Dettagli Recensione
Una giovane Oriana
Il fatto che sia ormai piuttosto datato è solo l'ultimo inconveniente di un libro sul viaggio in giro per il pianeta di una giovane Oriana Fallaci e di un fotografo, inviati dal giornale per cui lavorano a documentare la condizione femminile a varie latitudini.
Se non si snocciolassero tante statistiche e numeri che ricordano il più noioso manuale di geografia la lettura sarebbe tutto sommato interessante, con alcune pagine ben riuscite: India, Cina e Giappone, per esempio, sono osservati da un punto di vista inedito, con ironia e onestà intellettuale.
Soprattutto nella parte finale la noia la fa però da padrona, e quando si chiude il cerchio parlando del “potere” delle donne occidentali – nella fattispecie newyorkesi – sempre più competitive e sole (“La donna americana è un uomo”), a fronte di uomini sempre più svantaggiati e frustrati, sorge inevitabile qualche perplessità.
Non si avverte, infatti, la stessa amarezza quando la scrittrice racconta di certe matriarche orientali, che degli uomini non sanno che farsene o quasi, né emergono preoccupazioni di alcun genere riguardo a un'isola dell'arcipelago hawaiano chiusa ai visitatori e impossibile da lasciare per quelli che ci vivono, pena il divieto di tornarci.
Quello, anzi, appare romanticamente un luogo “lontano dalle insidie della vita moderna” che “aveva tutta l'aria di essere l'isola più felice del mondo” (si scopre poi con delusione che anche lì la modernità ci ha messo il suo zampino, con donne che addirittura chiedono il parto indolore).
Sesso inutile, dunque, è anche quello delle cosiddette donne evolute, che perdono se stesse in nome di progresso ed emancipazione: “...ero tornata in ogni senso al medesimo punto da cui ero partita. E in quel girare avevo seguito la marcia delle donne intorno a una cupa, stupidissima infelicità”.
La Fallaci - mi sembra superfluo aggiungerlo - ha scritto di meglio.
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In attesa che si scopra che la persona è più importante del genere.