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Latinoamericana
 
Latinoamericana 2022-02-28 06:06:06 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    28 Febbraio, 2022
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Le basi della nascita di un mito

"Il personaggio che ha scritto questi appunti è morto quando è tornato a posare i piedi sulla terra d’Argentina, e colui che li riordina e li ripulisce, io, non sono più io; per lo meno, non si tratta dello stesso io interiore. Quel vagare senza meta per la nostra “Maiuscola America” mi ha cambiato più di quanto credessi." Non più lo studente Ernesto Guevara de la Serna di sette mesi prima, rampollo di una famiglia borghese nell'Argentina peronista degli anni Cinquanta, annoiato dal suo ambiente, indietro con gli esami, in cerca di qualcosa in cui credere; non ancora il "Che", emblema della rivoluzione giovanile nel mondo, guerrigliero con il sogno di riscattare le popolazioni dell'America Latina da povertà, sfruttamento e sopraffazione. Non più ragazzo, non ancora uomo, in preda ad un vero e proprio tumulto interiore che costituirà le fondamenta della nascita di un mito, Ernesto cerca di mettere ordine nell'estemporaneo diario di bordo compilato durante sua avventura on the road, nell'intento di dare al suo scritto una parvenza letteraria ma, forse soprattutto, per cercare di capire da dove nascono e a cosa lo porteranno le emozioni, le conoscenze, i pensieri, i sogni scaturiti durante il viaggio. Ne nasce una piacevole lettura condita di umorismo e avventura, dallo stuzzicante incedere a metà tra burla e serietà, non certo brillante dal punto di vista dello stile, ma capace di appassionare il lettore con sprazzi di profonda riflessione in cui si può percepire chiaramente la nascita e il consolidamento di quella che sarà poi la sua viscerale ragione di vita. Le tracce del cammino che il ragazzo sceglierà di seguire si possono chiaramente evincere dal ritratto del Sudamerica tracciato dalla sua penna, una vera e propria analisi politica, economica, sociale dei paesi visitati, con il focus puntato sulle pesanti condizioni di lavoro, sugli scarsi mezzi di sostentamento, sulle difficoltà di avere accesso alle cure mediche, all'istruzione, ad un qualsiasi tipo di servizio. "Lì, in quegli ultimi istanti per gente il cui orizzonte più lontano è sempre stato arrivare a domani, è dove si coglie la profonda tragedia che condensa la vita del proletariato di tutto il mondo; c’è in quegli occhi moribondi una sommessa richiesta di perdono e anche, molte volte, una disperata richiesta di consolazione che si perde nel vuoto, come presto si perderà il corpo nell’immensità del mistero che ci circonda. Fino a quando continuerà questo ordine delle cose basato su un’assurda suddivisione in caste, è qualcosa cui non sta a me rispondere, però è ora che i governanti dedichino meno tempo alla propaganda delle qualità del loro regime e più denaro, moltissimo denaro in più, per la realizzazione di opere di utilità sociale." È il dicembre del 1951 quando Guevara parte da Cordoba insieme al fidato amico Alberto Granado, biochimico, a bordo di una scalcinata motocicletta battezzata con l'ambizioso appellativo di "Poderosa II", con pochi viveri e ancor più scarsi mezzi economici, con un itinerario approssimativo, senza un reale obiettivo se non quello di vedere, conoscere, imparare, in una parola: crescere. Alla ricerca di nuovi e non ben definiti orizzonti, i due si lasciano alle spalle famiglia, affetti, amori e ogni genere di comodità, andando incontro alla fame, al freddo, alle prese con le rocambolesche bizze del loro arrugginito mezzo di trasporto che, ovviamente, non reggerà per tutto il viaggio costringendoli a proseguire con mezzi di fortuna. Rovinose cadute, notti passate all'addiaccio, giorni di fame assoluta, si alternano a luculliani pranzi, cene, grandi bevute scroccati un po' grazie alla compassione generata dalla loro condizione di bravi ragazzi ritrovatisi in difficoltà, un po' con il subdolo "numero dell'anniversario", un sistema elaborato e messo in pratica dai due guasconi per estorcere cibo e alcool agli ingenui malcapitati. Tra alti e bassi, il viaggio prosegue attraverso le bellezze architettoniche e naturalistiche dell'affascinante America Latina, ora in  case di dottori che ospitano i due in qualità di colleghi, ora in misere capanne di povera gente capace di dividere il poco di cui dispone, viaggiando con confortevoli traghetti e improbabili zattere, con pullman arruginiti e camion sovraccarichi, conoscendo gente di ogni risma, affrontando ogni genere di difficoltà, alternando rabbia e allegria, lacrime e risate, salute e malattia. Tra i vari momenti del viaggio, uno dei più emblematici è senza dubbio la festa di compleanno di Ernesto nel sanatorio di San Pablo, in Perù, dove i nostri avventurieri hanno dedicato parte del loro tempo nella cura dei lebbrosi, durante la quale il futuro Che fa capolino negli occhi lucidi e nella voce rotta dall'emozione del giovane Ernesto che si lascia andare ad un sentito ringraziamento che culmina in un augurio che sa già di vocazione: "Bene, è d’obbligo per me ringraziare con qualcosa di più che un gesto convenzionale, per il brindisi offertomi dal dottor Bresciani. Nelle precarie condizioni in cui viaggiamo, come risorsa per manifestare affetto ci resta soltanto la parola, ed è impiegando la parola che voglio esprimere il mio ringraziamento, quello del mio compagno di viaggio, a tutto il personale della colonia che, quasi senza conoscerci, ci ha dato questa magnifica dimostrazione di affetto che per noi significa la gioia di festeggiare il mio compleanno, come se fosse l’intima festa di qualcuno di voi. Ma c’è di più; entro pochi giorni lasceremo il territorio peruviano e per questo le mie parole prendono il valore secondario di un commiato, nel quale metto tutto il mio impegno nell'esprimere il nostro riconoscimento all’intero popolo di questo paese, che ininterrottamente ci ha colmato di attenzioni, fin dalla nostra entrata attraverso Tacna. Voglio sottolineare qualcosa ancora, un poco al margine del tema di questo brindisi: nonostante l’esiguo spessore delle nostre personalità ci impedisca di essere i portavoce di tale causa, crediamo, e dopo questo viaggio più fermamente di prima, che la divisione dell’America in nazionalità incerte e illusorie sia completamente fittizia. Costituiamo una sola razza meticcia che dal Messico fino allo stretto di Magellano presenta notevoli similitudini etniche. Per questo, cercando di spogliarmi da qualsiasi vacuo provincialismo, brindo al Perù e all’America Unita”.

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L'ho letto anni fa su segnalazione di un mio studente. L'ho trovato interessante. Comprendo, Enrico, la tua valutazione sullo stile, non trattandosi propriamente di uno scrittore.
Ciao Emilio. Se hai apprezzato il libro ti consiglio il film di Walter Salles, "I diari della motocicletta", uno dei rarissimi casi in cui la versione cinematografica riesce a rendere qualcosa in più rispetto a quella letteraria. Forse, nel caso in questione, ciò avviene proprio perché l'autore non è un vero e proprio scrittore, ma un ragazzo alle prese con un terremoto interiore dal quale sta per nascere un'icona senza tempo.
Grazie del suggerimento, Enrico.
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