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La rivincita del libro Kamikaze
Chi non ricorda Tom Hanks nei panni di un tenero e determinato Viktor Navorski che a causa di questioni burocratiche rimane bloccato per più mesi nell’aeroporto di New York, adattandosi a vivere in un luogo-non-luogo? Il film era The Terminal, l’anno il 2004 ed è indubbio che, ad una prima occhiata, “Una settimana all’aeroporto” ci riporti con la mente proprio a quel successo cinematografico.
Niente di più sbagliato. Il diario-documento di Alain de Botton è tutt’altro che la trasposizione di un’avventura del tutto insperata e casuale.
Nel 2009, l’azienda gestore di uno degli scali aeroportuali più trafficati di Londra commissiona allo scrittore l’importante compito di trasferirsi per una settimana in uno dei terminal e di trascrivere, in maniera autentica e dettagliata, le sue impressioni. Alain, al contrario del povero Viktor, viene fatto soggiornare in un lussuoso hotel interno al terminal, gli viene assegnata una scrivania “aperta al pubblico” con la chiara dicitura di “scrittore aeroportuale” e viene dotato di ogni genere di pass che gli consente di curiosare negli angoli più remoti del suo nuovo mondo.
Ne viene fuori un’analisi acuta, affascinante e spesso irriverente di quello che sembra essere il limbo delle moderne società, spazio di mezzo che rispecchia in miniatura la realtà ma che è anche in grado di attuare una sospensione del tempo, rendendo possibile all’individuo la momentanea spinta verso il cambiamento.
È incredibile l’insieme di riflessioni che de Botton riesce a tirare fuori, e quasi tutte documentate da magnifiche foto a colori : dall’uomo ritardatario che sfoga al check in la sua rabbia, e dunque urla la sua innata natura ottimistica negli eventi e di fiducia nel prossimo che non hanno tuttavia impedito che perdesse l’aereo; all’esame attento del perché in una società come la nostra, che tanto si vanta di aver abbattuto le classi, esistono ancora le sale d’attesa per la prima classe nella quali persone dotate di talento, abilità e spirito di sacrificio non hanno comunque possibilità di accesso; alle decine di storie che denotano lo spirito di aspettativa o di rinuncia dei passeggeri che partono o arrivano, e dei dipendenti che hanno fatto dell’aeroporto la loro casa o che sperano in un futuro lavorativo diverso perché la natura umana non sempre predilige la dilatazione temporale di un luogo dove in fondo il tempo è relativo.
Un saggio dinamico, breve ma intenso, dallo stile eccellente e dai contenuti formidabili; da leggere sicuramente e specie poco prima di affrontare una visita all’aeroporto, qualunque ne sia la motivazione.
Io intanto mi sono ripresa dalla mia carrellata di libri kamikaze esplosi nel nulla: Alain de Botton e la sua Settimana all’aeroporto saranno anche semi-sconosciuti ma sono rispettivamente un magnifico scrittore ed un’ottima ed intrigante opera.
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Cub, uscita uscita, mo leggo una cosa che tu hai tanto apprezzato ;)))...
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