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Il filo conduttore tra passato, presente e futuro
È mediante una penna erudita, chiara, fluente e precisa che ha inizio il viaggio di pellegrinaggio che si dipana sulle vie dei monasteri benedettini sino alla ricerca delle radici di quell’Europa, i cui confini, e le cui ragioni, oggi sono sempre più complessi e difficili da difendere a causa di un’ondata di estremismi costantemente più radicati e chiusi che ne millantano l’implosione. Ma come si è potuto dimenticare quel messaggio di ascolto e accoglienza, di cultura e istruzione, che era alla radice del pensiero San Benedetto? Perché è sempre più difficile ipotizzare una dimensione di collettività? Perché prevale l’individualismo? Perché l’uomo non riesce più ad accontentarsi di quel che ha risultando essere sempre alla perenne ricerca di quel qualcosa in più? Perché lo stesso messaggio clericale è percepito quale un qualcosa di dissonante, una controcorrente? Perché è così diffuso questo senso di malessere, malcontento e invidia che rende ciechi e confonde i pensieri? Perché è riuscito a diffondersi così rapidamente?
Tanti i quesiti che si sommano gli uni agli altri e che portano in pellegrinaggio per i monasteri benedettini sparsi in tutta Europa lo stesso triestino, tanti sono gli interrogativi che lo invitano a comprendere le ragioni per le quali lo spirito monacale è stato perso e che lo portano a chiedersi che cosa potrebbe essere fatto per ritrovarlo e custodirlo.
Da qui l’ultima riflessione su quel che saranno le sorti di questa unione politico-economico-sociale tanto faticosamente costruita e sempre più difficile da mantenere a fronte di forze che mirano alla sua distruzione. È abbracciando il pensiero benedettino focalizzato sulla solidarietà e sull’ascolto che Rumiz propone una possibile valvola di salvezza a questo cupo fato: aprirsi. È facendo leva sui principi di umanità, democrazia, rispetto, integrazione, aggregazione, lavoro, accoglienza, empatia e umanità che questa può salvarsi. Storicamente da sempre luogo di arrivo, essa può sopravvivere esclusivamente facendo perno sulla sua umanità ma soprattutto sulla sua unione. Perché soltanto con l’unione le voci dissonanti troveranno una loro fine, perché è soltanto con l’unione che potrà crescere. Non anche, anzi, chiudendosi, implodendo, escludendo, tornando a un nazionalismo che negli anni duemila, con la globalizzazione, il progresso, l’eguaglianza, la tecnologia, l’abbattimento delle frontiere geografiche e umane, è concetto tanto astratto quanto impensabile, inattuabile e paradossale.
Non è un testo semplice quello che ci propone Rumiz perché al suo interno molteplici sono le riflessioni che vi sono custodite. Tuttavia, è proprio questa sua complessità a spingere il lettore a proseguirne la lettura, a comprenderne le teorie e i pensieri, a riflettere. Perché dal percorso che viene intessuto il conoscitore è convocato a meditare sulla realtà che lo circonda, su quella che è la situazione macro-dimensionale dell’Europa (e non solo dell’Italia e delle sue già note problematiche come da tendenza diffusa), ma anche sulle proprie radici. Perché è soltanto conoscendo queste ultime che è possibile approcciarsi al presente e pensare al futuro in un’ottica propositiva all’innovazione e alla maturazione e non anche di ritorno al passato.
Un elaborato impegnativo, elegante, colto e che lascia il segno.
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