Dettagli Recensione
Interessante ma...
L'autore stesso su questo racconto ci scrive: "La sua maniera di raccontare può sembrare strana alla sensibilità di un occidentale. Questo perché dimentichiamo troppo spesso che il nostro senso del dramma trae origine da una tradizione orale: la recita dal vivo di un bardo davanti a un pubblico che doveva essere spesso irrequieto o impaziente, o se no assonnato dopo un pasto abbondante. Le nostre storie più antiche, l'Iliade, Beowulf, la Chanson de Roland, erano destinate al canto di aedi che avevano come funzione principale e come primo obbligo il divertimento"
Ed è probabilmente questa l'origine delle mie perplessità su questo racconto che risulterà carente dal "lato emotivo".
Ibn Fadlan era uno scrittore e il suo unico scopo non era il divertimento. Come non era il glorificare qualche protettore in ascolto o l'esaltare i miti della società in cui viveva. Era un ambasciatore con il compito di scrivere la propria relazione riguardo al viaggio, quindi anche il tono che prende la scrittura è quella di un ambasciatore, è fiscale e molte volte ritiene utile saltare punti che magari ai fini narrativi sarebbero stati interessanti.
Una cosa che possiamo notare è il molteplice uso dell'espressione: "Ho visto con i miei occhi".
Probabilmente usata per sottolineare la veracità di ciò che scrive.
Ma d'altronde questo non è un romanzo, assolutamente, potrebbe essere paragonato più a un "diario di bordo". In cui il musulmano scrive di ogni sua esperienza durante il viaggio.
Se vuoi approfondire le tue conoscenze sugli usi e i costumi dei "vichinghi", le loro abitudini, la loro mentalità questo è un buon libro per te. Se invece cerchi l'emozione e la descrizione suggestiva del romanzo tolkeniano, assolutamente no.