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FANGO E NEBBIA
Follow the money era l’imperativo che guidava le indagini di qualche famoso magistrato diversi anni fa e Osborne pare averne colto il suggerimento, poiché costruisce una storia che si snoda attorno al gruzzolo di una vincita. L'assunto è che il denaro faccia girare non solo l’economia, criminosa e non, ma il mondo intero: muove le genti, governa il caos, ne assoggetta il moto entropico ad un ordine circolare e fa sì che alla fine il cerchio si chiuda. Sempre.
Protagonista del romanzo è Robert Grieve, un giovane professore inglese, gradevole e intelligente, ma non altrettanto ribelle e stravagante da emergere sulla moltitudine o deviarne dall'ordinario percorso.
Conduce un’esistenza placida, rintanato nella campagna del Sussex, dove al verde brillante delle colline si contrappone la nebbia grigia e sottile che scolorisce le esistenze e ne protegge il letargo. Anche coloro che attorniano Robert: i genitori, la fidanzata, sono spettri sbiaditi che stanno sullo sfondo e si confondono con esso senza mai avanzare al centro della scena.
Ad un certo punto però, Robert si stacca dallo sfondo e arriva in Cambogia.
Nessun sussulto di vita, solo una breve vacanza, rassicura i genitori. Ma i giorni passano, Robert ozia, traccheggia, finché una vincita inaspettata al casinò decide per lui. Di restare. La vacanza si prolunga senza prospettive di sorta: è il momento del hic et nunc e Robert ne gode appieno. Fino a quando, ancora una volta, gli eventi prendono il sopravvento e decidono al posto suo.
Derubato dal bottino, Robert riparte da zero: cambia nome, si inventa un lavoro, trova una fidanzata. Insomma, si costruisce una nuova esistenza, precaria, alla giornata, e diviene uno dei tanti barang che popolano la Cambogia.
Sono gli spiriti reietti della società occidentale, vite che scorrono ad intermittenza in un continuo perdersi e ritrovarsi, come lucciole che lampeggiano nell'oscurità prima di finirne inghiottite.
Robert sopravvive a tutto questo in modo quasi passivo e inconsapevole. Senza zavorra, si muove tra le paludi melmose con spirito leggero e passo lieve, percorre in equilibrio la linea di confine di una terra franca che sputa fuori chi vuole entrare e risucchia dentro chi vuole uscire.
Uno scenario feroce, dei personaggi inquietanti che la mano di Osborne tratteggia non a penna, bensì a matita: opacizza le figure, sfuma i contorni, smorza i drammi.
Infine, vi getta un abbondante scroscio di pioggia che lava via fango e nebbia.
Quel che resta, è un romanzo di sfavillante bellezza.