ma nonostante ciò sono stata contenta sia della scelta che della lettura: questo libro mi ha veramente toccato il cuore.
E' la storia di quattro donne: Ginevra eccellente architetto, Sveva l'adoratissima figlia nata da un profondo amore, Laura famosa scrittrice e Valentina figlia di Laura e, di un grande e profondo amore che lega le quattro donne ad un uomo di nome Gregorio, proprietario di una delle più importanti case editrici italiane, uomo determinato, padre assente, ricchissimo e agli occhi di Ginevra incapace di provare e dimostrare affetto e amore.
Libro scritto molto bene, scorrevolissimo, quattro donne forti che cercheranno di dare un senso alla propria vita esprimendo il loro amore materno e cercando di instaurare un forte legame e un punto di riferimento stabile tra madre e figlia.
Raccontano in prima persona la propria storia ma che poi diventerà la loro storia, una storia di una grande famiglia....la così detta famiglia allargata!
Attraverso le loro testimonianze, che poi non sono altro che quelle dell'autrice, sono entrata nella loro famiglia, ho condiviso odio, rancore e amore; ho gioito e pianto con loro e, come loro mi sono posta tantissime domande.....tra cui.....perchè ti ho messo al mondo?
Amore?....Egoismo?....Solitudine?.....
Una storia piena di errori, di inconsapevoli sbagli, e,conseguentemente, di dolore.
Non aggiungo altro, toglierei il piacere di leggere un così bello e coinvolgente libro.
La giornalista Stefania Bonomi ha dedicato questo libro all'amore, alle donne e alla maternità, l'ha scritto per lasciare un documento di vita alla figlia: dice che è la sua storia ma, non è la sua storia!

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Gialli, Thriller, Horror
 
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pirata miope Opinione inserita da pirata miope    27 Ottobre, 2012
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VECCHIE CARTOLINE

Farfalla nera vive in un villaggio dell’Africa, viene violentata dai guerriglieri e ingannata dall’amato si vendica in modo atroce. Si tratta però della protagonista di uno dei tanti racconti che il commissario Berté scrive al computer nei ritagli di tempo del suo lavoro di poliziotto. Una donna, una delle tante, che inquietano con la loro presenza conturbante o la loro assenza allarmante la mente del protagonista del romanzo di Emilio Martini, pseudonimo di un vero funzionario di Polizia: c’è l’amata Marzia, felicemente coniugata, c’è la professoressa Groppini, la preside assassinata, la collega attraente e ci sono le fugaci e sensuali apparizione di un istante, la cameriera slava, la liceale dal sorriso radioso, le figlie abbronzate della vittima, l’editrice senza peli sulla lingua. All’universo femminile si contrappone quello maschile, fatto di sfruttatori di mogli ricche, potenziali assassini, seduttori di minorenni, padri indifferenti o mariti lontani o fedifraghi. Alla più o meno rigida divisione in sessi si intreccia quella in classi sociali, altrettanto classicamente invalicabile in un paese della provincia ligure somigliante a “una vecchia cartolina sbiadita dal tempo”: la vittima dirigeva un prestigioso liceo privato ed è fra le ipocrisie dei ricchi che devono indirizzarsi le ricerche del detective che si porta con sé le sue debolezze ed idiosincrasie. Ed è soprattutto su queste ultime che si focalizza la scarna pagina di Martini ed è proprio la visione schematica del protagonista a essere confortata dalla scoperta dell’assassino. Le vecchie cartoline sono sbiadiate ma di esse continuiamo a riempire i nostri album

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A chi ama i gialli d'ambientazione italiana.
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Romanzi
 
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    24 Ottobre, 2012
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Corpi e anime

Dopo il brillante esordio de “La solitudine dei numeri primi”, Paolo Giordano pubblica il suo secondo lavoro.

Anche questo romanzo è caratterizzato da un'estrema fluidità narrativa, tanto da stimolare una lettura rapida ed incalzante. Non cada il pubblico nell'errore di correre su queste pagine accattivanti e coinvolgenti, alla ricerca spasmodica di un finale degli eventi.
Questo romanzo va assaporato lentamente, va compreso col cuore e con la ragione, per poter captare gli infiniti messaggi dell'autore, o almeno, poter comprendere il punto di vista sotteso al nucleo narrativo.

Giordano rappresenta magistralmente, ancora una volta, la generazione che si affaccia alla soglia dei trent'anni, età che conduce a fare i conti con l'ingresso nel mondo adulto, fatto di responsabilità e scelte di vita destinate a riflettersi su se stessi e sugli altri.
Lo sfondo predominante è la guerra “modernamente” intesa, ossia uno spaccato crudo e reale delle missioni in zone calde del mondo, come l'Afghanistan; missioni a sostegno dei governi locali per ristabilire l'ordine e la legalità, che si trasformano troppo spesso in guerre dagli esiti funesti.
Ma la guerra viene utilizzata da Giordano come una metafora e vagliata in tutte le sue possibili sfaccettature, mettendo in scena diversi personaggi, dove ciascuno viene colto alle prese con la sua “personalissima guerra”.
La guerra non è solo sangue sul campo, non riguarda solo il mondo militare; la guerra talvolta è parte integrante della vita.
La vita può divenire scontro con se stessi per l'incapacità di accettarsi, di esprimersi con gli altri, familiari compresi, per l'insoddisfazione accumulata a causa di scelte sbagliate.
La vita è anche spettatrice di scontri familiari e generazionali, che si consumano tra le mura di casa, ma che possono causare danni permanenti ed irreversibili nell'anima di un uomo.

Il romanzo è percorso da un filo conduttore sottile e splendido, ossia il binomio tra corpo umano e persona. Un concetto non immediato, la cui intensità aumenta con il consolidarsi della narrazione: ossia l'evolversi delle situazioni rappresentate fa comprendere come le necessità del corpo non sempre coincidano con quelle della mente e come questo talvolta diventi un'entità scissa dal volere “ragionato” della persona. Ecco allora che il corpo diviene istinto, diviene mezzo per evadere dalle costrizioni imposte dall'anima, dai rimorsi, dai ricordi e dalle regole morali e non, imposte dalla società.
Altresì il corpo è sinonimo di fragilità e vulnerabilità, inteso come quella parte dell'uomo che per prima fa le spese delle scottature della vita, dagli eventi più gravi a quelli meno, destinata a caricarsi di patologie o cicatrici che saranno per sempre il simbolo del passato.

Giordano denota anche in questo lavoro un'ottima capacità di mettere a nudo il personaggio, di fare affiorare i sentimenti più nascosti, con una semplicità ed una chiarezza disarmante, ma a tal punto immediata e concreta da piegare il lettore ad una completa immedesimazione e compartecipazione nella problematica affrontata.
In queste pagine diventano palpabili i dolori, i timori, le solitudini, le ansie di una generazione che dovrebbe spiccare il volo verso la stabilità e la sicurezza, verso la convinzione nelle scelte effettuate, verso un segmento di vita che la trasformi dall'essere figlio all'essere padre.

Ne “Il corpo umano” c'è tanta voglia di scavare nel quotidiano di una società divorata da malesseri e instabilità, mossa da una ricerca famelica di affetto, protezione e realizzazione.


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cuspide84 Opinione inserita da cuspide84    24 Ottobre, 2012
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THE DARK SIDE OF THE MOON

Il protagonista di questa fantascientifica storia è Furio, uomo di mezza età, sposato con Ilenia, con cui condivide la passione per l'opera lirica e i frequenti battibecchi che caratterizzano la loro routine matrimoniale; vive a Roma, nel quartiere EUR, e lavora da anni come “galoppino” al Ministero per lo Sviluppo Economico; gli piace il suo lavoro e lo fa anche bene, ma sono anni ormai che si è visto passare davanti tanti giovani raccomandati che con la giusta spintarella (essendo semplicemente figli di, mariti di, nipoti di), sono riusciti ad arrivare laddove lui non riuscirà mai ad arrivare, essendo parente di nessuno, se non di se stesso. Questa cosa lo logora da tempo, ma ha imparato a conviverci, a dire la propria opinione al proprio capo (uno dei raccomandati che si è visto passare magicamente avanti), con tranquillità, con sincerità, ma anche con pungente ironia.
Le cose nella sua vita iniziano a cambiare quando, sulla spiaggia sassosa di Anzio, ritrova una strana pietra nera, perfettamente tonda, senza un graffio e fredda, così tanto che non si scalda nemmeno tenendola in mano per lungo tempo! Furio è inspiegabilmente attratto da questo strano sasso, lo tiene sempre in tasca, come se fosse una reliquia e ne cerca un contatto ogni volta che può, come se ne fosse ossessionato, ma non ne parla con nessuno, nemmeno con quella “vecchia capra” di sua moglie (come la apostrofa durante i loro bisticci).
Ma quell'oggetto è destinato a cambiare notevolmente la sua vita e non solo... cosa nasconde? E' una semplice pietra nera o qualcosa di più? Riuscirà Furio a capire il suo significato, il suo valore o quant'altro essa possa significare?

E la luna cosa centra vi chiederete? Beh non posso di certo dirvelo o vi racconterei tutto il libro!
Questo piccolo libricino di appena 133 pagine si è rivelato meglio di quanto mi aspettavo; temevo fosse un racconto di fantascienza difficile da seguire e altamente noioso, ma non è niente di tutto questo: è un racconto che si, ha a che fare con la fantascienza, ma non è incentrato su di essa e proprio per questo si legge molto velocemente, risultando una breve storia piacevole. Nel racconto si parla, seppur di sbieco, di un problema molto diffuso in Italia, ovvero quello dei raccomandati: ovviamente è un argomento inserito nel testo come sfondo della vita lavorativa di Furio, pertanto non viene approfondito, ma semplicemente reso noto come un dato di fatto.
I protagonisti, nonostante non descritti alla perfezione, si riescono a delineare ugualmente grazie ai dialoghi, alla loro vita quotidiana e al loro modo di affrontare i problemi che si presentano giornalmente. Insomma è un libricino adatto a chi cerca in intermezzo non troppo impegnativo!
Ringrazio la redazione di Qlibri per avermi dato l'opportunità di leggere questo romanzo!

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Amarilli73 Opinione inserita da Amarilli73    24 Ottobre, 2012
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Alla ricerca delle architetture nascoste del mondo

Anche se si inserisce nel cosiddetto Ciclo di Bigend, a mio parere questo romanzo può essere tranquillamente letto come opera autonoma. Ambientato nel futuro prossimo (cioè appena qualche anno più avanti rispetto al nostro decennio), riprende uno dei temi più cari di Gibson, ovvero la rappresentazione di una realtà straniata/straniante, dove la tecnologia che anche noi possediamo (in primis, l’i-phone, che tutti i personaggi possiedono ed usano in modo continuo ed ossessivo, o la dipendenza da Twitter, o ancora l’onnipresenza delle telecamere e dei rilevatori GPS) si è fatta padrona e predomina, finendo per ammorbare e annichilire i rapporti sociali, i gusti della collettività, lo sviluppo dell’economia, persino il singolo sentimento, un tempo prerogativa dell’essere umano.

Rispetto ad altre opere precedenti (come Neuromante o Luce Virtuale ), direi che qui Gibson si è fatto un po’ prendere la mano dalla sua analisi socio-tecnologica e dal desiderio di preconizzare e portare all’estremo le tendenze del nostro tempo, a discapito della trama generale (tanto che, come thriller distopico, risulta invero assai deboluccio, sia in termini di suspense, sia per un finale buonista che non è assolutamente alla sua altezza).
Hollis Henry, ex-cantante che ha perso gran parte dei propri risparmi nella crisi dei mercati finanziari, e Milgrim, crittologo e reduce da una clinica dove lo hanno disintossicato e resettato (per cui non ricorda più nulla dei suoi ultimi dieci anni di vita), vengono assoldati dal miliardario belga Hubertus Bigen (uno dei personaggi più inquietanti e più riusciti di Gibson: “uno troppo ricco, uno che flirtava pericolosamente con le architetture nascoste del mondo”), per aiutarlo nel recupero e nella conquista di un marchio “nascosto”, ovvero di una moda capace di condizionare e modificare i gusti della società, senza che la società neppure se ne accorga.
In questa missione i due verranno aiutati da Heidi, un’altra ex-rockstar, da Garreth, l’ex-ragazzo di Holly, artista che si esprime attraverso performance di base-jumping (ovvero lanciandosi dai grattacieli più altri del mondo, travestito da scoiattolo), nonché da una girandola di personaggi più che improbabili (tra tutti Fiona, la ragazza-corriere che riprende un altro tema caro a Gibson, e già apparso in Luce Virtuale).

Tra “Coolhunter” (i segugi dei nostri gusti collettivi) e “Ghostbrander” (i ricercatori che scovano i marchi inattivi, che sono però talmente parte del nostro passato da essere capaci di avere ancora una visibilità iconica o una narratività vitale), i nostri dovranno vedersela con il mondo della pubblicità e della moda, dove nulla viene lasciato al caso.

E qui viene fuori l’aspetto migliore di Gibson, la sua acutezza nell’analizzare criticamente gli aspetti più oscuri delle strategie di mercato (ad esempio, nel lancio di un nuovo marchio, basato non più sulla visibilità estrema, ma piuttosto sulla segretezza estrema, tramite la diffusione “limited editon” di pochi capi, in luoghi esclusivi, e per un target di clienti a sua volta rigidamente selezionato).

Lo stile visionario e confuso di Gibson, all’inizio può risultare lievemente urticante, ma poi ti avvolge, ti conquista. Certe descrizioni minuziose dei materiali, dei suoni, degli odori, scomposti in uno straordinario elogio del particolare (come l’arredamento di una singola stanza d’albergo, le suppellettili conservate in una teca, la forma e i colori delle cromature dei sanitari di un bagno, o ancora i graffi sul casco di un motocilista che sfreccia nel traffico di Londra, o ancora l’architettura degli edifici: “un caseggiato del XVIII secolo, la cui facciata ricordava l’espressione di qualcuno sul punto di addormentarsi in metropolitana”) mi hanno lasciato estasiata, a volte ricordandomi certe descrizioni puntigliose dei vasi di fiori di proustiana memoria.

Una sorta di Proust del XXI secolo, dunque? In realtà, questo paragone non è poi così azzardato, ed anche Gibson deve esserne consapevole, perché non si lascia sfuggire l’occasione per mettere in bocca a Milgrim proprio una citazione divertita sulla “petite madeleine” inzuppata nel thè…

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Sydbar Opinione inserita da Sydbar    23 Ottobre, 2012
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Volontà di potenza

Commentare un saggio è davvero qualcosa di difficile da eseguire, tanto più se il saggio è di tipo filosofico, a maggior ragione se l'argomento è il pensiero nietzscheano.
Sarò breve o almeno cercherò di esserlo... breve escursus: il pensiero di tale filosofo ha influenzato buona parte della cultura occidentale e permettetemi, è stato ampiamente stravolto dai più a convenienza...vedasi il concetto di "superuomo" e nazismo.
In questo saggio di Marco Gabrielli viene affrontato, ad ampio spettro, uno dei concetti chiave del pensiero del filosofo tedesco, la Volonta di potenza.
La caratteristica che più mi ha colpito è la spregiudicatezza utilizzata dall'autore nel confrontare svariati concetti come appunto quello in oggetto con il nichilismo, la religione, non solo quella cristiana e l'intera cultura della società contemporanea, soprattutto occidentale.
Dire che l'opera è piacevole alla lettura sarebbe ipocrita perchè il libro è consigliabile solo per i veri interessati all'argomento, seppur trattato con relativa semplicità, merita comunque delle basi da parte del lettore.
Gli approfondimenti sono più riconducibili alle impressioni del Gabrielli al quale va dato ampio merito di aver ultimato un'impresa così ardita, c'è stata senza dubbio una Volontà di potenza.
Buona lettura a tutti.
Syd

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Georgia Opinione inserita da Georgia    23 Ottobre, 2012
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Quando la vita ci sorprende...

E’ davvero strano come la vita per giorni e per anni ci appaia sempre nello stesso modo, ci limitiamo a viverla anche quando non ne traiamo nessuna soddisfazione, come se tutto ciò che quotidianamente facciamo lo si debba fare e basta, e poi, un giorno accade qualcosa e la nostra esistenza cambia radicalmente. Eleonora, Benedetta e Carmen sono amiche dai tempi della scuola, unite da un grande affetto reciproco, sicure di poter contare l’una sull'altra. Eleonora è un’insegnante, negata per le faccende domestiche, madre e moglie del tutto insolita: donna indipendente, dal temperamento tenace e, a volte, un po’ aggressivo. Benedetta fa la casalinga a tempo pieno, anche lei madre e moglie, ma più devota, premurosa ed attenta alle esigenze della sua famiglia. Infine la giornalista in carriera è Carmen, che non divide la vita in modo stabile con nessuno tranne che con un delizioso gatto, nonostante il suo fascino e la sua bellezza a dispetto degli anni che passano. Sarà proprio quest’ultima ad innescare inconsapevolmente quella serie di eventi da cui scaturiranno riflessioni, emozioni, risvegli, sentimenti e desideri nuovi. Carmen infatti comunica alle due amiche di dover partire per una destinazione misteriosa e per un tempo indefinito, ma questa esclusione dalla sua vita pone le altre a metà strada tra il voler rispettare la sua insolita riservatezza e la seria preoccupazione che qualcosa di brutto stia per accadere. Ognuna di loro in realtà si renderà conto di tacere qualcosa di sé alle amiche e il viaggio di Carmen sarà l’occasione per spogliarsi delle convenzioni, dei perbenismi e di una vita caratterizzata da una infelice routine. Ciascuna farà i conti con se stessa e con chi le è vicino compromettendo coraggiosamente alcuni rapporti, ma salvando e rafforzando solo quelli che meritano di essere vissuti.

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antonelladimartino Opinione inserita da antonelladimartino    22 Ottobre, 2012
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Un esercizio di riflessione costante

Il saggio di Elsa Mescoli, che ci porta nel cuore dell’esistenza quotidiana delle donne di Luxor, ha il pregio di analizzare con cura i diversi aspetti di un ambiente molto complesso. La pratica su cui l’autrice si impegna a indagare e riflettere riguarda una pratica molto delicata e controversa, strettamente legata a quel contesto: la “circoncisione femminile”.

Il relativismo culturale è una teoria antropologica con cui non è facile confrontarsi: parente non troppo stretto del relativismo filosofico, è un “ismo” ad alto rischio di fraintendimento. Per esempio, alcune interpretazioni “estreme” del relativismo culturale possono portare a posizioni simili al dogmatismo: la stabilità della struttura sociale acquisisce un valore pari a quello del dogma, che annienta qualsiasi possibilità di confutazione. Altre volte l’intento di sottrarsi all’etnocentrismo può portare, paradossalmente, a esprimere giudizi e paragoni discutibili proprio sulla cultura di appartenenza dell’osservatore. In questo saggio, le intenzioni di osservare “attraverso uno sguardo quanto più possibile scevro di giudizi precostituiti”, mi nel complesso mantenute, ma non completamente.

Il primo punto che mi sembra contraddittorio riguarda il titolo: la scelta della definizione “circoncisione femminile” mi sembra appropriata allo scopo del lavoro di ricerca (calarsi in un contesto sociale diverso dal nostro), ma non credo, che il termine “mutilazione” contenga, come sostiene l’autrice, “la denuncia delle pratiche in questione”. L’espressione descrive da un punto di vista scientifico il tipo di operazione eseguita: anche se nel contesto non viene considerata tale, rimane una mutilazione. Ricordiamo che la mutilazione a volte può costituire un intervento necessario per salvaguardare la salute: per quale motivo dovrebbe contenere una denuncia? Certo, nel contesto in cui è praticata è definita positivamente differentemente, ma il dato oggettivo rimane: il corpo viene privato di una sua parte. Anche se le capacità di compensazione del corpo umano sono notevoli; anche se forse si dovrebbero studiare più a fondo le conseguenze sulla sessualità femminile; anche se, considerando il contesto in cui viene eseguita, non si può giudicare negativamente chi pratica la circoncisione; la natura dell’intervento rimane sempre la stessa. Inoltre, mi sembra doveroso sottolineare che la formula più invasiva di questa pratica, la circoncisione faraonica, implica un altissimo livello di rischio ed effetti negativi duraturi nella salute della donna, effetti che durano l’intera vita.

L’autrice mi sembra giudicare in modo poco obiettivo la scienza medica. Concordo con lei che a volte “i corpi subiscono una depersonalizzazione”, ma soltanto quando la scienza medica diventa paternalistica. Purtroppo, non si può negare che questo succeda spesso. Nella nostra società sono stati frequenti, e lo sono ancora attualmente, i casi in cui la pratica medica diventa uno strumento ideologico o di oppressione sociale: a parte i casi citati dall’autrice, si può ricordare per esempio l’abuso della lobotomia e dell’elettroshock in campo psichiatrico. Anche nel nostro presente e nel nostro paese i cattivi esempi non mancano; pensiamo ai casi di accanimento terapeutico sui pazienti terminali più sfortunati, che non possono beneficiare della “libertà di cura” prevista dalla Costituzione.

Un altro punto che trovo impreciso è il passo in cui l’autrice si oppone alla critica della circoncisione praticata sulle bambine: “La decisione riguardo all’operazione è sicuramente presa da altri sul corpo della bambina, ma questi altri sono i suoi familiari, e in misura maggiore spesso la madre, che stabilisce quali siano per la figlia (che venga circoncisa o meno) i requisiti fondamentali alla sua futura realizzazione come donna”. Anche in questo caso non è possibile giudicare dall’esterno la madre e le sue decisione. Non metto nemmeno in dubbio che, come suggerisce altrove l’autrice, in alcune situazioni il danno fisico causato dalla circoncisione rappresenti un male minore rispetto all’ostracismo sociale che la bambina subirebbe. Ma il fatto che la bambina non abbia possibilità di scelta non mi sembra irrilevante, soprattutto se lo paragoniamo alla chirurgia estetica come fa l’autrice: la scelta è fatta per conformarsi “ai modelli estetici creati dal contesto sociale”, ma rimane comunque una scelta (che secondo la legge del “consenso informato”, dovrebbe essere fatta anche in piena consapevolezza dei rischi e delle conseguenze).

Il caso della circoncisione femminile ricorda molto da vicino quello dei “loti d’oro”, la deformazione dei piedi praticata nella Cina prima del comunismo.
Anche in questo caso, la pratica veniva considerata necessaria per “abbellire il corpo femminile”.
Anche in questo caso, le madri praticavano la legatura dei piedi (molto dolorosa) a fin di bene, per consentire alla figlia un buon matrimonio.
Anche in questo caso, molte donne erano fiere dei loro piedi piccoli, li consideravano belli condividendo le aspettative sociali dell’epoca.
In questo caso (a differenza del contesto “in evoluzione” analizzato dell’autrice), però, non c’era alcuna possibilità di scelta da parte della madre: la pratica evitava un male maggiore, anche se menomava la capacità di camminare e poteva provocare morte, gravissime infezioni e altri pesantissimi “danni collaterali “.

La presenza di punti che stimolano la discussione rappresenta a mio parere uno dei pregi più significativi di questo ottimo saggio, ricco di descrizioni e osservazioni interessanti. In particolare, mi sembra incisiva l’osservazione che gli interventi “umanitari” contro la circoncisione femminile rischiano di innescare un effetto opposto a quello desiderato: una reazione contraria che rafforzi la diffusione della pratica, per contrastare interventi esterni considerati autoritari o paternalistici. Inoltre, fatto non disprezzabile, il testo è ben scritto, strutturato in modo chiaro e sintetico, ricco di dati significativi, utili per accedere a una più ampia comprensione della realtà complessa e dinamica in cui vivono le donne di Luxor.

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Poesia italiana
 
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AlessandraV Opinione inserita da AlessandraV    21 Ottobre, 2012
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La delicatezza delle parole

Premetto che in genere non leggo molti libri di poesie, ma devo dire che fin dall'introduzione emerge la passione travolgente dello scrittore che non può che incuriosire il lettore. Si tratta di Andrea Pettinari un giovane sardo appassionato di poesia e di Leopardi. Il suo carattere si legge tra le righe: delicato come una "ninfea", ma tenace come una crisalide che sta per diventare una meravigliosa farfalla. I suoi studi ed approfondimenti gli hanno permesso di passare dai "pensierini" di scuola alla scrittura di versi che lo aiutano ad esprimere le sue emozioni e sensazioni. I temi delle sue poesie sono vari, tra i quali l'amore, la figura del poeta e della parola, fino a versi dedicati all'uomo e alle sue fragilità. La poesia viene paragonata ad una ninfea la quale poggia su un chiaro specchio d'acqua, così come la poesia risalta e riempie un foglio. Entrambe (la poesia ed il meraviglioso fiore) ammaliano l'uomo/lettore con colori e profumi inebrianti.

"Il verso è legato ad uno schema ed alla mente ed al gustar del buon lettore"

Da questi versi è chiara la fiducia che l'autore ripone nelle capacità del suo lettore. Quest'ultimo deve essere attento e scrupoloso, ma deve lasciarsi andare sviluppando una sensibilità "superiore" che gli possa permettere di godere appieno di questi versi.
Tra le righe si legge una chiara ricerca della felicità, quella felicità che sembra non giungere mai, lasciando il cuore del poeta carico di dolori e preoccupazioni.
Dopo tutto nella gran parte delle poesie di tutti i tempi, il tema della sofferenza è più volte ripreso, quasi a sottolineare che solo la purezza della parola potrà donare sollievo al poeta (nonché anche al lettore). Sebbene le grandi gioie tardino ad arrivare, l'autore ci ricorda che la felicità deve essere rubata ai piccoli attimi che racchiudono in sé una grande forza.
Un altro tema trattato riguarda la scuola ed il ricordo di quegli anni ricchi di dubbi ed incertezze, fatti di sacrifici, ferite e di sguardi beffardi che provocano dolore, quest'ultimo placato solamente dall'arte della poesia.
Questo libro rappresenta l'apertura al mondo del "giardino" segreto dell'autore e del suo intimo mondo. Andrea Pettinari ci fa dono delle sue "ninfee" più belle e preziose.
Data la giovane età dello scrittore si sente che le su "ninfee" sono ancora bambine (proprio come indicato in una sezione del testo) ma la ricercatezza dei vocaboli e la forte sensibilità dimostrano che c'è una vera passione per la poesia che certamente porterà a stimolare maggiormente l'espressività dell'autore nelle sue opere future.
Un libricino sicuramente da leggere per impiegare, una volta tanto, il nostro tempo in qualcosa di più profondo.

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Romanzi storici
 
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rondinella Opinione inserita da rondinella    20 Ottobre, 2012
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Una serie di strane coincidenze...

... tanto da farmi pensare: ma questa è la versione storica di Tempesta d'amore?!?

No scusate, ma che sensazione questo Follett della Seconda Guerra mondiale! Mi è sembrato di leggere il copione di una ... telenovela!

Ma andiamo con ordine.
Chi conosce già Follett sa com'è: uno scrittore accattivante, ti strizza l'occhio al punto giusto, prende un pendolino e ipnotizza, fa perdere qualche ora di sonno etc etc... 'effetto Follett' in genere comune in tutti i suoi libri. Un intrico di situazioni appassionanti e ben descritte, vivide e che colpiscono.
Anche in questo secondo volume de The century trilogy, L'inverno del mondo, Follett si è messo all'opera mischiando di tutto e di più, azione, strategie belliche, amore, spionaggio, qualche sprizzatina di scienza, sfondo storico verosimile. Il suo mix ad effetto, audace ma che riesce (quasi) sempre.

Ma qui qualcosa cade... come si dice: questo libro è bello ma non balla.

Punto uno, iniziamo dai personaggi: solite descrizioni ampiamente soddisfacenti puntate sul dettaglio, ben caratterizzati, eppure...avete presente i personaggi delle telenovele, veri ma 'finti'? Ebbene, a me questi così son sembrati...certi atteggiamenti e profili messi lì per riempire, che però non servono davvero, con tratti davvero improbabili. E poi... ma è possibile che si trovano tutti al punto giusto nel momento giusto? Come già detto in precedenza da qualcuno prima di me queste coincidenze rendono la narrazione inverosimile.
Senza contare poi la scelta degli stessi protagonisti: potete dire (quasi) addio ai cari vecchi Ethel, Maud, Grigorji, Gus, Fizherbert, Billy etc... finita la prima guerra a quanto pare la loro vita si è ridotta a un mero contorno... che peccato!
Punto due, la narrazione storica. Che delusione. Anni di guerra e Follett non si è sprecato con più di un paio di frasi per dire della deportazione degli ebrei e altre atrocità commesse dai regimi. All'inizio qualcosa c'era, ma poi viene tutto trascurato, abbandonato, a volte concluso in modo spiccio. Ma cos'è? E io che mi aspettavo tanti accenni alle torture, ai campi di concentramento, al trattamento delle persone... ma no, a quanto pare i parties di Daisy erano più importanti e Hitler sembra quasi un fantasma.
Forse sarà una mia impressione, ma quando leggo Follett ho sempre l'impressione che la Storia serva per fare uno sfondo più particolare a vicende individuali.

Caro Follett, mi sembra che tu abbia perso di mira un po' di obiettivi, la voglia di graffiare si è ridotta a ferite superficiali. Spero ti riprenda, perché le potenzialità ci sono tutte! Non è che per caso (ma proprio per caso) c'era fretta di finire...?

Comunque per ci segue l'autore (e non) la lettura resta consigliata: stile scorrevole (anche troppo secondo me... troppe frasi spicce, proprio da film), storia interessante, coinvolgente e ben intrecciata che nonostante la mole si legge che è una meraviglia.
Finito in una decina di giorni!

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La caduta dei giganti, tutto Follett
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cuspide84 Opinione inserita da cuspide84    18 Ottobre, 2012
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LA CAVERNA DELL'ORRORE

“La vita è così. Non ci si rende conto di cosa succede finchè non si rallenta per guardare meglio”.

E' notte sulla 316 di Conyers, Georgia; Judith e suo marito Henry stanno rientrando a casa dopo una festa per il loro anniversario di matrimonio organizzata dal loro amato figlio Tom.
E' buio, Henry mantiene il limite di velocità per paura che qualche animale gli attraversi la strada d'improvviso... è concentrato alla guida quando d'un tratto sterza bruscamente perchè qualcosa si è buttato in mezzo alla strada... ma non è qualcosa, bensì qualcuno: una donna svestita con orribili e tremende ferite inflittele prima dell'impatto. Da dove è sbucata? Perchè non ha visto la macchina arrivare? Perchè il suo viso è sfigurato da lividi e il suo corpo è martoriato da ferite inimmaginabili?
Will Trent e Faith Mitchell (rispettivamente “un dislessico lunatico e una cicciona diabetica a cui mancano i rudimenti della contraccezione”), si ritrovano a dover indagare su questo orrendo caso, in cui saranno coadiuvati, volenti o nolenti, da Sara Linton, giovane dottoressa del pronto soccorso dell'ospedale di Grady (dove viene ricoverata la vittima dell'incidente), nonché ex medico legale, con un passato recente molto triste, che sta cercando di superare con tutta se stessa.
La situazione si complica quando altre donne simili ad Anna, la giovane investita, spariscono nel nulla dall'oggi al domani, senza che parenti o vicini di casa reclamino o facciano notare la loro assenza. Saranno legate da qualcosa di particolare? Dal colore degli occhi o dei capelli? Dal fatto di essere donne in carriera senza alcun legame affettivo?
Chi è questo pazzo che rapisce le donne, le tortura, le priva di ogni dignità trattandole alla stregua di mera spazzatura?
Will e Faith dovranno scoprirlo, affrontando non solo i problemi del caso e il coinvolgimento emotivo che ne consegue, ma anche altri fattori personali, che rischieranno di prendere il sopravvento distraendoli dal loro lavoro di detective.

Un thriller decisamente riuscito, nonostante la sua lunghezza, si legge con piacere, ti coinvolge appieno e ti lascia col fiato sospeso fino all'ultima pagina: niente è certo; niente è ovvio; niente è garantito.
I personaggi sono delineati nei minimi dettagli, Will col suo problema “tecnico”, Faith col suo problema personale e Sara col suo dolore e con la sua nostalgia del passato, ci rendono partecipi della loro vita e non ci nascondono nulla, nemmeno i loro lati caratteriali più nascosti, più deboli, più… umani. Questo è uno dei grandi pregi di questa scrittrice: caratterizzare i personaggi in modo tale che sia assolutamente impossibile non soffrire per loro e con loro, non lottare insieme a loro, non tirare un sospiro di sollievo con loro.... per non parlare del sorriso che strappa leggere che un uomo tutto d'un pezzo come Will Trent venga soggiogato e sottomesso da un chihuahua minuscolo come la piccola e dolce Betty!!

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Thriller e i precedenti libri di Karin Slaughter
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    18 Ottobre, 2012
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L'altra faccia della vita

Capita a volte che le critiche di segno opposto che si abbattono su un romanzo anziché allontanare il lettore, fungano da richiamo, instillando grande curiosità.
L'incontro con Giordano si è rivelato costruttivo e denso di emozioni.

Queste pagine raccontano storie di vita di estrema durezza, scoperchiando la pentola in cui bollono problemi legati all'adolescenza e allo sviluppo, problemi familiari destinati a minare per sempre l'armonia della casa e della crescita dei più deboli, ossia dei figli, problemi psicologici e patologie fisiche destinati a segnare l'esistenza se non affrontati correttamente.

La penna di Giordano, con grande profondità e lucidità, ritrae il percorso evolutivo dall'infanzia all'età adulta dei due protagonisti, regalandoci un racconto intenso sul piano emotivo e maledettamente realistico.
Siamo al cospetto di due giovani a cui la vita ha imposto prove difficili, sottoponendoli a disagi e sofferenze nell'età in cui dovrebbe prevalere spensieratezza e gioia, nell'età in cui occorre trovare rifugio nel calore di un abbraccio da parte dei genitori.
Anche se gli anni passano le ferite del corpo e del cuore non si cicatrizzano appieno, ma restano sempre là, sbiadite ma latenti, pronte ad aggredirti riportando alla luce i ricordi, i rimorsi, le paure.

I nostri protagonisti si sentono diversi dai coetanei e dal mondo circostante, finendo in uno stato di isolamento ed estraniazione doloroso e irrecuperabile.
Sono due esseri soli, che camminano ogni giorno caricandosi del loro fardello di dolore sulle spalle, forse in cerca di quella comprensione che non hanno mai trovato, forse in cerca di un briciolo di serenità e di normalità, forse in cerca di un affetto sincero e totale.
Ma la ricerca di un cambiamento e di una svolta deve fare i conti con la corazza eretta dalla solitudine nel corso degli anni; un guscio sempre più difficile da rompere, un guscio che toglie la libertà ed impedisce di volare, che attanaglia il cuore e lo inaridisce, un guscio che diventa l'unica certezza conosciuta in cui rifugiarsi.

Il romanzo trasuda umanità e dolore all'ennesima potenza, prestando la voce a tutti coloro che gridano aiuto e facendo entrare il lettore accorto nel mondo buio della diversità.
Quella narrata da Giordano non è una storia sconclusionata e surreale, ma è l'altra faccia della vita, quella meno fortunata, quella meno sorridente, quella meno scanzonata.
Queste pagine sono a ricordarci che anche questa è vita, anche questa è quotidianità.

E' una lettura che segna il cuore, che riesce a trasportarti nel baratro del silenzio e del dolore insieme ai protagonisti, che ti fa percepire l'oscurità della solitudine e del male di vivere.
Un romanzo d'esordio estremamente maturo per la compiutezza del contenuto e per l'alta tensione emotiva sviluppata; un crescendo di sensazioni avviluppante l'anima del lettore, tra momenti di tenerezza, di tristezza e di speranza.

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Sara moncalieri Opinione inserita da Sara moncalieri    15 Ottobre, 2012
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Povero Diavolo!

Un libro sorprendente.
L'ho iniziato che non ci capivo quasi niente, tra un complotto che si stava svolgendo in tutta segretezza e dei dialoghi in flashback che non si capiva dove volessero andare a parare. Chi erano questi due che parlavano, e cosa c'entravano nella storia? Perché una cosa era chiara: che non fossero stati messi li a caso.
E infatti.
Dopo un'iniziale confusione da parte mia, dovuta più all'ignoranza sui "personaggi" riportati che a una mancanza dello scrittore, dopo i primi, brevi capitoli, dunque, sono stata trascinata nella storia, ho iniziato a riconoscere i protagonisti, a capire cosa volessero, perché lo volessero.
C'era dunque una congiura in atto. Qualcuno, sotto il vessillo della Libertà (come sempre, del resto), cercava di cambiare le cose e invertire l'ordine costituito. Quel qualcuno era Lucifero.
Sappiamo tutti che fine abbia fatto.
Ecco, questo libro fornisce una diversa visione dei fatti, che vengono reinventati e reinterpretati. Non più un Angelo, divenuto oscuro, che egoisticamente ed immotivatamente si ribella a Dio, ma un Angelo che si fa delle domande, vede l'ingiustizia che aleggia anche su Eden, vuole riportare l'uguaglianza, vuole spodestare il dittatore. Un dittatore che agisce per mano di un esercito, i Cherubini, e che sopprime chiunque gli si opponga. Come qualsiasi dittatore del resto.
Per prendere in prestito le parole di Luca Carboni "un Dio cattivo e noioso / preso andando a dottrina / come un arbitro severo fischiava / tutti i perché". Lucifero insomma vuole rimediare a tutto questo.
Sappiamo che non ce la farà, ma il libro inventa delle situazioni, dei perché, mette in evidenza come in ogni congiura ci sia sempre la paura di essere smascherati sia da qualcuno di fiducia, sia da chi sta al potere, come il potere costituito sia solitamente forte, come le invidie e le gelosie possano essere motivo di riuscita o fallimento di tutte le azioni.
Se siete particolarmente religiosi, probabilmente una simile interpretazione potrà offendervi o infastidirvi.
Per me non è stato così. L'ho letto per quello che è: un romanzo.
Ho trovato il personaggio di Lucifero, come quello del Grande Padre, di Eva, di Michele, particolarmente riusciti.
La trama risulta intrigante, in un crescendo di avvenimenti.
E lo stile… strano: un pò antiquato, un pò no; strano nel senso di decisamente piacevole del termine.
Alla fine, ho pensato: "Povero Diavolo!".

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Racconti di viaggio
 
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    15 Ottobre, 2012
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Ricordi di viaggio e di vita

Un soggiorno in Cornovaglia dà lo spunto a Chiara Ruggiero per scrivere le sue “memorie di viaggio”.
L'impostazione del racconto, però, evade dallo schema riduttivo di un mero diario, per approdare ad un lavoro più completo, in grado di abbracciare riflessioni sulla vita, sulla voglia di conoscere il mondo, sul rapporto con gli altri e con se stessi.
Si parla di incontri con realtà sociali e ambientali diverse da quelle di casa nostra, di incontri con persone abituate ad altri ritmi di vita; insomma l'autrice ci rammenta il fascino immenso del viaggio e della conoscenza ,grazie a questo, di usi e consuetudini delle popolazioni locali.
Le potenzialità di scoperta ed arricchimento che ti regala “girare per il mondo”sono incomparabili ed i ricordi che ti lasciano queste esperienze si solidificano nella memoria, pronti ad essere visti e rivisti come una pellicola.
In queste pagine traspare tanta emozione e tanta soddisfazione per aver avuto il coraggio di scegliere di sperimentare un soggiorno-lavoro lontano da casa, abbandonandosi alle incognite che una tale esperienza avrebbe potuto avere.
Le descrizioni dei luoghi e dello scorrere dei giorni sono suggestive e capaci di trasmettere al lettore tutto lo stupore, la gioia, la curiosità di colei che scrive.

A prescindere dall'esperienza di viaggio, la componente autobiografica è forte nel corso dell'intero racconto; con molta compostezza l'autrice apre il suo cuore e la sua mente a chi la legge, rendendolo parte di tante sensazioni, sogni, paure,dubbi, scelte.
E' così che le memorie di viaggio si fondono con le riflessioni di una giovane donna; riflessioni e osservazioni acute e ponderate sugli obiettivi raggiunti e ancora da raggiungere, sul valore delle radici e degli affetti, sull'importanza del rapportarsi agli altri ed avere un confronto sereno e costruttivo.

Quella della Ruggiero è una penna fresca e giovane, ma occorre dire che, ad uno stile a tratti ancora acerbo, fa da contraltare un'ottima capacità di raccontare le emozioni e di coinvolgere il pubblico.
E' una lettura piacevole e delicata volta a qualunque fascia di età, in quanto ben si presta ai giovani poiché racconta di un modo di viaggiare ancora poco conosciuto in Italia, ma altrettanto si presta alla lettura di adulti che già abbiano avuto modo di confrontarsi con altre culture in Europa e nel mondo.

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Racconti
 
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Nadiezda Opinione inserita da Nadiezda    15 Ottobre, 2012
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Non rammentare ti prego!

Vi giuro che non so come far partire questa recensione.
Vi chiederete, ma ti è piaciuto questo libro?
Non so come rispondervi, forse la risposta più corretta è NI.
Questo testo non è né brutto né bello.
Diciamo che i racconti che contiene non hanno suscitato nulla in me, non mi sono rimasti impressi, l’unica cosa che speravo di fare nel più breve tempo era: terminare di leggerlo!

L’autore attraverso questo scritto vuole ironizzare sulla società, ma secondo me non c’è riuscito del tutto.
Lui non porta a termine le sue storie, molto spesso ho notato che proprio nel momento in cui il racconto prende un po’ di carattere lui lo stronca e lascia il lettore a bocca asciutta.

Gallon, l’autore ha deciso di scrivere questa breve antologia composta da quattordici racconti tutti più o meno corti e tutti scritti con semplicità.
Un ulteriore cosa che non ho gradito è stato l’utilizzo di parole volgari, insomma già il libro non è eccezionale in più inserisci volgarità.

Che altro posso dire?
Magari sono io che non sono riuscita a cogliere il vero significato di questo testo, ma di sicuro non mi sento di consigliarvelo!

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Scienze umane
 
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peucezia Opinione inserita da peucezia    13 Ottobre, 2012
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Alle origini della didattica moderna

Comenius chi era costui? direbbe il novello don Abbondio al sentir pronunciare il suo nome. Eppure quest'uomo quasi sconosciuto ai più è stato un grande filosofo ma soprattutto un esimio pedagogo che ha gettato le basi alla didattica moderna. Leggendo il suo tomo, con una dotta prefazione da parte del padre della moderna pedagogia italiana, Giuseppe Lombardo Radice, si scopre che Giovanni Amos Comenius, nome latinizzato del teologo e filosofo boemo di fede protestante Jan Amos Comensky è stato un percursore, quasi un profeta della moderna pedagogia preconizzando una differenziazione in cicli scolastici, un numero di ore preciso per le lezioni, un programma e un apprendimento che ancora oggi è utilizzato nelle scuole di tutto il mondo sia pure con alcune variazioni sul tema.
Forse un po' troppo ripiegato sull'ideale teologico ( troppe le citazioni bibliche nel corso del suo manuale) e non molto aperto all'apprendimento precoce di una seconda lingua ( né tantomeno del latino che deve apprendersi quando lo studente è già ben formato nella lingua madre), Comenius ha tuttavia uno stile scorrevole che fa leggere agevolmente le trecento e passa pagine della sua opera.
Consigliato ad addetti ai lavori ma non risulterebbe indigesto a chi vuol farsi una cultura sull'argomento.

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trattati di didattica e pedagogia
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Romanzi
 
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Solaria 51 Opinione inserita da Solaria 51    13 Ottobre, 2012
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La prostituzione intellettuale si trasforma in ani

Delusa dal paradiso di Sara Notaristefano

Ruth, una donna bellissima che ha raggiunto la notorietà, decide di raccontare la sua storia avvalendosi di un giornalista. È la biografia di una persona spietata, che utilizza il suo fascino nonché il suo corpo per sedurre uomini facoltosi con un solo scopo: dare la scalata al successo. Consapevole delle armi che la natura le ha donato e volendosi ribellare al mondo maschilista, di cui si sente circondata, decide di abbandonare la famiglia e gli studi universitari per iniziare l’ascesa nella società che conta, quella che detiene il potere, la ricchezza e la fama. Le strade del successo però, possono essere lastricate di ghiaccio, e l’incontro con Jake, cantante di un gruppo rock al vertice del successo, metterà in crisi il suo temperamento, che porterà a sviluppi imprevedibili. Avere o essere sono due filosofie di pensiero che scaturiscono nel romanzo; in un rapporto umano possono mantenere la loro autonomia ma, se subentra l’amore, salta l’equilibrio del rapporto che rischia di naufragare. Tutto questo viene esposto dall’ autrice con una scrittura asciutta e densa di dialoghi in cui le parole non lasciano equivoci: danno il carattere di chi le pronuncia e quell’avere o essere a cui si sentono di appartenere. Un romanzo originale nella sua stesura in quanto, la storia viene concepita all’interno di una biografia. Sono rimasto scosso dal crudele cinismo che viene rappresentato in questo romanzo; sale una rabbia repressa di volere e non potere partecipare ai dialoghi e alle schermaglie tra i personaggi, si rimane sconcertati e disarmati. Ci sono persone disposte a camminare sul cadavere della propria madre pur di raggiungere il loro scopo. Ruth, la protagonista del romanzo, riesce a rendersi odiosa sin dalle prime pagine, la sua cattiveria trascende ogni etica morale, mette in gioco la sua intelligenza diabolica e la sua bellezza fisica con una naturalezza disarmante; come un ragno, tesse la tela per intrappolare le facoltose vittime di turno. Ma, quasi sempre,la prostituzione intellettuale si trasforma in anima persa.

Questo romanzo è uno dei tre libri scelti, di quelli proposti dalla redazione QLibri, e devo dire che è stata una buona scelta.


Siracusa 13-10-2012

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Salute e Benessere
 
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Nadiezda Opinione inserita da Nadiezda    12 Ottobre, 2012
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Amati e verrai amata

Ho scoperto l’esistenza di questo libro attraverso la Redazione di Qlibri e devo dire che sono molto contenta di averlo letto ed ora di poterlo recensire.

Innanzitutto come avrete già capito questo è un saggio rivolto al pubblico femminile ed inoltre come cita la copertina viene ritenuta una “Guida al successo per le donne”.
L’autrice ha deciso di dividere la sua guida in capitoli, per la precisione sono undici ed in più ha inserito un’introduzione ed una conclusione.
Arrivate a questo punto vi chiederete di cosa parla di preciso, eccovi accontentate.

Attraverso questo saggio l’autrice ha il desiderio di far aumentare nelle donne il livello di autostima.
Molto spesso la donna viene “usata” nelle pubblicità come figura che deve dimagrire e che senza il trucco non può uscire di casa, ma non sono quei due o tre chili in più oppure l’ultimo mascara lanciato sul mercato a migliorare o cambiare la nostra vita.
Noi stesse ogni giorno possiamo migliorarci e possiamo migliorare la nostra vita attraverso l’amore, l’amore per noi stesse.
Louise, la scrittrice, spiega al mondo femminile come comportarsi in vari campi: relazioni, figli, salute, sessualità, molestie sessuali, invecchiamento ed un futuro economico sicuro.

Ho trovato molto utile questo saggio perché ci spiega come valorizzarci e come comportarci in alcune situazioni. Sia chiaro non ho preso per oro tutto quello che ha scritto però nel complesso lo trovo un buon saggio utile per “cambiare” in meglio la propria vita.

Buona lettura ragazze!

“Dentro di te c’è una donna intelligente, potente, dinamica, capace, sicura di sé, vitale, sveglia, meravigliosa. Falla uscire allo scoperto e lasciala giocare. Il mondo ti aspetta”

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Politica e attualità
 
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Sordelli Opinione inserita da Sordelli    10 Ottobre, 2012
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Oltre le apparenze

La copertina cita "Una finestra su Milano fra XX e XXI secolo"....e questo libro è davvero una finestra su quella Milano ai più sconosciuta; o forse ben conosciuta ma mai presa seriamente in considerazione dai quotidiani. Mi verrebbe da dire, vagabondando con la mia mente, che questo libro raccoglie fatti di ordinaria quotidianità e proprio per questo a modo loro speciali, unici e di grande rilevanza...almeno per noi "comuni mortali".

Giorgio Guaiti, giornalista per "Il giorno", scrive con pungente ironia di tanti temi, ognuno dei quali risulta essere parte di uno spaccato di vita; il risultato di questa (se così vogliamo chiamarla) raccolta di articoli, è un'acuta e sarcastica osservazione della società milanese e, più genericamente, della società tutta.
Se mi è piaciuto? Diamine, sì! Ho trovato questo libro assolutamente realistico (ed è quello che è, infatti) e molti articoli mi hanno fatta riflettere; spesso mi hanno fatta sorridere amaramente, facendomi pensare che dietro all'ironia di quelle parole così accuratamente scelte, spesso si cela un mondo che non è così distante da noi, dai nostri ritmi frenetici e dalla nostra società moderna......moderna di nome, anche se non sono così sicura lo sia anche di fatto.

Gli articoli sono suddivisi in capitoli, ognuno dei quali si occupa di un certo tema:
- In casa
- In strada
- Al lavoro
- A scuola
- Al bar (e dintorni)
- Per sport
- In ferie
- Il progresso tecnologico
- A parole
- La città

La lettura non risulta mai noiosa e questo penso sia dovuto proprio alla sottile ironia presente in ogni articolo, nonchè alla "vicinanza" dei temi trattati: per intenderci, nonostante l'ironia, non avrebbe avuto lo stesso effetto se gli articoli avessere parlato di fisica quantistica! Ognuno di noi può sentirsi chiamato in causa in ognuno degli articoli. Leggere questo libro è stato anche meglio che leggere un romanzo: nonostante il filo logico fosse solo legato ai temi dei vari capitoli, la lettura mi ha appassionata, lo stile di Guaiti mi ha rapita, i temi trattati hanno lasciato un bellissimo ricordo nel mio cuore nonché un grande spunto per parecchie riflessioni.

Lettura vivamente consigliata!

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