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tempo di viaggiare
Il vecchio siede a terra, davanti a sé espone la mercanzia in vendita. Un limone, uno soltanto – sarà succoso oppure no, è di un giallo così intenso che io lo comprerei a distanza di miglia, a distanza di decenni-.
Nella piazza del pane sono in fila donne velate, la cesta coperta e una pagnotta appoggiata sul telo. La espongono agli avventori, come fosse un pezzo di quel loro corpo ben celato. La sollevano delicate tra le mani, ne tastano la morbidezza, la lanciano e io ne sento il profumo – a distanza di miglia, a distanza di decenni-.
Il sole è alto ma dalla stanza al secondo piano affiora solo l’oscurità. Dietro una grata il bell’ovale di una ragazza col capo scoperto, blatera una litania incomprensibile e dolce, come se gli tenesse la testa accoccolata fra le mani – sarà pazza o forse no, sento i polpastrelli sul cuoio capelluto a distanza di miglia, a distanza di decenni-.
Il mendicante cieco raccoglie la moneta e la mastica a lungo, poi è saliva e metallo, non ha valore e non importa. Dispensa buoni sortilegi, circondato da un’aura di santità egli aleggia verso lo zenit dei sensi – ti darei due monete e pagherei il piccolo prezzo della tua benedizione con gli occhi chiusi come te, a distanza di miglia, a distanza di decenni-.
Case, povere o semplici, dimore che si susseguono senza finestre sull’esterno, un invito ad accogliere e permettere ai curiosi di spiare in quei focolai domestici di vite distanti, di vite diverse – trova un angolo anche per me, che questo si chiama viaggiare e io mi sveglierò di nuovo viaggiando a distanza di miglia, a distanza di decenni-.
Correva l’anno 1954 quando Elias Canetti si recò a Marrakech per un viaggio di piacere, questo volumetto racchiude le sue impressioni e le sue esperienze tra le mura e le genti della città marocchina. Prosa scorrevole, elegante e piacevolmente descrittiva con sensibilità e umanità l’autore profila il racconto arricchendolo di emozioni. Tra gioie, stupore, pene e disappunto l’ampiezza del campo oculare di Canetti è vastissima. Non tanto perché copra orizzonti infiniti, ma perché sa cogliere i dettagli più insignificanti che si fanno portavoce di uno scenario tanto verace quanto suggestivo.
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Bello!
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