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Il viaggio
Ormai lo sanno anche i sassi che ogni scrittore, come ogni artista in genere, insieme alla sua creatura, vanno affrontati criticamente tenendo presente il tempo e lo spazio, quindi l'ambiente che ne hanno consentito la genesi e il divenire.
Ma gli stessi sassi non immaginano neanche lontanamente che esista anche un ambiente esterno alla creatura: la fruizione della stessa. Un preciso momento, quindi un tempo e uno spazio, da parte del lettore, in cui l'opera viene scoperta e metabolizzata.
E visto che si tratta di terra, quindi anche di sassi, il trovarmi tra le mani, scelto tra centinaia di titoli, "In Patagonia" di Bruce Chatwin, vederlo, guardarlo, e poi decidere di leggerlo non è stata un'azione legata al caso ma l'espressione della voglia di cercare un percorso, una meta e di trovare sicuramente un qualcosa di grande, luminoso e solitario lontano da questa Italia e da tutte la nefandezze dei suoi territori fisici e mentali che in questo momento storico rappresenta.
E ben venga allora, com'è scritto nella quarta di copertina: il libro-simbolo di tutti i viaggi, per bere queste parole scritte sulla carta e inebriarsi di cielo, terra, vento e polvere, fiumi, laghi, praterie, deserti e ghiacci che sorgono e sprofondano nel mare, in orizzonti freddi e salati che non ci appartengono, fuori da queste stanze latine soffocanti e lontani da questo oggi così viscido, umido e buio.
E' il viaggio perchè è la vita, come dovrebbe essere per ognuno di noi, distante anni luce dalle bieche concezioni turistiche.
E' la scoperta di questo " estremo sud" del continente americano rispetto al "grande nord" di tanta letteraria memoria. Una scoperta fatta a piedi o con mezzi di fortuna, di luoghi e di uomini che ci sono stati da sempre e villaggi e cittadine sorte dal nulla e colonizzatori che in nome di un dio o di un re hanno distrutto, massacrato e riedificato ma che qualche volta, come si dice secondo uno schema politically correct, sono stati "martirizzati" dai cosidetti "selvaggi" del luogo.
Questo viaggio, iniziato nel 1974, ha visto in quel lembo di terra la fine di Allende con il golpe di Pinochet in Cile e ha vissuto, prima della sua pubblicazione, l'avvento al potere di Videla in Argentina. Due dittature: due violenze insorte su una terra che non è stata mai per gli uomini un paradiso terrestre e che ha subito e cercato gli ismi politico-filosofici del vecchio continente in una realtà abitata da indios, peones, gauchos, allevatori, latifondisti, imprenditori, esuli e clandestini. Una realtà frastagliata come la sua parte terminale: la Terra del Fuoco.
E mentre leggi, guardando come dall'alto questa terra sconfinata, chiudendo gli occhi un attimo, non puoi fare a meno di sentire il rumore dei motori degli aerei e persare che il grande mare che la circonda come un abbraccio, ha stretto al suo petto tanti, troppi Desaparecidos.
Qualcosa che non può esere dimenticato, come questo viaggio.
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