Dettagli Recensione
Top 100 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Vincere scis, Hannibal, victoria uti nescis.
Annibale, un viaggio – Paolo Rumiz, 2008
Vincere scis, Hannibal, victoria uti nescis.
(Sai vincere, Annibale, ma non sai sfruttare la vittoria)
Premessa.
Libro approcciato per questioni di “lavoro” cercando di appassionare i virgulti più o meno giovani alla Storia.
Approcciato quasi di malavoglia perché sia alle elementari che alle medie era per Scipione che il mio cuore batteva. Per i Romani in genere e per Scipione in particolare. Ricordo di aver saccheggiato la biblioteca del paesello sulle tracce del mio eroe e di aver scovato un tomo dal poetico titolo “Con le Legioni di Scipione”. Ci ho passato su l’estate della terza elementare, se non ricordo male, la bibliotecaria mi ha pure scritto perché lo restituissi dopo tre rinnovi (giusto per dimostrare che son sempre demente uguale, l’ho appena comprato su ebay, giusto per vedere se lo so ancora a memoria).
Comunque il mio amore per la civiltà Romana è continuato al liceo ed aumentato studiando il latino (allo scientifico), ho amato l’idea di civiltà dei Romani che passava attraverso strade, ponti e acquedotti, attraverso una meravigliosa lingua comune, attraverso la cittadinanza come privilegio, attraverso imperatori di Roma nati in Spagna e in Africa.
Traiano, Settimio Severo… fino all’ultimo grande fuoco di Giuliano.
(E poi ci ha pensato il cristianesimo a mandare tutto in vacca. Ma questa è un’altra storia).
Una civiltà pragmatica, ma che amava l’otium (il tempo libero utilmente impiegato) e detestava il negotium (il dovere che – appunto – negava l’otium).
Alle medie avevamo letto un libello – che ovviamente ho rimosso – su Annibale in Italia, ma adesso che gli ardori di son sopiti, ho pensato di riavvicinarmi al cartaginese e provare a conoscerlo un po’ meglio e non solo come l’avversario di Scipione.
Rumiz fa un gran lavoro, con il suo protagonista. Lo segue da Cartagine, alla Spagna, attraverso le Alpi, lungo la “mia” Val di Susa, sull’Appennino, Trebbia, Trasimeno, Canne, Capua… e poi via, Zama, Turchia…
Annibale si nasconde, ma si rivela sorprendentemente in una quantità spropositata di toponimi, ovunque sia passato, diversamente dall’Africano. Si palesa in un nugolo di personaggi che si sono dedicati a lui e alla sua parabola e che l’autore incontra per fare un pezzo di strada assieme. Si mostra in Livio e Polibio in brevi ritratti, aneddoti, guizzi.
Insomma, la storia la conosciamo tutti, ma letta così fa davvero palpitare e costringe ad inchinarsi all’ingegno del generale e anche alla grandezza di Roma.
Restano impresse la traversata delle Alpi, la Via Emilia e il pantano che era la Pianura Padana, la della carneficina di Canne ("Sessantamila morti fanno seicento cataste di cento corpi ciascuna. Il doppio di Austerlitz. Più dei caduti americani in anni di guerra in Vietnam. Canne è la più orrenda strage del mondo antico, l'epifania di una morte sconcia, deturpante.
Una morte "moderna"; la stessa che racconta Remarque a proposito della Grande guerra. A Canne si celebra l'epitaffio del duello omerico, quello che finisce con i corpi lavati e profumati da consegnare all'eternità. La battaglia di Cheronea fu un trauma per i Greci, ed ebbe quattromila caduti. Al confronto, Canne è l'inferno").
Così come restano le descrizioni dei popoli italici dell’appennino, di solito liquidati in poche righe, sui libri di storia.
Ed alla fine persino io mi sono affezionata a questo personaggio sfuggente ed alla fine sfuggito, ma sempre lì, pronto a saltar fuori nel nome di un passo di montagna, di una fonte, di un ponte.
O in città che portano il suo cognome (Barcellona, per dire. Ok, non è certo, ma importa?).
Suicida per la ruffianeria di uno sciocco, non fu più fortunato Scipione, morto in disgrazia e dimenticato.
Ataturk ha fatto costruire un monumento funebre per celebrare il cartaginese.
A Scipione non resta che essere strombazzato (e storpiato) allo stadio quando si suona il tremendo inno nazionale italico (pare che sia suo l’elmo di cui l’italia s’è cinta la testa).
Mi sa che alla fine, essere il mio eroe porta veramente male.
Indicazioni utili
Commenti
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |
Ordina
|
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |