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In Cambogia, un secolo fa
Nato in Francia nel 1850, ufficiale di marina, Louis Marie Julien Viaud noto come Pierre Loti viaggio' molto e dai suoi spostamenti nacquero altrettanti scritti. L'aneddoto che richiama il libro qui descritto ci riporta ad una giornata di ragazzo, quando nel suo rifugio resto' ammaliato, sfogliando una rivista, dalle immagini dei templi cambogiani.
Un fremito, un presagio, un desiderio, chissa'.
Trentacinque anni dopo, nel 1901, in occasione di una spedizione nei mari di Cina, Pierre sfrutto' la lunga sosta della corazzata a Saigon per avventurarsi finalmente nel Siam, presso le magnifiche rovine di Angkor Wat allora protettorato francese.
Strutturato come diario, la sensazione di frazionamento che spesso caratterizza il genere e' assente a favore del flusso continuo in monologo, riflessione, racconto di un itinerario che si focalizza piu' sui luoghi che non sul mezzo per raggiungerli. Non ci si sofferma tanto sull'avventura dell'uomo nella foresta - materia di certo puntigliosa vista la carenza di mezzi di trasporto e le febbri malariche poco compatibili con le difese immunitarie europee - quanto su una appassionata e dettagliata descrizione degli spazi e dei suoi abitanti .
Cio' che spicca incantevole in questo viaggio avvenuto piu' di un secolo fa e' certamente un'assenza. L'assenza del turismo di massa.
Eccoci allora , scortati da un interprete e una guida , galleggiare inebetiti a bordo di una canoa di legno sulle acque del Mekong e a seguire, con un carretto trainato da bufali, giungere a Siem Reap e alle maestose torri di pietra grigia che svettano nel folto della foresta.
Ode al silenzio, allo stupore, alla contemplazione, alla solitudine, alla cantilena dei bonzi, al mormorio degli animali della giungla colossale, al fruscio di ali di piccoli insetti, al ticchettio delle gocce di rugiada e dell'umidita' che impregnano le vesti piu' della pioggia.
Felci, humus e radici rivendicano il territorio, nelle orme di una civilta' millenaria ormai estinta la natura abbraccia rovine in un rigoglioso e impenetrabile intricarsi di verde, di linfa, di vita. L'uomo e' decisamente un intruso, questa e' la sensazione prevalente e preziosa che ci trasmette il volumetto.
Bella la penna e ottima la traduzione, una chicca breve ed intensa, uno dei pochi mezzi che ci restano per rivivere un sito nella sua completezza : Angkor Wat nel mistero, nella pace, nel rispetto dei suoi luoghi magici. Buona lettura, ma soprattutto buon viaggio.
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Siti, esatto. La grande bellezza di questo libretto sta proprio nella consapevolezza di Loti di essere un ospite.
Da giorni mi chiedevo dove avessi scovato questo autore, pensavo fosse nominato nel libro della David Neel invece e' Terzani ! Ora ricordo. Anche io mi ero fatta una lista e purtroppo tanti libri da lui citati o non sono tradotti o sono introvabili. Che bello mi ha tolto un sassolino nella scarpa.
:-)
mi colpisce positivamente il punteggio altissimo allo stile; molto spesso i diari peccato sul fronte della penna o del costrutto in sè
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Commento interessante. Bella segnalazione.